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Sulla cogenza applicativa della c.d clausola sociale3 min read

La «stabilità occupazionale», che è sicuramente un obiettivo normativo importante e un valore ordinamentale, deve essere «promossa» e non rigidamente imposta e comunque deve essere armonizzata con i principi europei della libera concorrenza e della libertà d’impresa, così da escludere un rigido obbligo di garanzia necessaria della stabilità, pur in presenza di variato ambito oggettivo del servizio a gara.

La clausola sociale riveste portata cogente solo nel senso che l’offerente non può ridurre a suo piacimento il numero di unità da impiegare nell’appalto, senza che tale clausola comporti anche l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio

Tar Lazio, Roma, sez. II bis, sentenza 11 luglio 2019, n. 9168 [1] – Presidente Stanizzi, Estensore Bruno

A margine

In esito ad una gara ai sensi del Codice dei contratti [2] per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale di un Comune, la società seconda classificata impugna l’aggiudicazione finale lamentando, tra le altre cose, la violazione della c.d. clausola sociale, in quanto dall’offerta della società aggiudicataria e dalla corrispondenza intercorsa con il responsabile unico del procedimento sembra emergere che in caso di affidamento del servizio la medesima sia intenzionata ad assorbire il solo personale conducente e non anche il personale amministrativo attualmente addetto al servizio.

La sentenza

Il Tar evidenzia che, anche sotto la vigenza del precedente codice, la giurisprudenza aveva chiarito che la «stabilità occupazionale», che è sicuramente un obiettivo normativo importante e un valore ordinamentale, deve essere «promossa» e non rigidamente imposta e comunque deve essere armonizzata con i principi europei della libera concorrenza e della libertà d’impresa, così da escludere un rigido obbligo di garanzia necessaria della stabilità, pur in presenza di variato ambito oggettivo del servizio a gara (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 13 febbraio 2017 n. 231 [3]).

Peraltro, anche ove prevista, tale clausola sociale di «riassorbimento» deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti la clausola in questione lesiva della concorrenza, dal momento che verrebbe a scoraggiare la partecipazione alla gara ed a limitare la platea dei partecipanti, nonché a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost., che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione.

Detta clausola, dunque, riveste portata cogente solo nel senso che l’offerente non può ridurre ad libitum il numero di unità da impiegare nell’appalto, senza che tale clausola comporti anche l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata tutto il personale già utilizzato dalla precedente impresa affidataria del servizio (T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I 21 marzo 2016 n. 98 [4]; Cons. di St., sez. III, 5 maggio 2017 n. 2078 [5]).

A ciò si aggiunge, tuttavia, che parte ricorrente ha formulato, inammissibilmente, la deduzione in termini essenzialmente ipotetici, contestando che l’amministrazione “non sembra intenzionata a far(la) rispettare” e che, comunque, in applicazione dell’art. 9 del capitolato di gara, l’obbligo è destinato ad operare solo successivamente all’aggiudicazione, in fase di esecuzione del servizio.

Pertanto il ricorso è dichiarato, per questa parte, inammissibile.

di Simonetta Fabris