IN POCHE PAROLE…
E’ legittimo conferire ad un dipendente collocato in quiescenza un incarico professionale di supporto al RUP (o attinente ai servizi tecnici), a certe condizioni.
ANAC – parere n. 2582 del 2 luglio 2025
Il quesito
Un comune chiede all’ANAC un parere in merito alla legittimità o meno dell’affidamento di un incarico professionale di supporto al Responsabile unico del procedimento (RUP), ex art. 15 e dell’all. I.2. del codice dei contratti pubblici , a un ex dipendente collocato in pensione che ha ricoperto nello stesso ente l’incarico di responsabile del settore lavori pubblici ai sensi dell’art. 110 del TUEL.
L’Autorità, con il parere annotato, ritiene che, a certe condizioni, non sussistano cause ostative. Precisa, però, che la risposta viene formulata a solo a titolo di esclusiva collaborazione istituzionale, in quanto la competenza generale in materia è del Dipartimento della Funzione Pubblica, cui compete, in via esclusiva, la funzione di indirizzo e coordinamento delle politiche del personale della pubblica amministrazione.
Il parere
L’ANAC ribadisce che l’attività di supporto esterno al RUP, finalizzata a colmare la mancanza di competenze e professionalità interne all’amministrazione, è da considerarsi prestazione professionale autonoma (cfr. delibere ANAC n. 630 del 15.9.2021; n. 326 del 13.7.2022; n. 207 del 13.3.2019; n. 161 del 30.3.2022; n. 676 del 6.10.2021).
Pertanto, trattandosi di una prestazione di natura professionale autonoma, esclude che il suddetto incarico possa rientrare in una situazioni delle tipologie soggette alle limitazioni previste dal d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 per chi abbia già ricoperto ruoli dirigenziali o direttivi all’interno del medesimo ente.
Ugualmente, per l’ANAC non si configura neppure l’ipotesi di pantouflage (revolving door), come disciplinata dall’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che presuppone il passaggio dal settore pubblico a quello privato, circostanza che non si configura nella specie, in quanto l’incarico verrebbe svolto nella stessa amministrazione pubblica di provenienza.
L’ANAC, inoltre, ritiene che non sia applicabile nella specie il divieto contenuto nell’art. 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla L. n. 135/2012, e successive modificazioni, secondo cui le pubbliche amministrazioni non possono conferire determinati incarichi retribuiti a lavoratori in quiescenza, pubblici o privati. Questo in quanto tale divieto è limitato, in via tassativa, a “incarichi di studio e consulenza”, “incarichi dirigenziali o direttivi” e “cariche in organi di governo“, salve specifiche eccezioni, come confermato anche dal Dipartimento della Funzione Pubblica, secondo cui “un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale” (circolare n. 6 del 4 dicembre 2014, come poi integrata con circolare 10 novembre 2015, n. 4; leggi in questa Rivista “Incarichi a soggetti in quiescenza: la nuova Circolare della Funzione pubblica).
Ne consegue che l’ambito di applicazione del divieto va determinato non in base alla forma giuridica dell’incarico, ma all’effettivo contenuto delle prestazioni richieste. In altri termini, la pubblica amministrazione deve verificare, caso per caso, quale sia la natura effettiva dell’incarico, esaminando se le prestazione richieste all’affidatario del supporto (ad es. incarichi di formazione, affiancamento, supporto e assistenza), non siano assimilabili a quelli di studio o consulenza, o di dirigenza e direzione vietati dalla legge. Diversamente, l’incarico violerebbe il principio generale di divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza, e/o dirigenziali o direttivi, a soggetti in quiescenza, posto dal su richiamato art. 5, comma 9. del D.L. 95/2012, la cui finalità, evitando l’affidamento di incarichi di responsabilità a dipendenti in quiescenza, è di agevolare il ricambio di personale nelle pubbliche amministrazioni, acquisire nuove leve e ridurre i costi.
A sostegno della su detta interpretazione, l’ANAC richiama un consolidato orientamento della Corte dei conti, secondo cui il divieto non si applica ad attività non rientranti nell’elencazione tassativa della norma e che non comportino lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati, come, ad esempio incarichi di assistenza che non presentino il contenuto tecnico-intellettuale tipico dello studio o della consulenza (ex plurimis, Corte di conti sezioni Basilicata n. 38/2018, Liguria n. 60/2022, Lombardia n. 126/2022, Lazio n. 80/2024).
Inoltre, gli incarichi assegnati non devono configurarsi in contrasto con altre disposizioni limitative, come quella del comma 6 dell’art. 7 del testo unico del pubblico impiego (d.lgs 165/2001), a mente del quale solo “per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria”, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: coerenza con le competenze dell’amministrazione, determinazione di obiettivi specifici e temporanei, non realizzabile con risorse interne, altamente qualificata, di durata limitata e non rinnovabile (salvo proroghe eccezionali); durata, oggetto e compenso stabiliti in anticipo:
Il parere segnala anche due importanti eccezioni legislative al divieto di incarichi a pensionati.
La prima, di natura temporanea, contenuta nell’art. 10, comma 1, del D.L. 30 aprile 2022, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. n. 79/2022, consente, fino al 31 dicembre 2026, il conferimento di incarichi retribuiti a soggetti in quiescenza nell’ambito di interventi finanziati con risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), purché nei limiti delle risorse già stanziate.
La seconda eccezione, prevista dall’art. 11, comma 3, del D.L. 10 agosto 2023, n. 105, convertito dalla legge n. 137/2023, esclude l’applicazione del divieto per gli incarichi di vertice degli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche (vedi sul punto anche ULM_FP-0000938-P- dell’11/10/2023, secondo cui può ” ritenersi riconducibile all’alveo dell’ipotesi derogatoria di cui all’articolo 11, la nomina ex art. 90 TUEL dei soli Capi di Gabinetto, intesi come figure di vertice degli uffici di staff all’interno dei regolamenti interni di organizzazione degli enti locali, a condizione che tra le funzioni allo stesso attribuite non rientrino attività di natura gestionale”).
Conclusioni
In breve, dall’esame dell’atto dell’ANAC risulta che ciò che rileva è la sostanza dell’attività di supporto assegnata, per cui, se l’incarico è operativo, privo di potere decisionale e non implica l’elaborazione autonoma di soluzioni tecniche o strategiche, può essere considerato legittimo anche se conferito a un dipendente pensionato, trattandosi di incarico professionale.
Per l’Autorità non sussistono motivi ostativi di inconferibilità o incompatibilità ai sensi della normativa sulle limitazioni all’affidamento di incarichi nella pubblica amministrazione, se il contenuto dell’attività non si sovrappone, in concreto, a funzioni vietate dalla legge.
Avverte, però, che la valutazione finale spetta comunque all’amministrazione, che, a sua volta, ove lo ritenga opportuno, potrà acquisire un ulteriore parere dal Dipartimento della Funzione Pubblica, il solo organo deputato a fornire indirizzi in materia.
Il parere del 2 luglio 2025, a prescindere dalla sua valenza giuridica, rappresenta un riferimento utile per tutte le amministrazioni pubbliche chiamate a gestire esigenze operative specie in contesti organizzativi elementari, dove l’insufficienza delle risorse umane, l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno per competenze specialistiche, come quelle del RUP, obbliga l’ente ad avvalersi per il supporto di esterni.
Sull’istituto del supporto al RUP, si ricorda che nel Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36/2023), la disciplina del supporto al RUP è articolata in due distinte fattispecie:
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Struttura stabile di supporto (art. 15, comma 6 e art. 3 All. I.2): le stazioni appaltanti possono istituire, anche congiuntamente, una struttura stabile di supporto al RUP, mediante accordi ai sensi dell’art. 15 della l. 241/1990. In tale ambito, possono destinare fino all’1% dell’importo a base di gara per incarichi di assistenza altamente specialistica, in caso di appalti complessi. Questa opzione è discrezionale e finalizzata al miglior esito dell’intervento pubblico.
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Esternalizzazione del supporto (art. 2, comma 3, All. I.2): in via residuale, se il RUP nominato è privo dei requisiti richiesti e mancano risorse interne idonee, le attività di supporto possono essere affidate a soggetti esterni con competenze adeguate, previa verifica dell’indisponibilità interna. Gli affidatari devono essere coperti da assicurazione per responsabilità civile professionale. [1]
Giuseppe Panassidi, avvocato in Verona
[1] Sulla disciplina del supporto al RUP ci sia consentito citare: Giuseppe Panassidi Il RUP: ruolo, funzioni e attività, vecchie e nuove”, in Il RUP e i Responsabili di fase [a cura dello stesso Autore], cap. 2, par. Giappichelli Editore, Torino, 2025.
