Le norme in tema di appalti di servizi vengono in rilievo quando il professionista sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro autonomo in un servizio (nella fattispecie, legale), da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato.

Per converso, l’attività di difesa e di rappresentanza dell’ente è prestazione d’opera professionale il cui affidamento, pur non soggiacendo all’obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetto ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare.

Tar Campania, Salerno, sez. I, sentenza 11 luglio 2019, n. 1271 – Presidente Riccio, Estensore Maffei

A margine

A seguito dell’affidamento di un incarico di rappresentanza e difesa in giudizio di un Comune innanzi all’AdA e alla Corte dei conti per la durata di 18 mesi con la previsione di un corrispettivo di € 2.365,00 oltre IVA e C.P.A., il Comune revoca l’intera procedura selettiva a fronte dell’intervenuta necessità dell’ente di stabilizzare altro avvocato nonché dell’esigenza di contenere la spesa destinata alla sua difesa in giudizio.

L’avvocato affidatario ricorre pertanto al Tar affermando:

  • la carenza di motivazione del provvedimento di revoca che richiedeva un corredo motivazionale sicuramente più pregnante;
  • l’assenza della comunicazione di inizio del procedimento ex art. 7 della legge 241/1990, e l’assenza dei presupposti richiesti dall’art. 21 quiquies legge cit.;
  • l’omessa pubblicazione della determina di affidamento e di revoca, in violazione dell’art. 29 del Codice dei contratti che impone alla Stazione Appaltante di rendere pubblici, nel rispetto del principio di trasparenza, tutti gli atti e/o provvedimenti relativi alle procedure di gara.

Il ricorrente domanda quindi il risarcimento dei danni provocati dalla mancata stipulazione del contratto, oltre al mancato utile e/o guadagno, alla perdita delle cd. chances ed alla perdita di ulteriori occasioni per stipulare convenzioni vantaggiose con altre amministrazioni, unitamente al mancato arricchimento del proprio curriculum professionale ed alle spese sopportate per la partecipazione alla gara.

La sentenza

Il Tar evidenzia la differenza che intercorre tra appalto di servizi legali e conferimento di singolo incarico di difesa in giudizio.

In particolare, le norme in tema di appalti di servizi vengono in rilievo quando il professionista sia chiamato a organizzare e strutturare una prestazione, altrimenti atteggiantesi a mera prestazione di lavoro autonomo in un servizio (nella fattispecie, legale), da adeguare alle utilità indicate dall’ente, per un determinato arco temporale e per un corrispettivo determinato.

Per converso, l’attività di difesa e di rappresentanza dell’ente è prestazione d’opera professionale il cui affidamento, pur non soggiacendo all’obbligo di espletamento di una procedura comparativa di stampo concorsuale, è soggetto ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione onde rendere possibile la decifrazione della congruità della scelta fiduciaria posta in atto rispetto al bisogno di difesa da appagare.

Il Collegio qualifica quindi la fattispecie in esame alla stregua di appalto di servizi alla luce della predeterminazione sia del corrispettivo che dell’arco temporale di durata, ma anche dell’indicazione di un servizio di consulenza legale avulso dal mero contenzioso in atto e riguardante anche vicende da cui l’ente ritenga possano scaturire future controversie, richiedendosi altresì la presenza del professionista presso la sede dell’ente.

E’ infatti chiara la volontà del Comune di affidare ad un esterno la cura complessiva dei propri interessi giuridici; cura che non si risolve nell’instaurazione di o nella resistenza in singoli giudizi, seppur ripetuti nel tempo, bensì nella valutazione globale e complessiva degli interessi dell’ente, in una visione unitaria che comprende non solo, come è indefettibile, il quomodo della difesa, ma anche l’an di qualsivoglia iniziativa, sia giudiziale che stragiudiziale; nonché l’organizzazione materiale del servizio, che deve essere tale da non risultare sporadica, bensì idonea, per così dire, a consentire all’Amministrazione di affidare all’esterno ogni incombente materiale legato alla tutela giudiziale e stragiudiziale.

Il Tar ritiene quindi legittima la revoca dell’aggiudicazione alla luce della clausola del bando secondo cui “la presentazione dell’offerta non vincola in alcun modo l’amministrazione, riservandosi quest’ultima la possibilità di non procedere all’esecuzione del progetto”. Tale clausola comprende infatti un potere di implicita revoca dell’aggiudicazione, con obbligo di congrua motivazione che illustri la corretta ed esauriente ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.

Nel caso in esame le motivazioni fornite sono state adeguate.

Quanto all’omesso avviso ex art. 7 della legge 241/1990, il collegio ricorda che il vizio comunicativo non inficia la validità dell’atto se per la natura vincolata del provvedimento sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato e, comunque, in caso di provvedimenti discrezionali, se l’Amministrazione dimostra in giudizio che il contenuto del provvedimento, quand’anche la partecipazione vi fosse stata, non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (cfr.: Consiglio di Stato sez. IV, 12/03/2015, n.1279).

Parimenti, alcuna illegittimità può discendere dalle omesse comunicazioni ex art. 29 Codice dei contratti, poiché queste ultime non possono rappresentare un vizio del provvedimento, essendo la comunicazione atto successivo, inidoneo ad inficiare con efficacia retroattiva un provvedimento anteriore, potendo al più incidere sul decorso del termine di impugnativa.

Da ultimo, il Tar respinge anche la richiesta di risarcimento del danno in quanto l’amministrazione non ha posto in essere un comportamento contrario ai canoni di buona fede e correttezza poiché la revoca in esame è intervenuta non appena il Comune ha avuto notizia della circostanza sopravvenuta che le imponeva di rivalutare le sue scelte gestionali, anche in ordine all’utilità del servizio, prima ancora della stipulazione della convenzione, cosicchè nessun stabile e fondato affidamento si è potuto ragionevolmente radicare.

di Simonetta Fabris


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