- Moltocomuni - https://www.moltocomuni.it -

Regole per l’applicazione dell’inversione procedimentale nell’esame delle offerte7 min read

IN POCHE PAROLE…

Nel sistema dell’inversione procedimentale è illegittimo limitare le verifiche sui requisiti generali e specifici ad un numero predefinito nella lex speciale di gara.


Tar Puglia sez. I, sentenza 15 dicembre 2020, n. 1631 [1], Pres. Scafuri, Est. Fanizza


Nell’ambito della procedura di inversione procedimentale, la previsione dell’estensione della “verifica del possesso dei requisiti (…) nei confronti di un numero di concorrenti pari al 5% degli ammessi alla gara arrotondato all’unità superiore e comunque non superiore a 10, sorteggiati al termine dell’apertura delle offerte economiche”, costituisce l’applicazione dell’art. 36, co. 5 del del d.lgs. 50/2016 abrogato dalla legge 55/2019.


A margine

Il fatto – Un’impresa partecipante ad una gara per l’affidamento di alcuni lavori chiede l’annullamento dell’aggiudicazione finale lamentando l’errata applicazione della regola sull’inversione procedimentale nell’esame delle offerte.

In particolare, il disciplinare di gara avrebbe erroneamente previsto l’applicazione della disciplina recata dall’abrogato art. 36, comma 5 del d.lgs. 50/2016 [2] (norma in vigore soltanto dal 19 aprile 2019 al 17 giugno 2019 non oggetto di recepimento nella legge di conversione n. 55/2019 [3]), in luogo dell’art. 133, comma 8 del d.lgs. 50/2016 [2] prevedendo che il controllo della documentazione amministrativa fosse previsto per il destinatario della proposta di aggiudicazione ed esteso, a campione, anche sugli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara e che, sulla base dell’esito di detta verifica, si sarebbe proceduto eventualmente a ricalcolare la soglia di anomalia di cui all’articolo 97 del d.lgs. 50/2016. [2]

Si sarebbe trattato, dunque, di un decisivo errore che avrebbe prodotto “come conseguenza la stesura di un disciplinare non conforme a legge” e l’esclusione della ricorrente, sorteggiata tra le ditte partecipanti ai fini del controllo della busta amministrativa,  per omesso pagamento del contributo all’ANAC.

La stazione appaltante deduce che l’art. 133, comma 8 del d.lgs. 50/2016 [2]– a differenza dell’abrogato art. 36, comma 5, che individuava pedissequamente la sequenza procedimentale (tra cui la fase di verifica dei requisiti tra i concorrenti sorteggiati) – non definirebbe in alcun modo la scansione delle fasi di verifica in caso di inversione procedimentale, lasciando alle stazioni appaltanti la facoltà di “individuare, con la lex specialis di gara, previsioni attuative dell’inversione procedimentale purché esse non esorbitino i limiti imposti dalla norma, vale a dire il rispetto dei principi dell’imparzialità e la trasparenza ex art. 97 Costituzione”.

La sentenzaIl Tar accoglie il ricorso annullando l’aggiudicazione della gara. Nel merito, il collegio ricorda che il disciplinare di gara, ha previsto che “si procederà alla verifica del possesso dei requisiti nei confronti del destinatario della proposta di aggiudicazione nonché nei confronti di un numero di concorrenti pari al 5% degli ammessi alla gara arrotondato all’unità superiore e comunque non superiore a 10, sorteggiati al termine dell’apertura delle offerte economiche”.

Tale previsione è stata pedissequamente applicata dalla commissione giudicatrice; di conseguenza, dopo l’apertura delle offerte economiche, si è proceduto al sorteggio di dieci operatori e, una volta ravvisato che la ricorrente ha omesso il pagamento del contributo ANAC, si è disposta la sua esclusione e si è, successivamente, proceduto al calcolo della soglia di anomalia e all’individuazione della ditta miglior offerente.

Sotto tale profilo, dunque, l’inversione procedimentale risulta formalmente rispettata.

Tuttavia, la predetta previsione del disciplinare, che prevede l’estensione della “verifica del possesso dei requisiti (…) nei confronti di un numero di concorrenti pari al 5% degli ammessi alla gara arrotondato all’unità superiore e comunque non superiore a 10, sorteggiati al termine dell’apertura delle offerte economiche”, rivelatasi decisiva ai fini della sorte dell’aggiudicazione, costituisce l’applicazione dell’art. 36, co. 5 del d.lgs. 50/2016, [2] abrogato dalla legge 55/2019 [3].

Tale abrogazione è anteriore di quasi un anno alla data di pubblicazione del bando.

La norma non convertita prevedeva che “le stazioni appaltanti possono decidere che le offerte siano esaminate prima della verifica della documentazione relativa al possesso dei requisiti di carattere generale e di quelli di idoneità e di capacità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la procedura. Se si avvalgono di tale facoltà, le stazioni appaltanti verificano in maniera imparziale e trasparente che nei confronti del miglior offerente non ricorrano motivi di esclusione e che sussistano i requisiti e le capacità di cui all’articolo 83 stabiliti dalla stazione appaltante; tale controllo è esteso, a campione, anche sugli altri partecipanti, secondo le modalità indicate nei documenti di gara. Sulla base dell’esito di detta verifica, si procede eventualmente a ricalcolare la soglia di anomalia di cui all’articolo 97. Resta salva, dopo l’aggiudicazione, la verifica sul possesso dei requisiti richiesti ai fini della stipula del contratto”.

La ratio di tale disposizione, con riguardo alle verifiche da estendere, sebbene a campione, ad “altri partecipanti”, sembra essere stata concepita per fissare la platea di offerte realmente ammissibili ed evitare, in sostanza, che soggetti privi dei requisiti potessero contribuire alla determinazione della soglia di anomalìa.

Nondimeno, tale intento ha ben presto evidenziato una controindicazione, ossia che, posticipandosi la verifica dell’ammissibilità dei concorrenti ad un momento successivo all’esame delle offerte (e ciò in applicazione della inversione procedimentale), si sarebbe frequentemente – e, si direbbe, fatalmente – determinata una modificazione della platea originaria dei concorrenti partecipanti alla gara, il che avrebbe reso necessario, quasi come evento normale, il ricalcolo della soglia di anomalìa.

Ma il ricalcolo della soglia di anomalìa avrebbe, però, costituito un appesantimento procedurale incompatibile con le finalità acceleratorie e di semplificazione del c.d. decreto Sblocca Cantieri.

E, soprattutto, la possibilità di modificare il calcolo della soglia di anomalìa avrebbe esposto la procedura di gara a condotte strumentali, se non potenzialmente fraudolente. Si pensi, ad esempio, ad un’intenzionale incompletezza o irregolarità di talune offerte già in sede di prima partecipazione, ovvero ad un intenzionale rifiuto di produrre la documentazione richiesta a seguito di soccorso istruttorio nel corso della procedura: tutte ipotesi in cui la platea degli offerenti finirebbe per essere modificata, con automatici riflessi sul calcolo della soglia.

Tali osservazioni sono state elaborate da un gruppo di lavoro istituito presso l’Anac e trasfuso in un documento, “pubblicato a meri fini conoscitivi”, che la ricorrente ha allegato in atti.

Questa pare, dunque, la sostanziale ragione per cui la norma non è stata convertita in legge.

Vero è, altresì, che nella gara controversa si è stabilito un contingente definito di operatori da sottoporre a verifica (non oltre 10); ma, ad avviso del Collegio, tale previsione è, comunque, difforme dalla normativa di settore, che ha totalmente espunto l’estensione del controllo ad “altri partecipanti”, piuttosto concentrando la verifica sul destinatario della proposta di aggiudicazione.

Una scelta del legislatore, non sindacabile dal giudice amministrativo, di cui, peraltro, si è fatta ulteriore applicazione nel comma 6 ter dell’art. 36, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 55/2019 [3], ove si prevede che “nelle procedure di affidamento effettuate nell’ambito dei mercati elettronici di cui al comma 6, la stazione appaltante verifica esclusivamente il possesso da parte dell’aggiudicatario dei requisiti economici e finanziari e tecnico professionali ferma restando la verifica del possesso dei requisiti generali effettuata dalla stazione appaltante qualora il soggetto aggiudicatario non rientri tra gli operatori economici verificati a campione ai sensi del comma 6-bis”.

Alla luce di quanto rilevato trova ragion d’essere l’applicazione fino al 31 dicembre 2021, anche ai settori ordinari, dell’art. 133, comma 8 del d.lgs. 50/2016 [2] (“nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte saranno esaminate prima della verifica dell’idoneità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la gara. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice”): una disposizione, anche questa, priva di riferimenti a verifiche nei confronti di concorrenti, ma, piuttosto, volta a garantire un’aggiudicazione legittima (tale dovendosi intendere il riferimento alla posizione del solo aggiudicatario).

L’estensione della abrogata disposizione sulla verifica del possesso dei requisiti di altri concorrenti ha quindi condotto ad un’aggiudicazione illegittima, frutto di una regola di gara illegittima, posta sulla base di una malintesa vigenza della “facoltà prevista dall’art. 36 comma 5 del d.lgs. 50/2016 [2]”.

di Simonetta Fabris