L’incentivo per la progettazione può essere attribuito solo se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e se risulta adottato il Regolamento per la precisazione dei criteri per la sua ripartizione e solo a condizione che l’attività di progettazione sia arrivata in una fase avanzata.
Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza 5 giugno 2017, n. 13937, Pres. Napoletano, Est. Torrice
A margine
Nella vicenda, la Corte d’Appello di L’Aquila, in accoglimento dell’appello proposto da un Consorzio di Bonifica verso una sentenza del Tribunale, respinge il ricorso di un dipendente dello stesso ente per la condanna del Consorzio al pagamento della somma di € 60.506,84 a titolo di incentivo per la progettazione ex art. 18 della L. n. 109 del 1994, in relazione alle attività espletate dal 1985 al 2001.
In particolare, la sentenza della Corte:
- ricorda che l’art. 18 della legge citata, rinvia la “ripartizione tra il responsabile unico del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori”, della quota percentuale (1,55) dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, alle modalità ed ai criteri previsti dalla contrattazione collettiva decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’Amministrazione.
- dichiara inammissibile la domanda risarcitoria nei confronti del Consorzio poiché sia la contrattazione collettiva decentrata quanto il Regolamento dell’ente erano stati adottati in epoca successiva all’arco temporale cui era riferita la rivendicazione economica.
Il dipendente impugna quindi in Cassazione la predetta sentenza affermando:
- che l’art. 18 della L. n. 109 del 1994 esclude ogni discrezionalità della PA in ordine all’attribuzione dell’incentivo e che alla contrattazione collettiva decentrata ed al regolamento dell’Amministrazione sarebbe riservata la sola determinazione e la liquidazione dell’incentivo stesso;
- la violazione del predetto art. 18 e dell’art. 1218 c.c., per non avere, la Corte territoriale, dichiarato che il Consorzio era stato inadempiente per lungo tempo omettendo di “provvedere in sede di contrattazione collettiva decentrata” e di adottare il Regolamento previsto dall’ art. 18;
- la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 112 c.p.c. e vizio di omessa ed insufficiente motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto inammissibile, perché nuova, la domanda volta alla liquidazione dell’incentivo a titolo risarcitorio.
La Cassazione respinge il ricorso ricordando che la disposizione contenuta nell’art. 18 della Legge n. 109/1994, nell’arco temporale al quale è riferita la domanda di pagamento dell’incentivo, è stata oggetto di numerose modifiche che ne hanno riformato l’ambito di operatività, i presupposti per l’insorgenza del diritto, le modalità ed i criteri per la sua liquidazione e le regole di contabilità.
In particolare, ad avviso della Corte, l’evoluzione del quadro normativo consente di affermare che l’attribuzione dell’incentivo deve essere prevista e regolata dalla contrattazione collettiva decentrata, che il potere regolamentare della Amministrazione, introdotto dalla L. n. 127 del 1997 è limitato alla specificazione dei criteri di ripartizione e che tale specificazione, a far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 13, c. 4, della L. n. 140 del 1999, deve coincidere con i criteri previsti dalla contrattazione collettiva decentrata.
L’esame del dato testuale contenuto nelle formulazioni dell’art. 18 della L. n. 109 del 1994 succedetesi nel tempo, consente inoltre di affermare che l’attività di progettazione può essere “premiata” dalla contrattazione collettiva decentrata con l’ attribuzione degli incentivi se e solo se si risolva in un’ “effettiva utilità per l’amministrazione come attività propedeutica alla realizzazione dell’opera pubblica”, quale può essere l’approvazione di un progetto esecutivo dell’opera pubblica.
In tal senso, le prospettazioni del ricorrente, secondo cui la norma di cui all’art. 18, affermerebbe un vero e proprio diritto soggettivo di natura retributiva spettante ai dipendenti, a nulla rilevando che detti diritti risultino indeterminati quantitativamente fino alla specificazione con regolamento delle modalità di ripartizione del fondo, non sono condivisibili.
Al contrario, il dato letterale e sistematico delle diverse formulazioni dell’art. 18, attesta che l’incentivo può essere attribuito solo se previsto dalla contrattazione collettiva decentrata e se sia stato adottato l’atto regolamentare dell’Amministrazione volto alla precisazione dei criteri di dettaglio per la ripartizione delle risorse finanziarie confluite nel Fondo e solo a condizione che l’attività di progettazione sia arrivata in una fase avanzata, perché sono intervenuti un progetto esecutivo approvato ed un’opera da realizzare.
Siffatti presupposti non ricorrono nella fattispecie in esame in cui risulta che il regolamento è stato adottato solo in epoca successiva alle rivendicazioni del ricorrente e dove, nel medesimo periodo, non risultano esistenti di clausole della contrattazione integrativa disciplinanti la materia dell’incentivo previsto dall’art. 18 della L. n. 109 del 1994.
Peraltro, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, la necessità del regolamento per il diritto agli incentivi è stata affermata anche nella sentenza n. 13384 del 2004, la quale, in assenza di regolamento, non ha affatto riconosciuto il diritto all’incentivo, ma solo il risarcimento del danno per inottemperanza all’obbligo di adozione del Regolamento da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice.
E’, poi, escluso che, in difetto di disposizioni di fonte pattizia collettiva, il giudice avrebbe potuto liquidare in via equitativa il compenso retributivo accessorio domandato, ostandovi il principio di riserva alla contrattazione collettiva richiamato al c. 1 dell’art. 49 del D. Lgs n. 165 del 2001 e riaffermato nel c. 1 dell’art. 45 del medesimo decreto.
Da ultimo, circa la dichiarata inammissibilità, per novità, della domanda risarcitoria fondata sul dedotto inadempimento da parte del Consorzio dell’obbligo di adottare il Regolamento, il collegio ribadisce il principio secondo cui la parte che impugna una sentenza con ricorso per cassazione per omessa pronuncia su di una domanda, ha l’onere, a pena di inammissibilità per genericità del motivo, di specificare quale sia il “chiesto” al giudice del gravame sul quale questi non si sarebbe pronunciato, non potendosi limitare ad un mero rinvio all’atto di appello, atteso che la Corte di Cassazione non è tenuta a ricercare, al di fuori del contesto del ricorso, le ragioni che dovrebbero sostenerlo, ma può accertarne il riscontro in atti processuali al di fuori del ricorso, sempre che tali ragioni siano state specificamente formulate nello stesso ( Cass. 5538/2016, 17049/2015, 14561/2012).
Da ultimo, la censura che addebita vizi motivazionali alla sentenza nella parte in cui ha affermato la inammissibilità, per novità, della domanda volta all’accertamento dell’inadempimento del Consorzio è infondata in quanto il ricorrente non specifica quale sia il fatto controverso rispetto al quale si sarebbe consumato il vizio di omessa motivazione. Tenta, invece, di far refluire la domanda risarcitoria nell’ambito della violazione dell’art. 18 della L. n. 109 del 1994, asserendo che alla “valutazione di insussistenza del diritto al pagamento dell’incentivo per mancata integrazione della fattispecie dell’art. 18 legge Merloni, la Corte territoriale avrebbe dovuto far seguire la delibazione della domanda alla luce del titolo risarcitorio per comportamento colposo che il ricorrente aveva esplicitato in primo grado e riproposto in appello”. Affermazione questa che contrasta con il principio dispositivo che regola il processo civile (art. 112 c.p.c.).