IN POCHE PAROLE …

Col nuovo codice dei contratti, la caducazione della procedura deve trovare sempre una solida motivazione.

Tar Sicilia, Catania, Sez. I, sentenza n. 3683 del 23 ottobre 2024 Presidente e relatore Savasta

Il caso

Il caso riguarda l’intervenuta revoca dell’aggiudicazione provvisoria di un appalto per la somministrazione di carrelli di emergenza di un’Azienda sanitaria.

Nelle lettere di invito viene rilevata la presenza di una clausola nulla, in base alla quale, nell’ipotesi in cui il numero di offerte valide fosse stato = > 5, si sarebbe dovuto procedere all’esclusione automatica ai sensi dell’art. 54 del Codice dei contratti.

In un primo momento, la Stazione appaltante considera questa clausola come contra legem (applicandosi soltanto ad appalti di lavori e servizi e non a quelli di fornitura), da disapplicare senza particolari strumenti correttivi, essendo affetta da nullità, o come mera irregolarità, rettificabile con la semplice correzione dell’errore materiale.

La Commissione di gara, tuttavia, procede col ritiro in autotutela della procedura di gara, ai sensi dell’art. 21 – nonies della l. 241/90, a fronte di “… ragioni di salvaguardia del pubblico interesse tali da rendere inopportuna la prosecuzione della gara di che trattasi”.

L’impresa aggiudicataria impugna il ritiro lamentando in particolare che:

  1. risulterebbe omessa la comunicazione di avvio del procedimento di revoca; non sarebbe stato instaurato, ex ante, alcun contraddittorio, sebbene la ricorrente fosse titolare di una posizione rilevante e differenziata, determinata dall’aggiudicazione provvisoria;
  2. la revoca sarebbe illegittima nel merito, in quanto adottata in assenza dei presupposti di legge e viziata da grave carenza di motivazione.
    La procedura risulta infatti annullata sulla base di una clausola inserita per errore nelle lettere di invito, che avrebbe dovuto considerarsi nulla, poiché prevedeva una causa di esclusione ulteriore rispetto a quelle tassativamente previste dalla legge.
    L’Azienda sanitaria avrebbe dovuto semplicemente disapplicarla, senza revocare l’intera procedura, tenuto conto che l’art. 10 del nuovo Codice degli appalti, riprendendo l’art. 83, co. 8, del d.lgs. n.  50/2016, stabilisce che i bandi e disciplinari non possono apporre nuove cause di esclusione diverse da quelle previste dalla legge e che “le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”;
  3. per l’attivazione del potere discrezionale di revoca della P.A., devono sussistere delle ragioni che possano compromettere la salvaguardia di uno specifico pubblico interesse, nel caso di specie soltanto genericamente rappresentato;
  4. nella documentazione di gara è stata prevista la facoltà di non procedere ad alcuna aggiudicazione, anche quando siano state osservate tutte le norme, qualora non fossero più sussistenti le finalità operative poste a base dell’acquisto o venissero meno le fonti di finanziamento, circostanza, questa, non avveratasi e, comunque, non posta a fondamento della revoca.

La sentenza

Il primo luogo, il Tar osserva che il provvedimento di revoca adottato dalla Commissione è stato fatto proprio dalla Stazione appaltante, la quale ha ribadito che “La previsione dell’applicazione dell’esclusione automatica … rende inopportuna la prosecuzione della procedura di gara, a garanzia della par condicio fra gli operatori economici partecipanti alla procedura di gara”.

In secondo luogo, sul fronte del lamentato difetto di motivazione circa la mancata considerazione dell’interesse pubblico sotteso alla revoca, il Tar evidenzia che:

a) in base al vecchio Codice, la fase provvisoria, rilevante nel caso di specie, giustificava una motivazione attenuata, relativa anche alla mera inopportunità di completare la procedura.

Tant’è che, per la pregressa giurisprudenza:

  • la decisione della PA di procedere alla revoca dell’aggiudicazione provvisoria non era da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell’aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vantava solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento;
  • ciò attenuava l’onere motivazionale, anche con riferimento all’indicazione dell’interesse pubblico giustificativo dell’atto di ritiro (Cons. Stato, Sez. III, 6/8/2019, n. 5597; Cons. Stato, Sez. V, 11/10/2018, n. 5863; Tar Lazio, Roma, Sez. III quater, 11/3/2020, n. 3142, e Tar Brescia, 07.12.2020, n. 86).
  • la comunicazione di avvio del procedimento non era obbligatoria per la revoca dell’aggiudicazione provvisoria (Cons. Stato, sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5834), trattandosi di atto endoprocedimentale che si inseriva nell’ambito del procedimento di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo.

In sostanza, in passato, si riteneva che, fino a quando non fosse intervenuta l’aggiudicazione definitiva, l’amministrazione potesse disporre la revoca del bando e degli atti successivi, in presenza concreti motivi di interesse pubblico, tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara (Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2013, n. 2418; in termini, Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 67).

b) lo scenario è cambiato con l’avvento del d.lgs. n. 36/2023, il quale, agli articoli 90 e 5:

  • impone alle S.A. di comunicare, entro 5 giorni dall’adozione, la decisione di non aggiudicare un appalto;
  • prevede un obbligo di motivazione espressa, senza alcuna attenuazione, anche nella fase antecedente alla aggiudicazione;
  • fissa degli obblighi di comportamento, sia da parte delle stazioni appaltanti che degli operatori economici, ispirati ai principi di buona fede e di tutela dell’affidamento;
  • specifica che, anche prima dell’aggiudicazione, sussiste un affidamento dell’operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede;
  • precisa che, in caso di aggiudicazione annullata in autotutela, l’affidamento non si considera incolpevole se l’illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti.

Ne deriva che, in base al nuovo Codice, la caducazione della procedura deve trovare sempre una solida motivazione, anche nei confronti del partecipante la cui offerta, seppur in via provvisoria, è stata ritenuta la migliore.

A questo va ad aggiungersi l’onere, per la Stazione appaltante, derivante dai principi della fiducia e del risultato, di indicare, in qualunque fase, le motivazioni che ne determinano l’operato, ancor più in caso di annullamento di una procedura avviata, senza caducarla definitivamente, ma riproponendola emendando eventuali errori procedurali.

Conclusioni

Nel caso di specie, la motivazione alla base del ritiro appare non solo generica, ma anche non pertinente, posto che l’unica concreta giustificazione a fondamento degli atti impugnati consiste in un asserito vulnus alla par condicio tra i vari operatori.

Pertanto, in ragione del mancato preavviso e della non pertinente motivazione, il Tar annulla i provvedimenti impugnati, non potendosi legittimamente giustificare la caducazione della gara e dell’aggiudicazione provvisoria.

dott.ssa Stefania Fabris, EQ ente locale 


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