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Sulla motivazione dell’affidamento diretto di servizi sotto i 40.000 euro5 min read

Fino all’importo di 40 mila euro – ferma restando la cornice dei principi generali – il legislatore ha ritagliato una specifica disciplina che il Consiglio di Stato ha ritenuto come micro-sistema esaustivo ed autosufficiente che non necessita di particolari formalità e sulla quale i principi generali, richiamati dall’articolo 36, comma 2, lett. a) non determinano particolari limiti.

In tali casi non si pone neppure il problema di coniugare l’affidamento diretto con l’esigenza di una adeguata motivazione.

Tar Molise, sez. I, sentenza 14 settembre 2018, n. 533 [1], Pres. Silvestri, Est. Ciliberti

Il fatto

Un Comune avvia una procedura semplificata per l’affidamento diretto ex art. 36, c. 1, lett. a) del d.lgs. 50/2016 [2] di servizi di raccolta, trasporto e conferimento rifiuti differenziati, pulizia stradale, manutenzione e cura del verde pubblico, manutenzione del cimitero e scavo di fosse per tumulazione, oltre al servizio di trasporto persone, sotto i 40.000,00 euro motivando il mancato ricorso al MEPA a fronte delle “difficoltà nella comparazione dei prezzi e nella tipologia di servizi offerti rispetto a quelli necessari” e al fine di “garantire il celere affidamento del servizio teso alla salvaguardia dell’igiene pubblica”.

In seguito alla richiesta di 4 preventivi viene dichiarata aggiudicataria la ditta che ha offerto il prezzo più basso.

Una ditta non invitata si rivolge al Tar lamentando di non essere stata invitata nonché il mancato espletamento di una gara di appalto aperta al più ampio confronto di offerte, in contrasto coi principi del favor partecipationis, della libera concorrenza, dell’economicità e della trasparenza.

In particolare, la ricorrente ricorda che la giurisprudenza amministrativa e l’ANAC, con le proprie Linee-guida [3], hanno chiarito che l’istituto dell’affidamento diretto non può essere più inteso o considerato come “zona franca” di libertà delle forme e dei modelli di partecipazione, rappresentando, anzi, un settore nel quale la vigilanza deve essere aumentata, anche in ragione del notevole numero di commesse affidate, in Italia, con tali modalità e del conseguente rischio di affidamenti irregolari.

La sentenza

Il Tar ritiene il ricorso infondato ricordando che ai sensi dell’art. 36, comma 1, lett. a) del Codice dei contratti [2], per gli affidamenti di importo inferiore a 40.000 euro, le Amministrazioni possono procedere “mediante affidamento diretto anche senza previa consultazione di due o più operatori economici o per i lavori in amministrazione diretta”, ovvero fare a meno anche del confronto di offerte. La procedura negoziata previa consultazione è invece richiesta per gli importi tra i 40 mila e i 150 mila euro (lett.b).

Il nuovo Codice degli appalti [2] ha interamente riformulato e riscritto i procedimenti contrattuali sotto-soglia comunitaria, introducendo un sistema di procedure negoziate “semplificate”, in sostituzione delle pregresse dinamiche negoziali relative, in particolare, alla fattispecie delle acquisizioni in economia, ormai totalmente espunte dall’ordinamento giuridico.

Per l’affidamento nell’ambito dei 40 mila euro il nuovo Codice muta sostanzialmente la dinamica degli affidamenti diretti rimessi in passato a limitati casi di procedura negoziata già disciplinati dall’articolo 57 del previgente Codice (oggi ribaditi e meglio specificati dall’articolo 63 dell’attuale Codice [2]).

Le Linee-guida ANAC n. 4 del 7 aprile 2018 [3], sugli appalti sotto la soglia comunitaria (aggiornate al correttivo appalti 2017, cioè al D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56) non aggiungono molto al dettato di legge sull’affidatario scelto senza gara.

Peraltro, come chiarito dal parere 12.2.2018 n. 361 del Consiglio di Stato [4], le Linee-guida ANAC [3] sulle procedure sotto-soglia non hanno carattere vincolante, essendo un atto amministrativo generale che, pur perseguendo lo scopo di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, dà ad esse modo di discostarsi dagli indirizzi medesimi.

Conclusioni

Secondo il giudice è evidente che, nel caso di specie, si tratta di un affidamento diretto di servizi che, stante l’importo-base inferiore ai 40 mila euro, avrebbe persino potuto prescindere dal confronto di offerte.

Non si ravvisa alcuna anomalia nel fatto che si tratti di affidamento integrato per servizi analoghi o assimilabili o indipendenti riconducibili ad una categoria aperta di servizi che, per ragioni di economicità, possono essere affidati in blocco con procedura unica, cosiddetta “multiservice” (cfr.: Cons. Stato V, n. 3220/2014; T.a.r. Campania Napoli III, n. 1248/2017).

D’altro canto la motivazione dell’amministrazione per giustificare il mancato ricorso al MEPA è laconica ma non incongrua, poiché in effetti, proprio l’eterogeneità dei servizi avrebbe reso difficoltoso e lento il ricorso a quegli strumenti di acquisto adatti ad approvvigionamenti di beni e servizi con caratteristiche standarizzati.

Pur avendo il Decreto correttivo (D.Lgs. n. 56/2017 [5]) innestato nell’art. 36, comma 1, anche l’obbligo di rispettare, oltre ai principi di cui all’art. 30, i principi di cui agli articoli 34 e 42, i motivi del ricorso non illuminano a sufficienza i dedotti profili di violazione di tali principi, anche perché la procedura seguita appare coerente con il dettato di legge.

E’ infatti evidente che l’affidamento diretto si pone come procedura in deroga rispetto ai principi della concorrenza, non discriminazione e similari che implicano sempre e comunque una procedura competitiva sia pur informale.

Se così è, appare logico pensare che i principi in parola disciplinino l’affidamento e l’esecuzione in termini generali sul presupposto di una procedura ultra-semplificata, nella quale la speditezza dell’acquisizione deve prevalere sul rigido formalismo.

In effetti una procedura competitiva per importi elevati è cosa diversa da una procedura a inviti per assegnare forniture, servizi o lavori di importo contenuto. Fino all’importo dei 40 mila euro – ferma restando la cornice dei principi generali – il legislatore ha ritagliato una specifica disciplina che il Consiglio di Stato (nel parere n. 1903/2016) ha ritenuto come micro-sistema esaustivo ed autosufficiente che non necessita di particolari formalità e sulla quale i principi generali, richiamati dall’articolo 36, comma 2, lett. a) non determinano particolari limiti.

Nel caso in esame si tratta poi di una ipotesi specifica di affidamento diretto diversa ed aggiuntiva dalle ipotesi di procedura negoziata “diretta” prevista nell’articolo 63 del Codice [2] che impone invece una specifica motivazione e che l’assegnazione avvenga in modo perfettamente adesivo alle ipotesi predefinite dal legislatore, di guisa che, nel caso di importi inferiori ai 40 mila euro non si pone neppure il problema di coniugare l’affidamento diretto con l’esigenza di una adeguata motivazione.

Pertanto il ricorso è respinto.

di Simonetta Fabris