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Il conflitto di interesse nelle procedure di gara non può essere rilevato in modo strumentale7 min read

Situazioni di potenziale conflitto d’interesse all’interno di gare pubbliche impongono alla p.a. di verificare l’esistenza di ragioni d’incompatibilità valide, idonee ad inficiare il buon andamento della procedura, evitando di dare valore ad osservazioni richiamate strumentalmente

Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 24 aprile 2014, Presidente M. Eliantonio, Estensore D. Nazzaro

Sentenza n. 195-2014 [1]

Il caso

La vicenda nasce da una procedura di gara, bandita da un comune, per l’affidamento dei servizi di supporto alle mense scolastiche, della quale risulta vincitrice la società già gestore fino al mese di giugno 2013.

In esito alla gara, una delle imprese concorrenti, afferma l’esistenza di un possibile conflitto d’interessi, tra il soggetto incaricato del ruolo di responsabile unico del procedimento (Rup), ed un dipendente della ditta risultata vincitrice, figlio del primo, in violazione dell’art. 6 bis, l. n. 241-1990 [2].

Conseguentemente, il comune, ravvisando un’ipotesi di conflitto potenziale, con apposita determinazione, annulla la procedura, ex art. 21 nonies, l. n. 241 [2].

La società vincitrice propone quindi ricorso al Tar Pescara, chiedendo l’annullamento della predetta determinazione e la declaratoria dell’avvenuta aggiudicazione in proprio favore con l’eventuale riapertura delle operazioni di gara non ancora espletate in riferimento alla congruità dell’offerta. Chiede inoltre la condanna del comune al risarcimento del danno subito e la caducazione dell’eventuale nuova gara.

In particolare, la ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’art. 6 bis, l. n. 241 [2], affermando:

  • la totale ininfluenza del rapporto parentale tra i due soggetti, di cui la stessa non era a conoscenza, contando circa 11.000 dipendenti in tutta Italia;
  • che il Rup, non ha ricoperto alcun ruolo attivo nell’assegnazione, essendosi limitato a determinare l’importo della base di gara;
  • che il figlio del Rup è un semplice magazziniere il quale comunque passerebbe, in caso di aggiudicazione ad altra società, alle dipendenze della stessa, come da CCNL e da capitolato speciale d’appalto.

La sentenza

Innanzitutto il Tar Pescara respinge l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ai controinteressati, in quanto, trattandosi di annullamento dell’intera gara senza scorrimento della graduatoria, gli effetti negativi, immediati e diretti, ricadono esclusivamente sull’aggiudicatario e non sussistono controinteressati.

Nel merito della vicenda, il giudice rileva che, essendo mancata ogni preventiva segnalazione del potenziale conflitto, non è stato possibile sostituire il Rup. L’amministrazione avrebbe quindi dovuto valutare in concreto la rilevanza del caso.

Il comune ha provveduto in tal senso solo successivamente, su richiesta del proprio segretario, predisponendo una dettagliata relazione. Dalla stessa è emerso che la gara ha avuto ad oggetto un appalto ripetitivo nel tempo e che, dal 2007, titolare del ruolo di Rup per tale procedura è sempre stato il medesimo soggetto, in qualità di responsabile del servizio di ristorazione del comune, il quale, nel caso in esame, si è limitato a determinare l’importo a base d’asta ed a definire il monte ore lavorativo delle cuoche utilizzate per la durata quadriennale dell’appalto.

Il Tar condivide l’assunto della ricorrente per cui il magazziniere, figlio del Rup, diverrebbe comunque dipendente di qualsiasi altra impresa aggiudicataria per norma contrattuale (ex art. 329 CCNL Turismo) e di capitolato speciale.

Infine, circa la normativa applicabile al caso, i giudici ricordano che gli artt. 6 e 6 bis, l. n. 241-1990 [2] (come inseriti dall’art. 1, c. 41, 190-2012 [3]) stabiliscono un dovere di astensione, in ipotesi di conflitto, anche potenziale, per i soli dipendenti pubblici mentre le imprese che concorrono alle gare non sono tenute a verificare alcunché.

La fattispecie in esame risulta inoltre disciplinata dagli artt. 10 del d.lgs. n. 163-2006 [4] e 272, 273 del dPR n. 207-2010 [5] secondo i quali ogni potere decisionale, all’interno delle procedure ad evidenza pubblica, spetta alla commissione aggiudicatrice di cui il Rup non ha fatto parte. Lo stesso, ha infatti esercitato solo una posizione di supporto esterno, senza alcuna effettiva incidenza né sulla fase istruttoria, né in quella decisionale.

Per tale ragione, alla luce dei compiti limitati e del tutto preliminari esercitati, il collegio non ritiene configurabile, neppure in via potenziale, alcun conflitto d’interesse. Tale circostanza è confermata pure dai verbali di gara i quali attestano che tutte le decisioni sono state prese esclusivamente dalla commissione, in assenza del Rup.

In conclusione, il comune ha applicato in modo eccessivamente rigoroso e astratto l’art. 6-bis, l. n. 241-1990 [2], sul presupposto che il Rup si sarebbe dovuto astenere pur non avendo preso parte attiva alla procedura e disponendo una soluzione estrema ed abnorme, posta a sola garanzia di un principio di mera legalità, in assenza di una reale tutela dell’interesse pubblico.

Diversamente, le regole in tema di anticorruzione (l. n. 190-2012 [3]) presuppongono una violazione effettiva, da parte del dipendente, di un puntuale obbligo di condotta e/o la mancanza di trasparenza ed imparzialità nella procedura d’appalto. Al Rup considerato non è tuttavia imputabile alcuna irregolarità, essendosi questo limitato all’esecuzione di adempimenti preliminari, non censurati da nessuna delle imprese concorrenti.

In sostanza, la prevenzione della corruzione non può realizzarsi sulla base di motivazioni strumentali ed improprie a favore delle ditte non aggiudicatarie.

Tutto ciò considerato, il Tar accoglie il ricorso e annulla gli impugnati.

Il giudice, tuttavia, non riconosce il risarcimento del danno, ritenendo che il regime di proroga tecnica disposto a favore dell’impresa aggiudicataria e l’accoglimento del ricorso, con la riviviscenza dell’atto annullato, siano sufficienti a colmare il danno subito.

La valutazione della sentenza

Con la pronuncia in esame il Tar Pescara interviene sulla questione del conflitto di interesse all’interno di una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento di un servizio.

Tale situazione sussiste quando un interesse secondario interferisce, ovvero potrebbe interferire, con la capacità di un funzionario pubblico di agire in conformità ai suoi doveri e responsabilità.

In particolare esso si realizza ogni qual volta l’organo, in occasione od a causa dell’espletamento di una specifica funzione, si viene a trovare in situazione di conflitto anche potenziale con una persona direttamente interessata dal risultato dell’attività o rispetto ad una condizione ambientale o strumentale su cui poi si rifletterà la sua azione .

Per superare tale pericolo il legislatore ha introdotto il cosiddetto “obbligo di astensione” degli amministratori e funzionari pubblici dalla partecipazione all’adozione di decisioni che possano investire interessi propri o di loro congiunti.

Tra le norme a tutela, poste dall’ordinamento, vanno ricordate:

  • l’art. 6 bis della l. n. 241-90 [2], come introdotto dalla legge anticorruzione [3];
  • l’art. 7 del Regolamento recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (dPR n. 62-2013 [6]);
  • l’art. 78 del d.lgs. n. 267-2000 [7] in ordine all’obbligo di astensione di consiglieri ed assessori nonché
  • il d.lgs. n. 39-2013 [8] in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e gli enti privati di controllo pubblico.

Sul tema si ricordano inoltre diversi interventi della giurisprudenza e dell’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici (AVCP), anche antecedenti alle norme citate.

Tra tutti si richiama, il Consiglio di Stato, sez. V, il quale, nella sentenza n. 1628-2011 [9], ha annullato una gara di appalto per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas e ha imposto il risarcimento del danno a favore di un’impresa concorrente, individuando un’ipotesi di conflitto di interessi, nella partecipazione, tra i membri della commissione giudicatrice, di un soggetto che, in precedenza, aveva predisposto gli atti e la perizia tecnica per la valorizzazione degli impianti e il rimborso al gestore uscente.

Ancora, l’AVCP, nel parere sulla normativa del 20 dicembre 2007 (rif. AG 17-07, d.lgs. 163-06, artt. 1, 34 – Codici 1.2, 34.1) [10] ha chiarito che, la partecipazione di una società per azioni alle procedure di gara indette dall’organismo di diritto pubblico che la partecipa, configura un’ipotesi di conflitto di interessi ed è, quindi, inammissibile.

Allo stesso modo è illegittima la partecipazione ad una gara d’appalto di lavori, indetta da un comune, di una ditta di cui il sindaco sia titolare (Deliberazione n. 271 del 26 luglio 2007, rif. PREC 154-07, d.lgs. 163-06, artt 2, 34 – Codici 2.1, 34.1 [11]).

Infine, il Tar Campania, Salerno, sez. I, nella sentenza n. 615 del 25 marzo 2014 [12], ha affermato l’obbligo di astensione di un componente della commissione di gara nel caso in cui sussista uno stabile sodalizio professionale e di reciprocità di interessi economici tra lo stesso, membro esterno della commissione di gara e uno dei soggetti partecipanti, sia pur riferito ad uno specifico incarico, non solo in atto al momento dello svolgimento della gara, ma, altresì, consolidato nel tempo.

di Simonetta Fabris