IN POCHE PAROLE….

Il privato ha titolo di pretendere che l’Amministrazione provveda alla conclusione della procedura di gara.


Tar Molise, Campobasso, sez. I, sentenza 7 dicembre 2021, n. 420Pres. Gaviano, Est. Avino


Il privato ha titolo di pretendere che l’Amministrazione provveda alla conclusione della procedura di gara.

La pretesa del privato alla conclusione della procedura si fonda tanto sulle previsioni di cui agli artt. 2 della L n. 241/90 e 119 – 120 del D.Lgs. n. 104/2010, quanto delle norme settoriali contenute nel Codice dei Contratti e nella normativa emergenziale.

A margine

Una impresa concorrente ricorre contro il silenzio serbato da una CUC sulla sua istanza volta ad ottenere la conclusione di una procedura di gara, ex art. 60 del D.Lgs. n. 50/2016, per l’affidamento di un servizio di pulizia.

In particolare, l’impresa lamenta che, dopo l’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa, la CUC non avrebbe ancora provveduto alla sostituzione di due membri della commissione giudicatrice resisi dimissionari determinando un’inerzia ingiustificata nella prosecuzione della procedura.

Per contro, la centrale di committenza incaricata, addebita la circostanza all’amministrazione committente la quale, nonostante plurimi solleciti, non avrebbe ancora proceduto ad individuare la rosa di commissari necessaria per procedere alla sostituzione di quelli dimissionari.

La tesi della ricorrente è che la CUC avrebbe violato l’obbligo di concludere una procedura non solo risalente nel tempo (essendo stata indetta nel 2017), ma soprattutto mai revocata: obbligo che discenderebbe dalle previsioni normative vigenti, volte anche a dar tutela all’affidamento del privato ingenerato dall’avvio della procedura.

Peraltro sarebbe evidente, trattandosi di gara da aggiudicarsi attraverso sistemi centralizzati, la competenza in capo alla CUC tanto a procedere alla sostituzione dei commissari, quanto alla conclusione del procedimento, a nulla rilevando l’inerzia dell’amministrazione appaltante.

La sentenza

Il Tar accoglie il ricorso affermando la sussistenza, nel privato, della pretesa a che l’Amministrazione provveda alla conclusione della procedura alla luce tanto delle previsioni generali di cui agli artt. 2 della L n. 241/90 e 119 – 120 del D.Lgs. n. 104/2010, quanto delle norme settoriali contenute nel Codice dei Contratti, nella normativa emergenziale di ultima promulgazione e in quella che regola i rapporti tra la CUC regionale e i soggetti con questo convenzionati.

Si aggiunga che ai sensi dell’art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016 sussiste l’obbligo, per la Stazione Appaltante, di informare tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente “delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione”.

Il Legislatore ha così esplicitato un ampio ventaglio di decisioni che la Stazione appaltante potrebbe prendere nell’esercizio della propria discrezionalità: ma tra queste non figura né l’inerzia, né tantomeno l’arresto sine die dell’iter procedimentale, entrambi lesivi dell’interesse dei partecipanti ad avere conoscenza della definizione del procedimento di gara (sia esso approdato all’esito naturale della sua aggiudicazione, ovvero a una decisione di segno diametralmente opposto).

Sotto quest’aspetto non può nemmeno passare sotto traccia il rilievo che l’obbligo di concludere il procedimento mediante una decisione espressa risulta strumentale anche all’eventuale proposizione del rimedio giurisdizionale (artt. 120 e ss. del cod.proc.amm).

A riprova della sussistenza dell’obbligo giuridico a provvedere vale anche la legislazione lato sensu emergenziale da ultimo promulgata, la quale ha previsto che nelle procedure di gara ancora in itinere, disciplinate dal D.Lgs. n. 50/2016, le Stazioni Appaltanti provvedano all’adozione dell’eventuale provvedimento di aggiudicazione entro la data del 31 dicembre 2020 (art. 8, comma 2, del D.L. n. 76/2020, conv nella L. n. 120/2020).

Sulla scorta di queste coordinate ermeneutiche può quindi senz’altro accertarsi la sussistenza dell’obbligo di concludere il procedimento di gara con un provvedimento espresso.

Tale obbligo, inoltre, deve essere chiaramente ascritto alla Centrale Unica di Committenza la quale sembra invece essersi totalmente arrestata di fronte all’inerzia dell’amministrazione, senza nemmeno sperimentare la fattibilità della sostituzione dei membri dimissionari con altri soggetti provvisti delle richieste competenze.

Infatti, alla luce del regolamento regionale relativo ai criteri di nomina dei componenti delle commissioni giudicatrici interne, la sostituzione in concreto dei commissari dimissionari poteva giovarsi di un ampio ventaglio di opzioni, le quali avrebbero potuto supplire, se del caso, sia alla (peraltro indimostrata) carenza di specifiche professionalità in seno all’albo interno alla Regione, sia all’eventuale inerzia nel provvedere delle pubbliche Amministrazioni (eventualmente) interpellate de residuo.

Peraltro, dalla resistente non viene offerta alcuna giustificazione normativa della presunta necessità di reperire le professionalità mancanti avvalendosi indefettibilmente di soggetti indicati dall’amministrazione. Si fa riferimento, piuttosto, solo ad una sorta di uso interno o mera prassi, i quali però non potrebbero comunque prevalere sulla norma regolamentare (art. 1 disp. prel. al cod. civ.).

E se è vero che l’amministrazione è l’Ente destinatario del servizio, è però altrettanto vero che la mancata sostituzione dei membri della commissione divenuti indisponibili è ascrivibile unicamente alla responsabilità della CUC sulla quale gravava il compito di provvedere.

Tale compito non è, peraltro, cessato nemmeno a seguito dell’affermazione che l’amministrazione appaltante starebbe valutando se aderire all’accordo-quadro CONSIP per la fornitura del servizio in esame. Infatti, come ha evidenziato l’Avvocatura dello Stato, l’Azienda sanitaria non ha più comunicato disposizioni al riguardo e pertanto, in assenza di concrete decisioni sfocianti nell’assunzione di atti di autotutela, l’inerzia dell’Amministrazione regionale si conferma ingiustificata.

di Simonetta Fabris


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