IN POCHE PAROLE …
Il Consiglio di Stato ritorna sulla questione dei servizi legali chiarendo che anche Il contratto di affidamento del patrocinio in giudizio è un appalto pubblico. E ciò nonostante non sia richiesta, a tal fine, una procedura di gara. Dalla natura di appalto pubblico discendono l’assoggettamento al CIG e alla vigilanza dell’ANAC.
Nella pronuncia viene, altresì, escluso che la disciplina italiana contenuta nel codice dei contratti concretizzi un eccesso di regolamentazione rispetto alla normativa europea.
Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2025, n. 2776 – Pres. D. Sabatino, Est. M. Santini
Il caso
Il Consiglio Nazionale Forense ha impugnato, prima davanti al TAR Lazio e poi al Consiglio di Stato. la delibera di ANAC, a mezzo della quale per i servizi legali resi a pubbliche amministrazioni erano stati prescritti, in particolare, la comunicazione CIG e il versamento del contributo ANAC.
Il ricorrente ha sostenuto che i patrocini legali avrebbero natura di prestazione d’opera, estranei alla disciplina del codice dei contratti pubblici e come tali non soggetti alla comunicazione CIG, né alla vigilanza da parte di ANAC.
Il Consiglio Nazionale Forense ha, altresì:
- eccepito che ove gli obblighi di comunicazione CIG e di controllo di ANAC sui contratti di patrocinio legali siano fatti discendere dal codice dei contratti la normativa italiana sarebbe da qualificarsi eccesso di regolamentazione rispetto a quella delle direttive europee;
- sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme del codice per aver introdotto un livello di regolamentazione superiore a quello richiesto dalle direttive UE
Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello.
La sentenza
Nella pronuncia viene preliminarmente fatto luce su un equivoco semantico: i servizi di patrocinio legale sono correttamente qualificati contratti “esclusi” e non “estranei” al codice appalti, come erroneamente sostenuto dal ricorrente.
Il Consiglio di Stato osserva che una cosa è la procedura di scelta del contraente, altro è la natura del contratto stipulato per lo svolgimento di servizi legali.
Viene evidenziato che lo stesso art. 56 del decreto legislativo n. 36 del 2023 qualifica i “servizi legali” alla stregua di “appalti pubblici”, sebbene “esclusi” dagli obblighi di evidenza pubblica.
La sentenza ha, altresì, il pregio di sottolineare che la normativa comunitaria:
- non distingue tra singola difesa in giudizio e consulenza legale facendole rientrare nell’unica ampia categoria di appalto pubblico di servizi legali;
- supera la nozione civilistica italiana di contratto d’opera o contratto d’opera intellettuale, ricomprendendo queste figure negoziali nell’ampia categoria di appalto pubblico di servizi legali.
Dalla natura di appalto pubblico rivestita dai servizi di patrocinio legale discende l’obbligo di comunicazione CIG, strumentale al monitoraggio dei flussi finanziari cui è soggetta ogni tipo di transazione che effettua la PA.
La normativa, come evidenziato da ANAC, “si applica … in ogni caso in cui vengano erogate risorse pubbliche per l’esecuzione di contratti pubblici, a prescindere dallo svolgimento di una procedura di gara” .
Attraverso argomentazioni analoghe alle predette il Consiglio di Stato ha sostenuto la sottoposizione dei patrocini legali all’attività di controllo e vigilanza da parte di ANAC.
E ciò sia che si tratti di attività di difesa in giudizio occasionale, per la quale non è richiesta una procedura competitiva, sia che si tratti di servizi legali in forma complessa e periodica, per la quale l’art. 127 del codice richiede una gara semplificata o “a regime alleggerito”. In entrambi i casi, infatti, ricorre la figura di appalto pubblico e, quindi, il controllo di ANAC.
Il Consiglio di Stato, infine, esclude che la normativa nazionale abbia introdotto un livello di regolamentazione eccessivo rispetto alle direttive UE, in merito all’obbligo di comunicazione CIG e di sottoposizione al controllo di ANAC dei contratti di patrocinio legale.
La pronuncia sottolinea che la comunicazione CIG risponde a fondamentali esigenze di prevenzione da infiltrazione malavitose, nonché alla necessità di garantire il buon andamento della PA, in applicazione dell’art. 97 della Costituzione.
Tali valori costituzionalmente rilevanti sono da considerarsi necessari e prevalenti, secondo la pronuncia in commento, rispetto alla finalità di garantire la massima semplificazione a vantaggio di professionisti, i quali stipulano contratti con la pubblica amministrazione.
Quanto al contributo ANAC esso è collegato alla natura di appalto pubblico del servizio di patrocinio legale e alla sottoposizione di questo, per scelta del legislatore italiano, alla vigilanza di ANAC, non vietata, né in contrasto con la normativa europea perché introduce livelli maggiori di tutela della concorrenza.
Conclusioni
La sentenza in commento aggiunge un tassello utile a far luce sulla dibattuta questione dei servizi legali, già nella vigenza dei previgenti codici dei contratti pubblici.
Essa delinea i confini tra necessità di procedure competitive e altri adempimenti, quali comunicazione CIG e vigilanza di ANAC, legati alla natura di appalto pubblico, in cui rientrano i servizi di patrocinio legale
La pronuncia è, altresì, di interesse operativo perché, nel ricordare che ai contratti esclusi si applicano i principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del D.Lgs. n. 36/2023, quali il rispetto della concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, traccia le condizioni alle quali l’affidamento di servizi di patrocinio legale sono considerate coerenti con i suddetti principi.
Viene evidenziato, a tal fine, che i predetti principi sono da ritenersi soddisfatti quando le amministrazioni appaltanti interpellino i professionisti perché questi manifestino la propria disponibilità, istituiscano elenchi da cui attingere i legali da incaricare ed effettuino, ove possibile, una certa rotazione degli incarichi stessi.
Dott. Antonello Accadia