IN POCHE PAROLE…

La determinazione di annullare in autotutela le procedure di gara PNRR, bandite in proprio, da Comune non capoluogo di provincia, risulta corretta essendo le stesse palesemente illegittime per contrasto con norme di legge e comportando il rischio della perdita dei finanziamenti.

Tar Milano, sez, IV,sentenza 23 gennaio 2023, n. 212 – Pres. Nunziata, Est. De Vita

Nelle gare pubbliche, la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca [o all’annullamento] dell’aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado, atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vanta solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento.

L’assenza di una posizione di affidamento in capo all’aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l’onere motivazionale facente carico alla Pubblica amministrazione, in occasione del ritiro dell’aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell’interesse pubblico giustificativo dell’atto di ritiro.

A margine

Il caso –  Un Comune non capoluogo di provincia annulla in autotutela gli atti relativi ad una gara, da esso bandita, per l’affidamento di alcuni lavori di adeguamento di una Scuola finanziati con contributi statali confluiti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a fronte dell’obbligo, per le procedure connesse al PNRR, nei Comuni beneficiari non capoluoghi di Provincia, di ricorrere a una Centrale unica di committenza o a un soggetto aggregatore.

L’unica impresa partecipante alla predetta gara ricorre dunque al Tar evidenziando da un lato che il Comune non avrebbe rappresentato che la procedura riguardava interventi finanziati con le risorse previste dal P.N.R.R. e, dall’altro, che il predetto atto di autotutela si porrebbe in contrasto con la pronuncia cautelare n. 1151/2022, non avendo l’Amministrazione fornito una plausibile motivazione ostativa all’aggiudicazione della gara all’unico concorrente partecipante, non potendosi reiterare indefinitamente i dinieghi del provvedimento favorevole nei confronti della parte privata, in violazione dei principi del “one shot temperato” e di buona fede e di affidamento e senza nemmeno rispettare i rigorosi requisiti richiesti per l’esercizio dell’autotutela dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e dal precedente art. 10 bis, nelle versioni attualmente vigenti.

La sentenza

Il Tar respinge il ricorso evidenziando che il provvedimento di autotutela con cui è stata annullata la procedura di gara SINTEL, risulta motivato con il mancato allineamento della stessa rispetto alle indicazioni derivanti dal Comunicato del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno del 17 dicembre 2021, che ha precisato che i lavori oggetto della gara avviata (anche) dal Comune, relativi alla messa in sicurezza degli edifici, sono stati finanziati con contributi che sono confluiti nel Piano Nazionale Ripresa e Resilienza.

Dall’art. 52, comma 1.2, del decreto legge n. 77 del 2021, convertito con legge n. 108 del 2021 – emerge che per gli appalti superiori alle soglie di cui all’art. 37, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 50 del 2016, banditi da Comuni non capoluogo di Provincia, al cui novero appartiene anche il Comune resistente, è necessario ricorrere a una centrale di committenza, a una stazione unica appaltante, o a strutture simili, non potendo tali Enti procedere in autonomia alla celebrazione della gara.

Tale regime deve applicarsi ai Comuni beneficiari che hanno avviato procedure di affidamento successivamente alla data di pubblicazione in G.U. del Decreto Ministeriale del 24 settembre 2021 (cfr. il citato Comunicato ministeriale del 17 dicembre 2021).

Ne discende che le gare indette dal Comune resistente in data 26 luglio e 19 agosto 2022 sono state avviate allorquando non risultava più possibile per il predetto Comune bandire in autonomia le richiamate procedure, essendo cogente l’obbligo di rivolgersi a una Centrale di committenza o a un soggetto idoneo, secondo la normativa in precedenza indicata.

Alla luce delle suesposte premesse risulta corretta la determinazione di annullare in autotutela le procedure bandite in proprio, essendo le stesse palesemente illegittime per contrasto con norme di legge e comportando il rischio della perdita dei finanziamenti (sulla legittimità della revoca di una precedente gara di appalto al fine di rinnovare la procedura per fruire dei fondi P.N.R.R. cfr. T.A.R. Campania, Napoli, I, 1° dicembre 2022, n. 7512).

L’intervento in autotutela ha peraltro avuto a oggetto delle procedure concorsuali non ancora aggiudicate in via definitiva, con la conseguenza che nessuna posizione di affidamento qualificato sussisteva in capo alla parte ricorrente e nessun obbligo di comunicare l’avvio del procedimento di annullamento incombeva sull’Amministrazione procedente (cfr. Consiglio di Stato, V, 11 gennaio 2022, n. 202; T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 25 maggio 2021, n. 1085).

Del resto, la procedura di gara si conclude solo con l’aggiudicazione definitiva e, pur restando ancora salva la facoltà per la Stazione appaltante di manifestare il proprio ripensamento – in questo caso secondo le forme proprie dell’autotutela decisoria – per contro, prima di questo momento, l’Amministrazione resta libera di intervenire sugli atti di gara con manifestazioni di volontà di segno opposto a quello precedentemente espresso senza dovere sottostare a dette forme (cfr. Consiglio di Stato, V, 4 gennaio 2019, n. 107).

Ad abundantiam, va altresì rilevato che sussiste per l’Amministrazione la possibilità di intervenire in autotutela perfino dopo l’aggiudicazione della gara e la stipulazione del contratto (cfr. Consiglio di Stato, V, 27 gennaio 2022 n. 590).

Quanto alla idoneità della motivazione e alla congruità dell’istruttoria, si segnala che l’assenza di una posizione di affidamento qualificato in capo alla parte ricorrente rende meno stringente l’obbligo motivazionale imposto all’Amministrazione che nella fattispecie risulta essere stato assolto adeguatamente (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 7 marzo 2022, n. 529).

Presupposti per la revoca della gara – Nelle gare pubbliche, la decisione della Pubblica amministrazione di procedere alla revoca [o all’annullamento] dell’aggiudicazione provvisoria non è da classificare come attività di secondo grado (diversamente dal ritiro dell’aggiudicazione definitiva), atteso che, nei confronti di tale determinazione, l’aggiudicatario provvisorio vanta solo un’aspettativa non qualificata o di mero fatto alla conclusione del procedimento.

Pertanto, l’assenza di una posizione di affidamento in capo all’aggiudicatario provvisorio, meritevole di tutela qualificata, attenua l’onere motivazionale facente carico alla Pubblica amministrazione, in occasione del ritiro dell’aggiudicazione provvisoria, anche con riferimento alla indicazione dell’interesse pubblico giustificativo dell’atto di ritiro. (Consiglio di Stato, III, 6 agosto 2019, n. 5597).


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