L’ANCI, seppure in leggero ritardo, interviene sull’obbligo, in vigore dal 18 ottobre per tutte le stazioni appaltanti, di utilizzare mezzi di comunicazione elettronica nell’ambito delle procedure di gara e fornisce alcune indicazioni operative  con la nota interpretativa  in data 19 ottobre delle norme del Codice dei contratti pubblici  attuative dell’art. 22 della direttiva europea 2014/24/EU, secondo cui  “Gli Stati membri provvedono affinché tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni di cui alla presente direttiva, in particolare la trasmissione in via elettronica, siano eseguiti utilizzando mezzi di comunicazione elettronici (art. 22, co. 1)”.

L’ANCI, con  una lettura coordinata del quadro normativo di riferimento (artt. 40, comma 2, 44, 52, comma 3, e  58 del Codice dei contratti pubblici), costruisce un ragionamento logico – giuridico per aiutare i comuni ad uscire dall’impasse in cui si sono  venuti a trovare a far data dal 18 ottobre u.s.L’Associazione ritiene che, in un contesto normativo incerto, frammentario e non ancora completo mancando all’appello il decreto previsto dall’art. 44  sulle “modalità di digitalizzazione delle procedure”,  “gli obblighi di comunicazione informatica di cui all’articolo 40 comma 2 del Codice, possono dirsi adempiuti utilizzando le piattaforme elettroniche di negoziazione, che garantiscono il rispetto dell’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte nelle procedure di affidamento“. E consiglia alle piccole stazioni appaltanti, anche riunite in CUC, di  delegare la gara ad una Centrale di Committenza o altro soggetto aggregatore di riferimento, che abbia costituito la piattaforma e-procurement, o di convenzionarsi, con piattaforme e-procurement che offrono tale servizio sul mercato.

Non solo. L’ANCI distingue l’utilizzo di una piattaforma informatica di negoziazione, di cui all’art. 58, dall’obbligo di utilizzo di strumenti di comunicazione digitali di cui all’articolo 40, per concludere che dal 18 ottobre  è da ritenere che” ci sia unicamente la necessità per tutte le stazioni appaltanti di utilizzare idonei strumenti informatici per la trasmissione e ricezione della documentazione di gara, ma non vi sia alcun obbligo di ricorso alle procedure telematiche, di cui all’art. 58“.

Il ragionamento dell’Associazione – basato, fra l’altro,  sull’articolo 52 della direttiva Ue n. 24/2014, in base alla quale «il ricorso obbligatorio a mezzi di comunicazione elettronici ai sensi della presente direttiva non dovrebbe tuttavia obbligare le  amministrazioni aggiudicatrici a effettuare il trattamento elettronico delle offerte, né a procedere alla valutazione elettronica o al trattamento automatizzato» –  conclude  con la seguente tesi interpretativa:

“le stazioni appaltanti, senza ricorrere alla gestione integrale della gara su piattaforma informatica, possano utilizzare sistemi informatici specifici che si limitino alla ricezione e trasmissione della documentazione e informazioni di gara, incluse le domande di partecipazione e il DGUE, previsti dal Codice dei contratti e in conformità con quanto disposto dal CAD (es. enotification: pubblicazione elettronica dei bandi di gara; e-access: accesso elettronico ai documenti di gara; e-submission: presentazione elettronica delle offerte; e-Certis sistema informatico che consente di individuare i certificati e gli attestati più frequentemente richiesti nelle procedure d’appalto)”.

A parere dell’Associazione, poi, non essendo stato ancora adottato il DM previsto dall’art. 44 sulle “modalità di digitalizzazione delle procedure, resta  la possibilità «anche dopo il 18 ottobre, per la presentazione dell’offerta,  di ricorrere a modalità alternative a quelle elettroniche, purché siano le uniche in grado di assicurare l’integrità dei dati e la riservatezza delle offerte (tra queste, ad esempio, si ritiene annoverarsi anche la possibilità di presentare l’offerta in formato elettronico, su supporto informatico, all’interno della busta chiusa, sigillata e controfirmata)», con la sola accortezza di ricordarsi di motivare la deroga utilizzata nella relazione unica ex  art. 52, comma 3.

Come spesso accade, il Ministero e, di conseguenza, le stazioni appaltanti sono arrivati  impreparati all’appuntamento del 18 ottobre, nonostante la scadenza fosse indicata nel testo originario del comma 2 dell’art. 44  del Codice dei contratti pubblici del 2016. Questa esperienza conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che non serve tanto semplificare il Codice, operazione irta di rischi di ulteriori involontarie complicazioni, ma piuttosto mettere le stazioni appaltanti in condizioni di operare completando la normativa attuativa e fornendo i supporti necessari per adempiere alle novità senza dovere interrompere o rallentare, a causa di difficoltà interpretative e operative, l’espletamento delle procedure di appalto o concessione.

Il rilancio degli investimenti parte anche da questi semplici accorgimenti di “buona amministrazione”, senza oneri per la finanza pubblica se non quelli di una più efficace produttività dei soggetti chiamati a dare attuazione al Codice.


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