I documenti che riguardano la proposta di project financing si collocano, nell’ambito dello schema delineato dall’art.183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016, nella fase antecedente alla (eventuale) gara, riguardando il rapporto fra il proponente il progetto e l’amministrazione.

Pertanto il regime di accesso ai documenti dell’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 non è direttamente pertinente ed è ben ravvisabile, considerata la dimensione endoamministrativa in cui il rapporto allo stato si colloca, una posizione qualificata del consigliere che ne legittima l’accesso ai documenti, dovendo peraltro la proposta essere valutata dall’amministrazione ed eventualmente inserita (attraverso il suo progetto di fattibilità) negli strumenti di programmazione e approvata.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 13 agosto 2020, n. 5032, Presidente Saltelli, Estensore Urso

A margine

Un Comune dispone il differimento dell’accesso di un consigliere comunale alla proposta di partenariato pubblico-privato presentata ex art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione al servizio di trasporto pubblico locale a fronte della pendenza dell’istruttoria e della valutazione di fattibilità sulla proposta.

Il Tar Milano, con sentenza n. 2627/2019, respinge il ricorso del consigliere riconoscendo ragioni di riservatezza in relazione ai documenti richiesti.

Pertanto il consigliere si appella al Consiglio di Stato affermando che la proposta di project financing proviene da un Rti capeggiato da società partecipata al 99% del Comune – perciò non è ragionevole ritenere che detta proposta non soddisfi l’interesse pubblico – e che è stata avanzata in pendenza di una (seconda) proroga dell’affidamento del trasporto pubblico locale alla stessa società, sicché sussiste una situazione d’incertezza in ordine alle sorti del trasporto pubblico locale che rende attuale l’interesse del consigliere.

Inoltre, sempre secondo l’appellante, in caso d’approvazione del progetto verrebbe avviata una gara in cui sarebbe legittimamente limitato il diritto d’accesso ex art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016; allo stato, invece, il differimento sine die dell’accesso oppostogli determina un’irragionevole compressione d’una prerogativa strumentale all’esercizio della sua funzione pubblica.

Infine l’appellante si duole dell’omesso esame del motivo con cui aveva dedotto la carenza di una valida ragione di diniego o differimento sine die dell’accesso, non essendo assimilabile il project financing alle altre procedure a evidenza pubblica per le quali vigono i limiti all’accesso di cui all’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016; aggiunge poi che la sua istanza d’accesso era stata proposta dopo lo spirare del termine di tre mesi ex art. 183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016 previsto per la valutazione della fattibilità del progetto e che il consigliere comunale non è soggetto alla previsione dell’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, soggiacendo all’obbligo di segreto tutelato penalmente.

La sentenza

Il Consiglio di Stato ricorda che l’accesso agli atti esercitato dal consigliere comunale ai sensi dell’art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000 ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle sue funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare – con piena cognizione – la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale (Cons. Stato, V, 5 settembre 2014, n. 4525).

Per tali ragioni, da un lato sul consigliere comunale non può gravare (e ciò sin da prima dell’introduzione nell’ordinamento dell’istituto dell’accesso civico generalizzato) alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle sue funzioni; d’altra parte dal termine «utili», contenuto nell’articolo 43 d.lgs. n. 267 del 2000, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei Consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni (Cons. Stato, n. 4525 del 2014, cit.).

L’unico limite all’accesso del consigliere comunale è configurabile, in termini generali, “nell’ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione (Cons. Stato, IV, 12 febbraio 2013, n. 846)” (Cons. Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1298).

Facendo applicazione dei suindicati principi al caso in esame emerge la fondatezza delle doglianze proposte dall’appellante.

Va anzitutto escluso che il mero differimento dell’accesso in quanto tale non possa perciò solo pregiudicare il diritto del consigliere comunale ad accedere agli atti ex art 43 d.lgs. n. 267 del 2000: deriva infatti dal differimento pur sempre una limitazione, benché temporanea, dell’accesso – e, dunque, dell’ostensione di documenti utili all’esercizio delle funzioni consiliari – pregiudizievole per le sue prerogative di consigliere, tanto più nel caso di specie, in cui il differimento non è correlato a un termine certo e perdura ormai da tempo.

Sotto altro profilo, non si pone in coerenza con i principi giurisprudenziali in materia d’accesso del consigliere comunale la motivazione della sentenza impugnata laddove ritiene legittimo il differimento affermando che, in ragione della fase ancora tecnica e preliminare in cui il procedimento di valutazione della proposta versa, “non si configuri” per il consigliere alcuna compressione, in termini giuridicamente rilevanti, delle prerogative connesse all’espletamento del suo mandato.

Come già rilevato, infatti, proprio in quanto funzionale al mandato, l’accesso non richiede una puntuale e specifica motivazione, né tanto meno una dimostrazione delle attività consiliari perseguite e della lesione che ne discenderebbe in caso di limitazione: da un lato non è concepibile un controllo ex ante sull’esercizio del mandato in relazione all’accesso esercitato, dall’altro la prescritta utilità dei documenti non può valere a limitare il diritto d’accesso “poiché tale aggettivo comporta in realtà l’estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l’esercizio delle funzioni” (Cons. Stato, n. 4525 del 2014, cit.; n. 843 del 2013, cit.); né d’altra parte sono state specificamente opposte dalla difesa dell’ente eventuali modalità emulative o inutilmente gravose nell’esercizio dell’accesso che potrebbero valere a giustificarne la limitazione.

Ciò posto, la sola fase ancora preliminare e tecnica di valutazione della proposta del project financing non vale a elidere di per sé la potenziale “utilità” dei documenti per il consigliere istante, stanti i principi già richiamati sulla detta nozione di utilità e il suo significato nella prospettiva delle prerogative consiliari.

Neppure può valere a escludere allo stato l’accesso richiesto il regime speciale previsto dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016.

A prescindere dalle questioni inerenti la circostanza che il diritto esercitato dal consigliere comunale ha altra origine, natura e statuto disciplinare (art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000), è decisivo rilevare come i documenti cui l’appellante ha chiesto di accedere riguardano la proposta di project financing, e perciò si collocano – nell’ambito dello schema delineato dall’art.183, comma 15, d.lgs. n. 50 del 2016 – nella fase antecedente alla (eventuale) gara, riguardando il rapporto fra il proponente il progetto e l’amministrazione: per questo, da un lato il regime dell’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 non è direttamente pertinente rispetto all’accesso controverso, dall’altro è ben ravvisabile – considerata la dimensione endo – amministrativa in cui il rapporto allo stato si colloca – una posizione qualificata del consigliere che ne legittima l’accesso ai documenti, dovendo peraltro la proposta essere valutata dall’amministrazione ed eventualmente inserita (attraverso il suo progetto di fattibilità) negli strumenti di programmazione e approvata (cfr. invece, per la limitazione accessorio degli altri operatori economici in tale fase, Cons. Stato, V, 28 maggio 2009, n. 3319; IV, 26 gennaio 2009, n. 391 e 392).

In siffatto contesto neppure rilevano le ragioni di riservatezza dei documenti oggetto dell’istanza d’accesso dedotte dal RTI e non assumono peraltro di per sé valore a mente della consolidata giurisprudenza secondo cui “il diritto del consigliere comunale ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento delle funzioni non incontra […] alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, in quanto il consigliere è vincolato al segreto d’ufficio” (Cons. Stato, I, 14 marzo 2014, n. 865; V, 11 dicembre 2013, n. 5931); del resto, lo stesso appellante ha dato conto a tal proposito di esser consapevole di “resta[re] vincolato dall’obbligo del segreto”.

Pertanto l’appello è accolto con ordine all’amministrazione di esibire i documenti richiesti dall’appellante relativi alla proposta di partenariato pubblico-privato presentata al Comune dal Rti, nel termine di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza.

di Simonetta Fabris


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