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Project financing: sulla possibilità dell’amministrazione di revocare la procedura per sopravvenute difficoltà finanziarie4 min read

Nel project financing l’amministrazione può legittimamente revocare, senza indennizzo,  la procedura di individuazione del promotore anche dopo la valutazione positiva della proposta e prima del suo perfezionamento, per sopraggiunti motivi d’interesse pubblico, fra i quali rientrano le sopravvenute difficoltà economiche nel finanziare il contributo pubblico in conto investimento al partenariato pubblico – privato.

In assenza dell’illegittimità del provvedimento di revoca, difetta in radice il fondamentale elemento costitutivo della responsabilità risarcitoria aquiliana da attività amministrativa illegittima.

Non ricorrono neppure i presupposti per la configurabilità della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., in quanto non è stato affatto dimostrato il coinvolgimento colposo del promotore  in trattative inutili.

E’ da escludere anche la prestesa al risarcimento del danno ingiusto per inosservanza, dolosa o colposa, del termine di conclusione del procedimento (c.d. danno da ritardo, ex art. 2-bis L. 241 del 1990), in mancanza della prova dell’esistenza del danno in concreto provato dalla parte ricorrente su cui grava il relativo onere.

TAR Lazio, sez. II, sentenza n. 02135/, 5 febbraio 2015 [1], Pres. F. D’Agostino, Est. R. Caponigro

Fatto

Un Comune indice la procedura con il metodo della finanza di progetto, per il  recupero di un edificio scolastico e la sua destinazione a casa albergo per anziani e residenze speciali e, a seguito di una prima istruttoria sulle proposte pervenute, decide di destinare un contributo pubblico per la realizzazione del project in conto investimento. Dopo una complessa e lunga istruttoria sulla proposta presentata dall’unico promotore rimasto da valutare, l’amministrazione, a distanza di un lungo periodo di inerzia e solo dopo la diffida inviata dal promotore che vuol conoscere lo stato della pratica, revoca, per sopravvenute difficoltà economiche, la procedura non ancora perfezionata.

La Società promotrice ricorre al TAR per chiedere l’annullamento del provvedimento di revoca, ritenuto illegittimo per difetto di motivazione e per mancato suo coinvolgimento nel procedimento di secondo grado di revoca, e pretende il risarcimento del danno da lesione dell’interesse legittimo, per responsabilità precontrattuale e da ritardata conclusione del procedimento.

La sentenza

Con una corposa motivazione, il TAR  ha ritenuto infondato il ricorso avverso l’illegittimità del provvedimento di revoca e ha respinto le tre pretese risarcitorie del ricorrente.

Il Tribunale ha ritenuto, innanzitutto, adeguatamente motivato il provvedimento di revoca giustificato dalla mancanza di risorse economiche idonee per contribuire all’investimento.

Com’è noto, il provvedimento ad efficacia durevole può essere revocato, ai sensi dell’art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990 [2], in tre casi: a) sopravvenuti motivi d’interesse pubblico; b)  mutamento delle situazioni di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento; c) nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Fra i sopravvenuti motivi d’interesse, rientrano, per il TAR Lazio, anche le difficoltà economiche dell’Ente nello stanziare in bilancio il “prezzo” da corrispondere al futuro concessionario quale quota di partecipazione al Partenariato Pubblico Privato. Tali difficoltà sopravvenute giustificano la modifica dell’ordine di priorità nel selezionare i bisogni da soddisfare della collettività amministrata e, quindi, anche lo stop alla procedura di project financing in (lento) corso di svolgimento. Ciò in quanto la ratio della revoca sta proprio nella garanzia di tutelare l’esigenza che l’azione amministrativa si possa sempre adeguare all’interesse pubblico allorquando questo muti.

La Società proponente, secondo la sentenza annotata, non può neppure lamentare la mancata previsione di un indennizzo. Esso, infatti, è previsto dall’art. 21 quinquies solo se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, mentre nel caso di specie nessun pregiudizio può dirsi prodotto considerato che la proposta presentata dal ricorrente, al momento dell’interruzione della procedura, non era stata ancora individuata e dichiarata di pubblico interesse.

Com’è noto, la responsabilità risarcitoria aquiliana nasce solo da attività amministrativa illegittima. Ne consegue che, in assenza dell’illegittimità del provvedimento fonte del danno, difetta in radice il fondamentale elemento costitutivo della responsabilità, da cui discende la reiezione dell’azione di risarcimento del danno per equivalente patrimoniale decisa dal TAR.

Per il TAR non è dovuto neppure il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, che consegue alla violazione degli obblighi di buona fede ed alla lesione del legittimo affidamento del privato, in quanto non è dimostrato  che l’amministrazione  abbia coinvolto colposamente la ricorrente in trattative inutili: l’unico addebito che può essere mosso all’amministrazione è di non avere comunicato le risultanze dell’istruttoria circa la necessità di presentare un altro piano economico – finanziario, ma tale mancanza di diligenza è compensata dal silenzio serbato dalla Società ricorrente per un tempo così lungo da far ritenere venuto meno il suo interesse alla prosecuzione della procedura.

Per quanto attiene infine al mancato accoglimento della pretesa risarcitoria da danno per ritardo, la sentenza annotata si accoda all’orientamento della prevalente giurisprudenza secondo cui spetta al danneggiato dimostrare in concreto il danno subito per la lesione del bene della vita “tempo”. In altri termini, la pretesa risarcitoria non è stata accolta in quanto il ricorrente non ha dato prova dell’incidenza negativa del ritardo nella conclusione del procedimento  sull’impegno di risorse, su altre opportunità o  su altre circostanze favorevoli.