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I Protocolli di legalità superano solo in parte l’esame della CGEU3 min read

E’ compatibile con il diritto dell’UE una disposizione di diritto nazionale in forza della quale un’amministrazione aggiudicatrice possa prevedere che un candidato o un offerente sia escluso automaticamente da una procedura di gara relativa a un appalto pubblico per non aver depositato, unitamente alla sua offerta, un’accettazione scritta degli impegni e delle dichiarazioni contenuti in un protocollo di legalità, trattandosi di norma finalizzata a prevenire comportamenti collusivi.

Tuttavia, eccede quanto necessario al fine di salvaguardare il principio di concorrenza nell’ambito degli appalti pubblici ed è contraria al principio di proporzionalità l’esclusione automatica per la mancanza delle dichiarazioni secondo le quali il candidato o l’offerente non si trovi in situazioni di controllo o di collegamento con altri candidati o offerenti, non si sia accordato e non si accorderà con altri partecipanti alla gara e non subappalterà lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti alla medesima procedura.

Corte di giustizia europea, Sez. X,  sentenza 22 ottobre 2015, n. C-425/14 [1]Pres. D. Šváby.


A margine

La questione era stata rimessa al vaglio della CGUE dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sez. giurisdizionale, con ordinanza 12 settembre 2014, n. 534. Il CGA aveva ritenuto necessario che la Corte di giustizia verificasse la compatibilità dell’art. 1, comma 17, della legge n. 190 del 2012 [2] sulla facoltà di escludere dalle procedure di gara le imprese concorrenti che non abbiano accettato gli impegni contenuti nei protocolli di legalità, con l’art. 45 della direttiva europea 2004/18/CE che non contempla questa previsione espulsiva (leggi in questa Rivista “La legge anticorruzione all’esame del Consiglio di Giustizia UE [3]“).

La Corte di giustizia europea, con la sentenza che si annota,  ha ritenuto che la norma sia compatibile con il diritto dell’Ue, con alcune precisazioni. Per la Corte, infatti, si pone in contrasto con il principio di proporzionalità la possibilità dell’automaticità dell’esclusione in alcuni casi di mancanza di dichiarazione sulla situazioni di controllo o di collegamento con altri candidati o offerenti, mancato accordo e impegno a non accordarsi  con altri partecipanti alla gara e a non  subappaltare lavorazioni di alcun tipo ad altre imprese partecipanti,.

Le Stazioni appaltanti, che intendono avvalersi della facoltà concessa dall’art. 1, comma 17, della L. 190 del 2012 [2], dovranno in questi casi attivare il soccorso istruttorio lasciando al concorrente la possibilità di dimostrare il contrario. Da riscrivere, quindi, anche il punto dei bandi, avvisi e lettere d’invito in cui si prevede questa clausola d’esclusione.

E’ opportuno ricordare che il protocollo di legalità o patto d’integrità è un documento che la stazione appaltante può richiedere ai partecipanti alle gare e che permette un controllo reciproco e sanzioni in caso di elusione.  Contiene, quindi, un complesso di regole di comportamento per la prevenzione del fenomeno corruttivo volte a valorizzare comportamenti eticamente adeguati per tutti i concorrenti (Piano Nazionale Anticorruzione- PNA, all. 1.B [4]).

La base legislativa di ordine generale è nell’art. 11 della legge n. 241 del 1990 [5] (accordi sostitutivi o integrativi del provvedimento). Con l’accettazione dei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell’offerta, l’impresa acconsente a regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara,  a sanzioni di carattere patrimoniale in caso di violazione dei doveri, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, dell’estromissione dalla gara  (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Cons. St., 9 settembre 2011, n. 5066, da determinazione ANAC (allora Avcp) n. 4/2012).