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Sulla costituzione della garanzia definitiva mediante assegno circolare4 min read

Nelle gare pubbliche, la costituzione della cauzione può avvenire mediante assegno circolare in quanto mezzo ordinario di pagamento delle obbligazioni pecuniarie che integra il versamento in contanti.

Tar Napoli, sez. V, sentenza 8 marzo 2017, n. 1359 [1], Presidente Scudeller, Estensore Marotta

A margine

Nella vicenda, una società viene dichiarata aggiudicataria della fornitura del servizio di “personale di sala” per un festival teatrale di durata mensile nell’ambito di una gara indetta da una fondazione pubblica.

Tuttavia, durante l’esecuzione del servizio, la fondazione dispone la decadenza dell’affidamento e la revoca della aggiudicazione, avendo l’aggiudicataria presentato la cauzione definitiva mediante deposito di un assegno circolare non trasferibile e non nelle forme richieste dall’art. 103 del d.lgs. n. 50/2016 [2]. Parallelamente è disposto il subentro nel contratto, per la parte non ancora eseguita, di altra ditta.

Pertanto l’impresa ricorre al Tar chiedendo, oltre all’annullamento del provvedimento di decadenza, anche il risarcimento dei danni subiti.

La stazione appaltante e la ditta controinteressata si costituiscono in giudizio.

Il Tar ritiene il ricorso fondato affermando che le ragioni alla base della decadenza/revoca dell’aggiudicazione non sono compatibili con la normativa vigente in ordine alle modalità di costituzione della cauzione definitiva.

In proposito si ricorda che l’art. 103 del d.lgs. n. 50/2016 [2]dispone che: “L’appaltatore per la sottoscrizione del contratto deve costituire una garanzia, denominata “garanzia definitiva” a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione con le modalità di cui all’articolo 93, commi 2 e 3, pari al 10 per cento dell’importo contrattuale e tale obbligazione è indicata negli atti e documenti a base di affidamento di lavori, di servizi e di forniture”.

Lo stesso legislatore, dunque, prevede, in alternativa alla presentazione di fideiussione con le modalità di cui all’art. 93, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 50/2016 [2], la possibilità di costituire la garanzia definitiva mediante cauzione ossia mediante il deposito di una somma di denaro a garanzia della corretta esecuzione delle obbligazioni assunte con il contratto d’appalto.

Sul punto il giudice richiama, tuttavia, il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, nelle gare pubbliche, per la prestazione della cauzione, è legittima la presentazione di un assegno circolare in quanto mezzo ordinario di pagamento delle obbligazioni pecuniarie che integra il versamento in contanti di quanto dovuto (Consiglio di Stato, sez. V, 7 dicembre 2015, n. 5554 [3]).

Lo stesso vale anche per la cauzione provvisoria che costituisce parte integrante dell’offerta e ha la finalità di garantire la serietà della partecipazione alla gara e l’adempimento dell’impegno a contrattare in caso di aggiudicazione, la cui funzione è assicurata, oltre che dalla quietanza rilasciata da una Tesoreria provinciale dello Stato, da una polizza assicurativa o da una fideiussione bancaria, anche dalla presentazione di un assegno circolare che, a differenza dell’assegno bancario, costituisce un ordinario strumento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, in tutto e per tutto equivalente al versamento in contanti delle somme dovute (Consiglio di Stato, sez. V, 21 giugno 2013, n. 3398 [4]).

Del resto, anche  le Sezioni unite della Corte di Cassazione, in esito ad un’interpretazione evolutiva, costituzionalmente orientata dell’art. 1277 c.c. [5], hanno avuto modo di precisare che “se il debitore paga con assegno circolare o con altro sistema che assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta, il creditore può rifiutare il pagamento solo per giustificato motivo che deve allegare ed all’occorrenza anche provare”, evidenziando che l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria va inteso non come atto materiale di consegna della moneta contante, bensì come prestazione diretta all’estinzione del debito, nella quale le parti debbono collaborare, osservando un comportamento da valutare, per il creditore, secondo la regola della correttezza e, per il debitore, secondo la regola della diligenza (Corte di Cassazione, Sezioni unite, sentenza 18 dicembre 2007, n. 22617).

Pertanto, nel caso di specie, attesa l’equiparazione dell’assegno circolare al versamento in contanti, il collegio non condivide l’operato della stazione appaltante e accoglie la domanda di annullamento della ricorrente.

Circa il risarcimento del danno conseguente alla revoca, il Tar riconosce il “lucro cessante” in quanto, per pacifica giurisprudenza, nel caso di revoca illegittima dell’aggiudicazione, il bene della vita per il quale si chiede tutela risarcitoria per equivalente è quello finalizzato a mantenere in atto l’aggiudicazione previamente conseguita, ovvero l’ottenimento degli utili derivanti dall’esecuzione dell’appalto (cfr. Tar Lazio, Roma, n. 4760/2016 [6]).

Con riguardo alla sua quantificazione, secondo una parte della giurisprudenza, il danno da lucro cessante può essere risarcito riconoscendo la spettanza dell’utile d’impresa nella misura del 10% dell’offerta, in base al criterio di cui all’art. 345, l. n. 2248/1865, all. F.

Tuttavia, tale voce di danno deve essere sostenuta da adeguata prova in ordine all’impossibilità per l’impresa ricorrente di utilizzare i mezzi e la manodopera lasciati disponibili per altri lavori, ben potendosi inferire, in assenza di una simile prova, che l’impresa stessa abbia riutilizzato mezzi e manodopera per l’esecuzione di altri appalti, riducendo in parte la propria perdita di utilità; laddove tale prova non sia stata fornita, il risarcimento può essere ridotto in via equitativa del 50 %, per così ragguagliarsi al 5 % dell’importo offerto in gara (cfr. Tar Campania, Napoli, n. 3505/2010 [7]).

Nel caso in esame, in assenza di prove da parte della ricorrente e tenendo conto che l’appalto è stato parzialmente eseguito, all’impresa va riconosciuto, in via equitativa, a titolo di lucro cessante per il periodo residuo dell’appalto, il ristoro del 5% della metà dell’importo offerto in sede di gara, salva e impregiudicata la possibilità di ottenere il compenso per le prestazioni già eseguite per cui la stazione appaltante si è già impegnata.

di Simonetta Fabris