Laddove sia azionata in giudizio solo la responsabilità della stazione appaltante per mancata aggiudicazione della gara, non è possibile, una volta esclusa quest’ultima, pronunciarsi su eventuali profili di responsabilità precontrattuale della medesima amministrazione, se non esorbitando dai «limiti della domanda» incorrendo nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ.
Consiglio di Stato, sede giurisdizionale, Sezione V, sentenza 27 marzo 2017, n. 1364, Presidente Saltelli, Estensore Franconiero
A margine
All’esito di una gara per l’affidamento della fornitura di 36 autobus urbani elettrici, in conseguenza dell’impossibilità di procedere alla stipula del contratto a causa del fatto che la ditta fornitrice delle batterie degli autobus ne aveva interrotto la produzione, la stazione appaltante dispone la revoca dell’intervenuta aggiudicazione.
La società seconda classifica chiede quindi al Tar Lazio il risarcimento dei danni subiti in seguito alla mancata aggiudicazione sostenendo che le ragioni della revoca sono in realtà legate all’esito negativo delle prove fatte sul prototipo messo a disposizione dalla ditta aggiudicataria.
Il Tar, con sentenza n. 12941/2009, accoglie la domanda risarcitoria, statuendo che, malgrado l’impossibilità della ricorrente di «aspirare alla aggiudicazione definitiva», sono ristorabili a titolo di responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 cod. civ., le spese di partecipazione alla gara dalla stessa sostenute pari ad € 32.287,29.
Il tutto sul presupposto che la stazione appaltante ha tenuto un contegno sleale, per avere in particolare «omesso di informare» la ricorrente delle vicende successive all’aggiudicazione in favore della controinteressata.
La Stazione appaltante propone dunque appello al Consiglio di Stato per la riforma della condanna risarcitoria.
Il giudice di secondo grado condivide la tesi dell’amministrazione censurando la sentenza del Tar per ultrapetizione ex art. 112 del codice di procedura civile, per avere il tribunale emesso una condanna risarcitoria per responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ. malgrado la società ricorrente avesse domandato solo il ristoro dei danni conseguenti alla mancata aggiudicazione della gara a proprio favore.
In particolare, il collegio non condivide la tesi secondo cui la responsabilità precontrattuale doveva essere comunque ricompresa nelle richieste risarcitorie della ricorrente.
La responsabilità da mancata aggiudicazione è infatti riconducibile al paradigma generale dell’illecito extracontrattuale previsto dall’art. 2043 cod. civ., in cui si inquadra la complessiva tematica del risarcimento dei danni da illegittimità provvedimentale dell’amministrazione.
Attraverso questa forma di responsabilità viene ristorato per equivalente l’utile che il partecipante ad una procedura di affidamento di un contratto pubblico avrebbe ricavato dall’esecuzione del contratto illegittimamente non aggiudicatogli. I presupposti su cui essa si fonda sono dunque dati da un vizio di legittimità occorso nella fase di gara e l’accertamento del diritto del concorrente ad aggiudicarsi la stessa nell’ipotesi in cui tale illegittimità non si fosse verificata (in questo senso, ex multis: Cons. Stato, IV, 23 maggio 2016, n. 2111).
La responsabilità precontrattuale è invece quella forma di soggezione alle conseguenze sancite dall’art. 1337 cod. civ., per condotte contrarie ai canoni di buona fede e correttezza nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, che la più recente evoluzione giurisprudenziale ha ritenuto applicabile anche all’attività contrattuale dell’amministrazione svolta secondo i modelli autoritativi dell’evidenza pubblica e che prescinde dall’accertamento di un’illegittimità provvedimentale, e addirittura dalla prova «dell’eventuale diritto all’aggiudicazione del partecipante».
A differenza della responsabilità da mancata aggiudicazione, la culpa in contrahendo dell’amministrazione costituisce fattispecie nella quale l’elemento soggettivo ha una sua specifica rilevanza, in correlazione con l’ulteriore elemento strutturale del contrapposto affidamento incolpevole del privato in ordine alla positiva conclusione delle trattative prenegoziali. Come precisato dal Consiglio di Stato (sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142), i presupposti di tale responsabilità consistono nell’affidamento ingenerato dal comportamento della stazione appaltante sull’esito positivo e nell’assenza di una giusta causa per l’inattesa interruzione delle trattative.
Affinché possa ritenersi integrata la responsabilità precontrattuale, è necessario che le trattative siano giunte ad uno stadio avanzato ed idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che, inoltre, la controparte pubblica cui si addebita la responsabilità le abbia interrotte senza un giustificato motivo; e infine che pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto (Cons. Stato, III, 15 aprile 2016, n. 1532).
Ulteriori differenze tra le due forme di responsabilità si riscontrano con riguardo ai danni risarcibili.
Mentre per i danni da mancata aggiudicazione sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell’utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all’immagine commerciale della società, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati all’interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative.
Tutto ciò precisato, risulta evidente che non è configurabile alcuna continenza tra le due fattispecie di responsabilità, come invece ritenuto dal Tribunale amministrativo.
Al contrario, le stesse si differenziano notevolmente quanto ai rispettivi presupposti, cosicché laddove sia azionata in giudizio solo la responsabilità per mancata aggiudicazione della gara, non è possibile, una volta esclusa quest’ultima, pronunciarsi su eventuali profili di culpa in contrahendo della medesima amministrazione, se non esorbitando dai «limiti della domanda» richiamati dall’art. 34, comma 1, cod. proc. amm. e dunque incorrendo nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 cod. proc. civ. richiamato dalla Stazione Appaltante. Infatti, in una simile evenienza l’accertamento compiuto dal giudice finisce per riguardare una causa petendi nuova e del tutto diversa da quella fatta valere nel ricorso, con correlato pregiudizio del diritto di difesa della parte pubblica soccombente.
Pertanto la condanna risarcitoria pronunciata dal giudice di primo grado è errata e deve essere riformata.