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Sulla possibilità o meno di affidare attività legali con il criterio del minor prezzo6 min read

Per l’affidamento di attività legali non è possibile ricorrere al criterio del prezzo più basso applicabile solo a prestazioni ripetitive ovvero standardizzate, non caratterizzanti l’attività legale basata sulla peculiarità e specificità di ciascuna questione, sia essa contenziosa o stragiudiziale.

Tar Lecce, sez. II, sentenza 31 maggio 2017, n. 875 [1], Pres. Di Santo, Est. Lattanzi

A margine

Nella vicenda, varie associazioni di avvocati chiedono al Tar l’annullamento del bando di gara per l’affidamento del servizio giuridico-legale pubblicato da un comune e della relativa proposta di aggiudicazione sostenendo che:

  • la prestazione professionale prevista non rientra nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 50/2016 [2], ma deve ritenersi regolata dagli artt. 7 e 8 del d.lgs. n. 165/2001 [3];
  • anche a voler ammettere l’appalto di servizi legali, non è possibile affidare questi servizi con il criterio del massimo ribasso e senza idonei criteri di selezione e che, in ragione dell’importo a base d’asta, l’affidamento del servizio, essendo sottosoglia, risulta disciplinato dall’art. 95 del Codice che ammette il criterio del minor prezzo solo per i servizi con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato;
  • sussiste una carenza di istruttoria in ordine alla determinazione dell’importo del prezzo a base di gara.

Il Comune, costituito in giudizio, si oppone affermando che con l’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti [2]non si può più applicare l’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001 [3]; che il nuovo codice chiarisce che lo svolgimento di attività giuridico-legale in favore delle amministrazioni configura un appalto di servizi; che le amministrazioni possono scegliere di avviare una vera e propria procedura di gara; che nessuna norma preclude l’utilizzo del criterio del massimo ribasso; che l’art. 95 del codice non può applicarsi al caso in esame posto che è uno dei servizi per i quali trovano applicazione solo gli artt. 140, 142, 143 e 144; che nessuna disposizione impone alla stazione appaltante di prevedere speciali criteri di qualificazione.

Il Tar ritiene infondato il motivo con cui si contesta l’applicazione della disciplina del d.lgs. n. 50/2016 [2].

Il nuovo codice dei contratti ha infatti mantenuto i servizi legali tra gli appalti elencati nell’allegato IX, cui si applica il regime “alleggerito” ex artt. 140 e ss., mentre all’art. 17 ha elencato, tra gli appalti esclusi dall’applicazione del codice, cinque tipologie di servizi legali tra cui quelli di “rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31, e successive modificazioni”.

Nel caso di specie, è pacifico che il bando aveva ad oggetto sia l’affidamento di attività contenziosa, rientrante nel citato art. 17 (il cui affidamento è sottratto al codice dei contratti), sia l’affidamento di attività stragiudiziale rientrante negli appalti di cui al citato allegato IX (da affidare nel rispetto del codice dei contratti e delle altre norme dell’ordinamento applicabili) e non è possibile apprezzare se risulti prevalente l’una o l’altra.

Tuttavia, tale accertamento non è necessario in quanto l’amministrazione ha inteso operare un unico affidamento per entrambe le attività di talché una siffatta scelta non poteva che comportare la necessità della procedura ad evidenza pubblica, quale che fosse l’estensione e il “peso” delle attività stragiudiziali, pena, altrimenti, la violazione delle norme che ne regolano l’affidamento. Peraltro, l’ordinaria sottrazione dell’affidamento del contenzioso alle procedure del codice dei contratti non preclude certo di far ricorso ad esse per propria scelta, non risultando rinvenibile un divieto in tal senso.

Ciò premesso, al fine di individuare le disposizioni applicabili all’affidamento dei servizi legali, il collegio rammenta che, oltre agli artt. 140, 142, 143 e 144, trova applicazione all’appalto de quo anche l’art. 95 d.lgs. n. 50/2016  [2]come rilevato da una condivisibile giurisprudenza, “in virtù dell’esplicito rinvio operato, per tutti gli appalti dei settori speciali, dall’art. 133, I comma, dello stesso Codice (applicabile anche ai servizi specifici di cui all’Allegato IX, per effetto della previsione dell’art. 114, I comma, il quale estende in via generale l’applicabilità della disciplina del Titolo VI – Capo I del Codice, ivi compreso l’art. 133 e le norme da quest’ultimo richiamate, anche ai servizi elencati nell’Allegato IX e menzionati nell’art. 140, I comma)” (Tar Calabria, sez. I, 30 novembre 2016, n. 1186 [4]).

L’art. 95 codice dei contratti pubblici, prevede che “salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici, le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita, conformemente all’articolo 96” (comma 2).

Per il comma 4 “Può essere utilizzato il criterio del minor prezzo: a) per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro, tenuto conto che la rispondenza ai requisiti di qualità è garantita dall’obbligo che la procedura di gara avvenga sulla base del progetto esecutivo; b) per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato; c) per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 35, caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo”.

Dalla norma si evince che il d.lgs. n. 50/2016 [2]ha segnato una netta preferenza per l’applicazione dell’OEPV, relegando il tradizionale criterio del prezzo più basso ad ipotesi tassativamente individuate. Conseguentemente, il criterio dell’OEPV costituisce un principio immanente al sistema che consente l’applicazione del prezzo più basso solo nei casi espressamente previsti.

In tale prospettiva, l’OEPV è certamente più agevolmente coniugabile con il disposto dell’art. 2233, 2° comma, cod. civ. [5], che – nel disciplinare il contratto d’opera intellettuale, cui è pur sempre riconducibile l’attività legale – dispone che “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.

Tali considerazioni dimostrano l’illegittimità della scelta dell’amministrazione di procedere con il criterio del prezzo più basso, atteso che esso non è compatibile con le disposizioni dell’art. 95 del Codice [2] poiché il legislatore ne ha reso possibile l’applicazione solo in presenza di prestazioni ripetitive ovvero standardizzate, connotati questi che certo non possono ritenersi propri della attività legale che si caratterizza, invece, per la peculiarità e specificità di ciascuna questione, sia essa contenziosa o stragiudiziale.

È inoltre fondato il motivo con cui si contestano le modalità con cui l’amministrazione comunale ha determinato l’importo dell’appalto.

Infatti i servizi esclusi dall’ambito di applicazione del Codice [2] sono comunque soggetti ai “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica” ex art. 4, che l’amministrazione, nella determinazione del prezzo, ha omesso di considerare impedendo ai potenziali offerenti la conoscenza di tutte le informazioni necessarie alla formulazione di un’offerta completa ed adeguata.

In particolare, nessuna motivazione è stata fornita in ordine alla congruità del compenso posto a base di gara, e non è stata effettuata alcuna istruttoria per determinare i parametri, quali la tipologia o quantità del contenzioso anche prendendo in considerazione gli anni precedenti.

Pertanto, l’impossibilità di predeterminare il numero e gli importi dei procedimenti contenziosi, nonché la qualità e quantità dell’attività stragiudiziale, preclude qualsiasi serio apprezzamento della congruità dell’importo a base d’asta che, almeno teoricamente, l’amministrazione avrebbe potuto confortare ove avesse fornito dati statistici desunti dall’attività svolta negli anni precedenti.

Ciò posto, il Tar accoglie il ricorso.