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Gli equilibri di bilancio negli enti locali4 min read

Il perseguimento degli equilibri di bilancio è un obiettivo imprescindibile per una sana gestione dell’ente locale.

Il venir meno delle condizioni di equilibrio, infatti, potrebbe pregiudicare l’erogazione dei servizi essenziali costringendo l’Ente, nei casi più gravi, alla dichiarazione di dissesto finanziario. Non a caso l’adempimento relativo alla deliberazione consiliare di presa d’atto del permanere degli equilibri di bilancio, previsto dal Legislatore con l’art. 193 del D.Lgs. 267/2000 [1], riveste una rilevanza così significativa tanto che la sua mancata adozione da parte dell’ente viene equiparata, ad ogni effetto, alla mancata approvazione del bilancio di previsione  con conseguenti effetti sanzionatori anche in termini di avvio della procedura di scioglimento del Consiglio comunale.

L’efficace svolgimento di tale adempimento presuppone la verifica delle seguenti condizioni di equilibrio:

  1.  equilibrio di competenza, della gestione corrente, di capitale e dei servizi conto terzi
  2.  equilibrio della gestione residui, rivolto in particolare a verificare il grado di realizzazione dei residui attivi con eventuale incremento dell’accantonamento al Fondo Crediti Dubbia esigibilità
  3.  equilibrio della gestione di cassa, volto a garantire a fine esercizio un saldo di cassa non negativo

Nell’ipotesi di sussistenza degli equilibri di bilancio, naturalmente, non sarà necessario alcun intervento di ripristino mentre, in caso contrario, dovranno essere adottati i necessari provvedimenti sulla base della sequenza definita proprio dall’art. 193 del D.lgs. 267/2000 [1] che individua in modo progressivo le misure che devono essere adottati per ripristinare le condizioni di equilibrio.

Oltre le condizioni di equilibrio sopra elencate l’Ente è tenuto l’ente a verificare anche gli equilibri previsti dall’art. 9 commi 1 e 1-bis della L. 243/2012 anche quale presupposto per la legittima contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti (art. 10, comma 3, della L. 243/2012),  da interpretare secondo i principi di diritto enucleati dalla Corte costituzionale nelle sentenze 247/2017, n. 252/2017, e n. 101/2018. Proprio a seguito di tali sentenze è stato stabilito, ai sensi dell’art. 9 della L. 243/2012 [2] e dell’art. 1, commi 820 e segg., della L. 145/2018 [3], l’obbligo del rispetto:

  1. degli gli equilibri di cui all’art. 9 della L. 243/2012, (saldo tra il complesso delle entrate e delle spese finali ivi inclusi avanzo di amministrazione, Fondo Pluriennale Vincolato, quote del risultato di amministrazione), a livello di comparto
  2.  degli gli equilibri di cui al D.lgs. 118/2011 [4], (saldo tra il complesso delle entrate ed il complesso delle spese, ivi inclusi avanzo di amministrazione, indebitamento e Fondo Pluriennale Vincolato di entrata e spesa) a livello di singolo ente.

Il predetto quadro normativo in tema di equilibri si è ulteriormente ampliato a seguito dell’emanazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 1° agosto 2019 che, in aderenza agli artt. 3, comma 6 e 11, del D.lgs. 118/2011 [4] (XI° aggiornamento dei principi contabili), ha modificato il principio contabile applicato 4/2. Tale decreto, in particolare, ha articolato il risultato finale di competenza in tre saldi che consentono di determinare l’equilibrio di bilancio a consuntivo:

L’EQUILIBRIO FINALE, (O RISULTATO DI COMPETENZA) W1 che rappresenta l’equilibrio classico dato dalla differenza fra tutte le entrate di bilancio, (compresi quindi avanzo di amministrazione applicato  e fondo pluriennale vincolato) e tutte le spese di bilancio, compreso l’eventuale disavanzo di esercizio. Tale equilibrio deve essere assicurato a livello di stanziamento per cui nella voce  “utilizzo avanzo di amministrazione” va inserito l’importo dell’avanzo applicato a bilancio in corso d’esercizio e non l’ammontare impegnato a consuntivo.

L’EQUILIBRIO DI BILANCIO W2 che corrisponde al dettaglio analitico delle risorse stanziate a bilancio e accantonate/vincolate nel risultato di amministrazione, (per es. FCDE, fondo rischi contenzioso, Indennità fine mandato, rinnovi contrattuali ecc.)

L’EQUILIBRIO COMPLESSIVO W3 che attiene alle voci che compongono il risultato di amministrazione comprendenti gli accantonamenti a vario titolo effettuati nel rispetto del principio di prudenza in aggiunta a quelli stanziati a bilancio a fronte di eventi verificatesi dopo il termine ultimo per adottare variazioni di bilancio.

Pertanto, fermo restando l’obbligo di conseguire un equilibrio finale, (W1), non negativo, ai fini del rispetto degli equilibri di cui al comma 821 dell’art. 1 della L. 145/2018 [3],, gli enti devono tendere al rispetto dell’equilibrio di bilancio, (W2) in quanto tale condizione rappresenta l’effettiva capacità di garantire, a consuntivo, la copertura integrale degli impegni, l’eventuale ripiano del disavanzo nonché i vincoli di destinazione e gli accantonamenti di bilancio.

Giova osservare che il Legislatore non ha previsto specifiche sanzioni in merito al mancato rispetto degli equilibri; in effetti la L. 145/2018 [3],non solo ha abrogato la disciplina del c.d “pareggio di bilancio”, ma anche l’intero apparato sanzionatorio. Non bisogna, però, sottacere che potrebbero esserci disposizioni normative che prevedono la necessità del rispetto degli equilibri o di alcuni di essi al fine di poter accedere ad agevolazioni e/o benefici e pertanto rispettare la condizione di equilibrio prevista a livello legislativo è auspicabile oltre che consigliabile.

dott. Carlo Costa, responsabile dei servizi finanziari del Comune di  Casarza Ligure