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Sulle conseguenze delle false dichiarazioni sul MePa3 min read

Nelle procedure di gara pubbliche non opera la teoria del c.d. “falso innocuo” essendo la stessa incompatibile con l’obbligo dichiarativo posto dall’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006.

Tar Lazio, Roma, sez. II, sentenza n. 11286 del 14 novembre 2016 [1], Presidente Savo Amodio, Estensore Martino

A margine

Nel 2015 una società iscritta sulla piattaforma MePa dichiara, in sede di rinnovo delle dichiarazioni sostitutive per il mantenimento dell’abilitazione, l’emissione, nei confronti dell’amministratore unico della società, di un provvedimento penale risalente all’anno 2014 di condanna alla pena di 110,00 € quale ammenda per il reato di cui all’art. 81 c.p. e di cui all’art. 4, comma 7, della l. n. 628 del 1961 [2]come modificata dal d.lgs. n. 758/94 [3].

Dopo aver verificato la mendacità di tale profilo in altra precedente dichiarazione resa, sempre nel 2015, dall’impresa, Consip dispone la revoca dell’abilitazione nonché l’esclusione della società da una gara d’appalto.

L’impresa ricorre quindi al Tar richiamando la lievità della condanna riportata nonché l’incidenza minima se non nulla della stessa sulla propria affidabilità morale e professionale ritenendo pertanto sproporzionato il provvedimento di revoca dell’abilitazione.

Ad avviso del giudice amministrativo, nelle procedure di gara, non può operare la teoria del “falso innocuo” essendo la stessa incompatibile con l’obbligo dichiarativo posto dall’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006 [4].

Pertanto, l’omissione e/o la falsa attestazione circa l’esistenza di precedenti penali, comporta senz’altro l’esclusione dalla gara in quanto viene impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità ed il provvedimento di revoca è da ritenere legittimo ai sensi dell’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 [5] atteso che l’amministratore della società ha attestato, contrariamente al vero, che, nei suoi confronti “non sono state pronunciate sentenze penali di condanna passate in giudicato o decreti penali di condanna divenuti irrevocabili o sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. [6] o condanne per le quali si sia beneficiato delle non menzione”.

In tal senso, si è espressa anche l’ANAC (determinazione n. 1 dell’8 gennaio 2015 [7]), secondo cui, se l’omessa indicazione delle sentenze di condanna riportate avviene secondo modalità che integrino gli estremi di una dichiarazione negativa del concorrente (perché dichiara espressamente di non averne riportate), laddove, invece, le stesse sussistano, la fattispecie integra gli estremi del falso in gara con tutte le implicazioni in termini di non sanabilità della dichiarazione resa (perché la stessa non sarebbe semplicemente mancante ovvero carente ma non corrispondente al vero) e conseguente esclusione del concorrente dalla gara nonché segnalazione del caso all’Autorità.

Diversamente, se la dichiarazione relativa alla presenza delle sentenze di condanna è completamente omessa, ovvero se si dichiara di averne riportate senza indicarle, può essere richiesto rispettivamente di produrla o di indicare le singole sentenze riportate. Pertanto ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter del Codice [4], ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell’art. 38 ed alla comunicazione del caso all’Autorità per l’applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, del Codice [4]).

di Simonetta Fabris