La circostanza che nel patto non sia previsto il potere di annullamento in autotutela degli atti di gara per accertato turbamento della regolarità della procedura in dipendenza di condotte fraudolente di dipendenti dell’amministrazione è del tutto irrilevante, poiché si tratta di strumenti negoziali rivolti ad ampliare gli impegni dell’operatore economico, non certo a restringere i poteri dell’amministrazione.

La questione non sarebbe diversa ove le condotte criminose fossero imputabili esclusivamente a terzi estranei tanto all’amministrazione quanto all’operatore economico, che, per i più vari motivi intenda favorire un certo operatore economico.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 29 maggio 2019, n. 3583Presidente Franconiero, Estensore Di Matteo

A margine

Il fatto – In esito alla condanna di un dipendente di un Ministero per turbativa d’asta in concorso con altri soggetti in relazione a diverse procedure di gara, l’amministrazione dispone l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione di una gara, ai sensi del d.lgs. 50/2016, per l’affidamento di servizi di progettazione ed esecuzione di lavori, a favore di un consorzio per cui l’autorità giudiziaria aveva invece disposto l’archiviazione in relazione alla vicenda in esame.

Contro l’annullamento, il consorzio ricorre dunque al Tar Lazio affermando l’eccesso di potere per carenza di motivazione. Il Tar, tuttavia, con sentenza 7272/2018 conferma l’operato dell’amministrazione.

L’impresa si appella Consiglio di Stato lamentando, tra le altre cose, che il giudice di primo grado non ha ritenuto fondata la censura di eccesso di potere per violazione del c.d. patto di integrità sottoscritto al momento della sua partecipazione alla gara nella parte in cui definiva gli impegni la cui violazione avrebbe comportato l’esclusione della concorrente dalla gara.

Tra questi ultimi, infatti, non vi erano le condotte che fossero in grado di inficiare retroattivamente la legittimità degli atti, tanto più che, nel caso di specie, si era trattato di condotta realizzata da un dipendente dell’amministrazione estraneo all’organizzazione societaria.

La sentenza – Il Consiglio di Stato ha rtenuto la censura manifestamente infondata ricordando che i cc.dd. patti di integrità – condizioni generali di contratto predisposte dalla stazione appaltante e accettate dall’impresa concorrente con la finalità di ampliare gli impegni sui si obbliga il concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2018, n. 722; V, 9 settembre 2011, n. 5066) – impegnano l’operatore economico concorrente, certo non i dipendenti dell’amministrazione pubblica che, per il ruolo rivestito, sono tenuti ad un comportamento leale, corretto e trasparente, sottraendosi a qualsiasi tentativo di corruzione o condizionamento dell’aggiudicazione del contratto.

E’ del tutto irrilevante che nel patto non sia previsto il potere di annullamento in autotutela degli atti di gara per accertato turbamento della regolarità della procedura in dipendenza di condotte fraudolente di dipendenti dell’amministrazione (ma, non sarebbe diverso il discorso ove le condotte criminose fossero imputabili esclusivamente a terzi estranei tanto all’amministrazione quanto all’operatore economico, che, per i più vari motivi intenda favorire un certo operatore economico), poiché, come detto, si tratta di strumenti negoziali rivolti ad ampliare gli impegni dell’operatore economico, non certo a restringere i poteri dell’amministrazione.

Simonetta Fabris


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