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Laddove il servizio è contendibile sul mercato non si può ricorrere all’Accordo fra P.A.5 min read

IN POCHE PAROLE…

La stipula di un accordo tra Pubbliche amministrazioni deve avvenire nel rispetto della libera circolazione dei servizi e della libera concorrenza pertanto detti accordi devono avere ad oggetto attività non deducibili in contratti d’appalto.

Autorità nazionale anticorruzione, deliberazione del 3 maggio 2023 n. 179 [1], Pres. Busia

La stazione appaltante non può affidare servizi di ingegneria e architettura utilizzando l’accordo tra pubbliche amministrazioni allo scopo di aggirare la libera concorrenza e sottrarre l’affidamento alle regole del Codice appalti.

A margine

Il caso –  L’Oice (Associazione delle organizzazioni di ingegneria architettura e consulenza tecnica ed economica) presenta un esposto all’ANAC in merito all’utilizzo dello strumento dell’accordo tra amministrazioni tra delle Università e una Provincia, contestando la sussistenza di un obbiettivo comune tra le due amministrazioni,  presupposto imprescindibile per tali forme di collaborazione, nonché la violazione del principio di libera concorrenza.

L’Autorità avvia quindi un procedimento contestando all’amministrazione il ricorso elusivo all’istituto dell’accordo convenzionale per l’affidamento dei servizi tecnici previsto dall’articolo 15 della legge n. 241/1990 [2] con particolare riferimento all’effettivo esercizio in comune delle attività e in merito alla previsione di un compenso.

La delibera

L’ANAC ricorda che la norma citata costituente il fondamento normativo per la stipula degli accordi trova compiuta disciplina nell’articolo 5 comma 6 del D.lgs. 50/2016 [3] che prevede la mancata applicazione del Codice negli accordi stipulati “esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici” qualora siano soddisfatte le condizioni previste nella norma ovvero: l’accordo stabilisca o realizzi una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune, l’attuazione di tale cooperazione sia retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgano sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

Nel caso in esame, secondo l’ANAC, la formazione del personale dipendente dell’amministrazione provinciale sia generale, in materia di ponti, che tecnico specifica, nonché il supporto alla ricerca documentale tecnica e alla corretta catalogazione e archiviazione dei dati – possono essere ragionevolmente deducibili in un accordo tra p.a., in quanto ricollegate ad una generale funzione scientifico – didattica propria delle Università e all’attività di ricerca e consulenza che le medesime possono svolgere mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati ex art. 66 D.P.R. n. 382/1980. [4]

Tuttavia l’ulteriore attività relativa alla “scansione dei ponti”, ossia il rilievo operato con laser scanner o termo scanner o strumenti simili, e l’esecuzione di prelievi e prove di laboratorio sui materiali da costruzione sono a tutti gli effetti servizi di ingegneria e architettura e in quanto tali non possono essere affidati con procedure diverse da quelle previste dal Codice appalti.

Ulteriore elemento sintomatico dell’inqualificabilità del protocollo in oggetto alla stregua di un accordo tra p.a. consiste nell’assenza di un esercizio congiunto di funzioni proprie per il perseguimento di un risultato comune in modo complementare e sinergico. In tale forma di partenariato pubblico – pubblico, infatti, deve sussistere un’effettiva condivisione di compiti e di responsabilità, diversamente dai contratti a titolo oneroso, in cui solo una parte svolge la prestazione pattuita, mentre l’altra assume l’impegno della remunerazione (in tal senso AVCP parere n. 20 del 23.04. 2014).

Dalla lettura del contratto applicativo emerge, invece, che a fronte di una serie di ampie attività affidate alle Università- in capo all’amministrazione provinciale residua il solo “impegno a fornire alle Università l’assistenza necessaria per lo svolgimento delle attività previste”.

Pertanto l’ANAC afferma la non conformità della procedura in oggetto al disposto di cui agli articoli 5 comma 6, 157 comma 3 e 30 D.lgs. 50/2016 [3], stante l’affidamento di servizi tecnici con procedure diverse da quelle previste dal codice ed in contrasto con i presupposti per la stipula degli accordi ex art. 15 legge n. 241/1990 [2], nonché dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza.

Qualora un’amministrazione si ponga rispetto all’accordo come operatore economico (ai sensi di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C 305-08 [5]), prestatore di servizi ex All. II-A e verso un corrispettivo, anche non implicante il riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non è possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi.

La posizione della giurisprudenza – In materia di collaborazioni con le Università, il Consiglio di Stato ha osservato che “L’attività di ricerca e consulenza, anche se in favore di enti pubblici, non può essere indiscriminata, sol perché compatibile, ma deve essere strettamente strumentale alle finalità istituzionali dell’Ente, che sono la ricerca e l’insegnamento, nel senso che giova al progresso della ricerca e dell’insegnamento, o procaccia risorse economiche da destinare a ricerca e insegnamento. Non si può pertanto trattare di un’attività lucrativa fine a sé stessa perché l’Università è e rimane un ente senza fine di lucro” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 3 giugno 2011, sentenza n. 10 [6]).

Il giudice comunitario nell’ordinanza della Corte di Giustizia UE del 16 maggio 2013, causa C-564/11 [7] – emessa in ordine alla domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 267 TFUE, proposta dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 5207/2011 [8], ha affermato che l’affidamento senza gara da parte di un’amministrazione aggiudicatrice di un contratto, contrasta con le norme ed i principi sull’evidenza pubblica comunitaria quando ha ad oggetto servizi i quali, pur riconducibili ad attività di ricerca scientifica, “ricadono, secondo la loro natura effettiva, nell’ambito dei servizi di ricerca e sviluppo di cui all’allegato II A, categoria 8, della direttiva 2004/18 [9], oppure nell’ambito dei servizi d’urbanistica e dei servizi affini di consulenza scientifica e tecnica indicati nella categoria 12 di tale allegato”.

Sulla scorta di tale pronunciamento l’Autorità ha rilevato che “gli accordi tra PA sono necessariamente quelli aventi la finalità di disciplinare attività non deducibili in contratti di diritto privato, perché non inquadrabili in alcuna delle categorie di prestazioni elencate nell’allegato II-A alla direttiva direttiva appalti 2004/18 [9]; il contenuto e la funzione elettiva di tali accordi è, pertanto, quella di regolare le rispettive attività funzionali, purché di nessuna di queste possa appropriarsi uno degli enti stipulanti” (Delibera n. 496 del 10 giugno 2020 [10]).