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La CGUE si pronuncia sull’onere d’indicazione separata dei costi della manodopera nell’offerta economica7 min read

I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella italiana, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione.

Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.

CGUE, sez. IX, 2 maggio 2019, causa n. C-309-18 [1], Presidente Jürimäe, Avvocato generale: Sánchez-Bordona

A margine

La Corte si pronuncia su una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tar Lazio con ordinanza n. 4562 del 24 marzo 2018 [2], nell’ambito di una controversia tra un’impresa, seconda classificata in una gara sopra soglia, e una serie di Comuni, in merito all’aggiudicazione di tale appalto a una altra società che ha omesso di indicare separatamente i costi della manodopera nella propria offerta economica in quanto il bando di gara non richiedeva espressamente tale obbligo come prescritto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici [3].

In particolare, ciò nonostante, l’impresa era inviata a sanare la carenza mediante soccorso istruttorio ex art. 83, c. 9  divenendo aggiudicataria della gara.

Il Tar precisa che il legislatore nazionale, quando ha adottato il codice dei contratti pubblici al fine di recepire la direttiva 2014/24 [4], ha espressamente previsto l’obbligo per gli offerenti di indicare nell’offerta economica i propri costi della manodopera, escludendo al contempo la facoltà, per l’amministrazione aggiudicatrice, di fare ricorso alla procedura di soccorso istruttorio per invitare gli offerenti che non hanno adempiuto il medesimo obbligo a regolarizzare la loro situazione.

Il Tar s’interroga sulla compatibilità della normativa nazionale con i principi generali della tutela del legittimo affidamento, della certezza del diritto e di proporzionalità, in particolare nel caso in cui, l’offerta economica, che non riporta l’indicazione dei costi della manodopera, sia stata redatta dall’impresa partecipante alla gara d’appalto in conformità alla documentazione all’uopo predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice, e non sia in discussione il rispetto sostanziale delle norme relative ai costi della manodopera.

Il giudice del rinvio sostiene che l’applicazione della normativa nazionale in esame potrebbe comportare discriminazioni nei confronti delle imprese stabilite in altri Stati membri che volessero partecipare a un appalto bandito da un’amministrazione aggiudicatrice italiana, non potendo esse nutrire un valido e concreto affidamento sulla correttezza della modulistica predisposta dall’amministrazione aggiudicatrice

Pertanto il Tar per il Lazio ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui alla direttiva (…) 2014/24/UE, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016 [3], secondo la quale l’omessa separata indicazione dei costi della manodopera nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di servizi pubblici determina, in ogni caso, l’esclusione della ditta offerente senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nella documentazione di gara e, ancora, a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti effettivamente i costi minimi della manodopera, in linea peraltro con una dichiarazione all’uopo resa dalla concorrente»

La sentenza

La Corte ricorda che, nel caso di specie, emerge che l’obbligo, a pena di esclusione, di indicare separatamente i costi della manodopera discende chiaramente dal combinato disposto dell’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici [3] e dell’articolo 83, comma 9, del medesimo.

Sulla scorta dell’articolo 56, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 [4], il legislatore italiano ha deciso, all’articolo 83, comma 9, del succitato codice, di escludere dalla procedura di soccorso istruttorio, in particolare, l’ipotesi in cui le informazioni mancanti riguardino i costi della manodopera.

Inoltre, sebbene il bando di gara in esame non richiamava espressamente l’obbligo incombente sui potenziali offerenti, previsto all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici [3], di indicare, nell’offerta economica, i loro costi della manodopera, dagli elementi del fascicolo, risulta tuttavia che il bando in parola specificava che, «per quanto non espressamente previsto nel presente bando, nel capitolato e nel disciplinare di gara si applicano le norme del [codice dei contratti pubblici]».

Ne consegue che qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente era, in linea di principio, in grado di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara in esame, incluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera.

Pertanto i principi della parità di trattamento e di trasparenza non ostano a una normativa nazionale, come quella italiana, secondo la quale la mancata indicazione dei costi della manodopera comporta l’esclusione dell’offerente interessato senza possibilità di ricorrere alla procedura di soccorso istruttorio anche in un caso in cui il bando di gara non richiamasse espressamente l’obbligo legale di fornire detta indicazione.

Tuttavia, dalle osservazioni sottoposte alla Corte dalla società aggiudicataria emerge che il modulo predisposto dalla stazione appaltante, che gli offerenti dovevano obbligatoriamente utilizzare, non lasciava loro alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera. In più, il capitolato d’oneri relativo alla medesima gara d’appalto precisava che gli offerenti non potevano presentare alcun documento che non fosse stato specificamente richiesto dall’amministrazione aggiudicatrice.

Spetta pertanto al giudice del rinvio, che è il solo competente a statuire sui fatti della controversia principale e sulla documentazione relativa al bando di gara in questione, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici [3] e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice. [3]

Nell’ipotesi in cui lo stesso giudice accertasse che effettivamente ciò è avvenuto, la Corte precisa che, in tal caso, in considerazione dei principi della certezza del diritto, di trasparenza e di proporzionalità, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare a un simile offerente la possibilità di sanare la sua situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale in materia entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice (in tal senso, sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15 [5]EU:C:2016:404 [6], punto 51 [7], e ordinanza del 10 novembre 2016, Spinosa Costruzioni Generali e Melfi, C‑162/16 [8], non pubblicata, EU:C:2016:870 [9], punto 32 [10]).

Pertanto la Corte ritiene che i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE [4] sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione.

Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.

di Simonetta Fabris