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La facoltà di non procedere all’aggiudicazione, disciplina e limiti nel vecchio e nel nuovo codice11 min read

IN POCHE PAROLE …

La facoltà di non procedere all’aggiudicazione è preclusa dalla presenza di un giudicato

Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 11 gennaio 2023 n. 384 [1], Pres. Lotti, Est. Manca


La facoltà di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulta conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto deve essere indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito; deve essere comunicata entro cinque giorni a tutti i candidati o offerenti; deve essere adeguatamente motivata e, dal prossimo 1° luglio, può essere esercitata non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle offerte.

Tale facoltà non può essere conseguente ad esigenze sopravvenute alla conclusione della procedura di gara ed è preclusa in presenza di un giudicato che ha accertato il diritto all’aggiudicazione e il diritto al subentro nel contratto.


LINK UTILI

Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 [2]

Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 [3]

Delibera ANAC n. 79 del 29 gennaio 2020 [4]

Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 27 novembre 2018 n. 6725 [5]


L’art. 95, comma 12, del D.Lgs. n. 50/2016, “Codice dei contratti pubblici”, prevede che “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.  Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito.”

“Tale potere ha carattere amplissimo ed altamente discrezionale, sindacabile solo qualora sia manifestamente illogico o viziato da travisamento dei fatti, in quanto è conseguenza di un apprezzamento riservato alla stazione appaltante”, così precisa l’ANAC, cioè l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nella delibera n. 79 del 29 gennaio 2020 [4], avente ad oggetto un’istanza di parere per la soluzione delle controversie ex art. 211, comma 1, del D.Lgs. n. 50/2016, con la quale una Società contestava il provvedimento di una stazione appaltante che aveva valutato la sua offerta (unica rimasta in gara) non conveniente o idonea ai sensi dell’art. 95, comma 12, del Codice.

La facoltà di non aggiudicare una gara, nel caso l’offerta sia ritenuta non conveniente economicamente o non idonea tecnicamente, risponde ad una valutazione dell’interesse pubblico da parte della stazione appaltante che trova fondamento nel principio generale di buon andamento, che impegna le pubbliche amministrazioni all’adozione di atti quanto più possibile coerenti e proporzionali alle esigenze effettive di acquisizione dei beni, servizi e lavori necessari per la realizzazione dei loro compiti (TAR Veneto, sez. I, 7 gennaio 2019, n. 20 [6]; Cons. Stato, sez. V, 27 novembre 2018, n. 6725 [5]). Tale facoltà si applica anche nel caso di un’unica offerta (Cons. Stato, n. 6725/2018, già citata).

La disciplina del Codice vigente

Come si è detto, la stazione appaltante ha la facoltà discrezionale di non aggiudicare la gara (anche in caso di unica offerta) quando nessuna offerta sia ritenuta conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto, purché tale facoltà sia indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito.

La scelta di non aggiudicare una gara deve essere adeguatamente motivata, dovendo risultare in maniera chiara ed inequivocabile la sussistenza degli elementi di inidoneità che supportano la non aggiudicazione.

Si tratta di una facoltà diversa dall’assunzione di provvedimenti di revoca o di annullamento in autotutela della procedura di gara, si basa infatti su una valutazione di convenienza dell’offerta rispetto all’obiettivo della gara, che mantiene la sua validità. La revoca della gara presuppone, invece, una rivalutazione degli interessi originari o la sopravvenienza di nuovi interessi pubblici che non possono essere adeguatamente soddisfatti con la gara, mentre l’annullamento in via di autotutela si ha in presenza di un vizio della gara a cui occorre porre rimedio.

La comunicazione di non aggiudicazione

La decisione di non procedere all’aggiudicazione della gara è oggetto di comunicazione, disciplinata dall’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, a cura del Responsabile del procedimento, a tutti gli operatori economici che hanno presentato offerta, non appena la stazione appaltante abbia deciso di non procedere all’aggiudicazione della gara.

L’art. 76 al comma 1 prevede che le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione.  Il comma 5, alla lettera c), dello stesso articolo, nello specifico, dispone che le stazioni appaltanti comunicano d’ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati. Quest’ultima formulazione è riduttiva in quanto l’art. 3, comma 1, lett. bb), del D.Lgs. n. 50/2016, definisce la figura del candidato come l’operatore economico che “ha sollecitato un invito o è stato invitato a partecipare a una procedura ristretta, a una procedura competitiva con negoziazione, a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, a un dialogo competitivo o a un partenariato per l’innovazione o ad una procedura per l’aggiudicazione di una concessione”. La comunicazione in questione deve essere indirizzata anche a tutti gli offerenti, qualora la procedura di gara abbia natura di procedura aperta.

La disciplina nel nuovo Codice

Il decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici” ha migliorato la disciplina in esame.

Le disposizioni a cui occorre fare riferimento nel nuovo Codice, che acquisirà efficacia dal 1° luglio 2023, sono le seguenti:

  • l’articolo 108, “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture”, al comma 10, prevede che “Le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o invito nelle procedure senza bando e può essere esercitata non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle offerte.”
  • l’articolo 90, “Informazione ai candidati e agli offerenti”, al comma 1, lettera a), dispone che “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione: a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti”.

In sintesi, la facoltà di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto:

  1. deve essere indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito, nel caso di procedure senza bando;
  2. deve essere adeguatamente motivata;
  3. può essere esercitata non oltre il termine di trenta giorni dalla conclusione delle valutazioni delle offerte;
  4. la motivata decisione, corredata di relativi motivi, deve essere comunicata a tutti i candidati o offerenti entro cinque giorni dalla sua adozione.

L’esame di un caso (Consiglio di Stato, sez. V, 27 novembre 2018 n. 6725 [5])

Con la sentenza n. 6725 del 2018, il Consiglio di Stato, sezione V, ha respinto l’appello di una società che ha impugnato una sentenza che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla stessa Società contro l’avviso di esito di gara, con il quale una stazione appaltante aveva comunicato la non aggiudicazione di una gara, indetta mediante procedura ristretta ai sensi dell’art. 61 del D.Lgs n. 50/2016, per l’affidamento, con il criterio del prezzo più basso, di un servizio, per l’importo complessivo di 360.000 euro.

La società ricorrente, unica offerente, ha contestato il giudizio di non congruità posto a fondamento della non aggiudicazione ai sensi dell’art. 95, comma 12, del D.Lgs. n. 50/2016, chiedendo l’annullamento dell’avviso e degli atti di gara presupposti, nonché la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente monetario.

Il motivo della non aggiudicazione faceva riferimento al difetto di convenienza economica dell’offerta rispetto ai costi di mercato riferiti a prestazioni analoghe o comunque rispetto al mercato di riferimento, seguendo il metodo del confronto su base esclusivamente economica e non qualitativa.

La sentenza in esame, come si è detto, ha respinto l’appello e ha chiarito che la facoltà di non aggiudicare la gara:

  • compete alla stazione appaltante e non alla commissione di gara, e risponde ad un’immanente valutazione dell’interesse pubblico attuale da parte del committente che prescinde dall’esistenza di vizi di legittimità;
  • rientra nei poteri discrezionali della stazione appaltante e la decisione è conseguenza di un apprezzamento di merito riservato a quest’ultima, sindacabile in sede giurisdizionale solo qualora sia manifestamente illogico o viziato da travisamento dei fatti;
  • si basa su giudizio di convenienza sul futuro contratto, che consegue, tra l’altro, ad apprezzamenti sull’inopportunità economica del rapporto negoziale per specifiche ed obiettive ragioni di interesse pubblico ed anche alla luce, se del caso, di una generale riconsiderazione dell’appalto, nell’esercizio di ampi poteri in funzione di controllo, non condizionati, quindi, dalle valutazioni tecniche del seggio di gara;
  • necessita di un giudizio della stazione appaltante adeguatamente motivato, dovendo risultare in termini puntuali e specifici gli elementi di inidoneità che giustificano la mancata aggiudicazione, allo scopo di rendere palesi i risultati dell’istruttoria e le modalità con le quali questa è stata condotta.

I limiti alla facoltà di non aggiudicare (Consiglio di Stato, sez. V, 11 gennaio 2023 n. 384 [1])

Una società ha impugnato la sentenza del TAR che ha respinto il ricorso proposto dalla stessa società per l’ottemperanza della sentenza del medesimo TAR, con la quale era stato annullato il provvedimento con cui una stazione appaltante aveva aggiudicato un servizio ad altro soggetto, nonché dichiarata l’inefficacia del contratto e disposto il subentro della ricorrente.

Con successiva determinazione la stazione appaltante ha ritenuto di non aggiudicare la gara alla ricorrente, ai sensi dell’art. 95, comma 12, del D.Lgs. n. 50/2016, con contestuale riedizione della procedura di affidamento del servizio, ritenendo l’offerta della ricorrente inidonea e non conveniente in confronto ai costi del servizio e alle “nuove esigenze di approvvigionamento”.

Con ulteriore ricorso in ottemperanza, la società ha impugnato anche i nuovi provvedimenti, chiedendo in via alternativa anche l’annullamento del provvedimento di non aggiudicazione della gara per difetto di motivazione circa i presupposti dell’art. 95, comma 12.

Il giudice del TAR ha rigettato l’azione per l’ottemperanza, non riscontrando la nullità del provvedimento per violazione o elusione del giudicato, poiché la sentenza di cui veniva chiesta l‘esecuzione, pur riconoscendo il diritto all’aggiudicazione per scorrimento della graduatoria, non ha precluso l’esercizio del potere discrezionale di cui all’art. 95, comma 12, del codice dei contratti pubblici che consente alla stazione appaltante di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea, potere che, ad avviso del primo giudice, si colloca all’esterno del giudicato amministrativo. Inoltre, nella fattispecie, la stazione appaltante avrebbe motivato adeguatamente in ordine alle ragioni per cui non ha aggiudicato alla ricorrente.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 384 dell’11 gennaio 2023, ha accolto l’appello della società ricorrente, formulando delle rilevanti osservazioni che definiscono i limiti di applicazione della disposizione in esame.

Secondo il Consiglio di Stato, nel caso di specie, è dirimente stabilire i limiti del potere di non aggiudicare di cui all’art. 95, comma 12, del codice dei contratti pubblici. In particolare se, per giustificare la scelta di non aggiudicare, l’amministrazione richiama profili e valutazioni già svolte dalla commissione giudicatrice si verifica una revisione sostanziale di tali giudizi; se, invece, vengono invocate esigenze sopravvenute alla conclusione della procedura di gara si fuoriesce dall’ambito normativo segnato dalla disposizione in esame la quale impone di valutare la convenienza o l’idoneità dell’offerta «in relazione all’oggetto del contratto», non con riferimento a eventi non contemplati nel programma contrattuale posto a base di gara (in relazione ai quali, invece, dovrebbero essere esercitati i poteri di revoca del bando e di rinnovo della gara).

In ogni caso, nella fase di attuazione del giudicato, l’esercizio del potere di non aggiudicare soffre di ulteriori limiti, dovendosi evitare che, in presenza di un giudicato che riconosce al ricorrente vittorioso il diritto all’aggiudicazione, tale diritto sia vanificato dalla decisione discrezionale dell’amministrazione di non aggiudicare.

Il potere di non aggiudicare va esercitato prima di adottare il provvedimento di aggiudicazione definitiva; una volta disposta l’aggiudicazione residuano eventualmente i soli poteri di autotutela (art. 32, comma 8, del Codice dei contratti pubblici).

In sostanza, quando il giudicato ha espressamente accertato il diritto all’aggiudicazione e il diritto al subentro nel contratto, si giustifica anche la preclusione, quale effetto del giudicato, all’esercizio del potere di non procedere all’aggiudicazione previsto dall’art. 95, comma 12, del Codice dei contratti pubblici. Al riguardo, il Consiglio richiama anche la propria sentenza del 28 giugno 2021, n. 4904 [7], che ha dichiarato la nullità del provvedimento di non aggiudicazione adottato ai sensi dell’art. 95, comma 12, sull’assunto che una valutazione di convenienza successiva al giudicato è certamente sintomatica dell’elusione del medesimo.

Marina Ferrara, già vicesegretario di ente locale