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I consigli degli enti locali si riappropriano (in parte) della nomina dei controllori dei bilanci e dei rendiconti.7 min read

L’elenco da cui saranno estratti i revisori dei conti degli enti locali sarà articolato su base provinciale e non più regionale. Nei comuni con popolazione da 15.000 abitanti in sù, nelle province e nelle città metropolitana , la scelta del presidente del collegio dei revisori spetterà alla politica, senza il sistema dell’estrazione a sorte.

Sono queste le due modifiche introdotte in sede di conversione del decreto fiscale n. 124/2019 [1] che andranno ad incidere in modo significativo sul sistema di nomina dei revisori dei conti degli enti locali introdotto nel 2011.

Il Legislatore, anziché occuparsi di introdurre meccanismi per elevare la qualità delle attività svolte dai revisori e, al contrario,  estendere il sistema di scelta dei revisori alla nomina dei componenti di altri organismi di controllo, quali, ad esempio, gli OIV (o organismi diversamente denominati con analoghe funzioni), emana a sorpresa una controriforma per accontentare le richieste dei sindaci restii alla presenza nelle organizzazioni amministrate di soggetti indipendenti che possano svolgere le loro funzioni di vigilanza in piena autonomia dalla politica (in modo eufemistico parlano di scarsa collaborazione).

Critiche alla riforma sono state espresse da alcune associazioni di dottori commercialisti (cfr. comunicato stampa AD e ANC [2]).

Le modifiche – Le modifiche, in particolare, riguardano l’art. 16, comma 25, del D.L 138 del 2011 [3]. In base alla disciplina antecedente alla novella del 2019, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione a sorte dall’elenco, istituito e regolato con decreto del Ministro dell’Interno 15 febbraio 2012, n. 23 [4], con tre fasce professionali cui è possibile accedere con differenti requisiti di esperienza. Nell’elenco, articolato a livello regionale, sono inseriti, a richiesta (sempre a livello regionale) i revisori legali e gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Nei casi di composizione collegiale dell’organismo, il sistema prevede che le funzioni di presidente del collegio siano svolte dal componente, tra gli estratti a sorte, con più esperienza professionale per aver ricoperto il maggior numero di incarichi di revisore presso enti locali e, in caso di egual numero di incarichi, per avere svolto l’incarico in ente di maggior dimensione demografica.

L’articolo 57-ter del decreto fiscale 2019 interviene sulla suddetta disciplina con due modifiche:

  1. l’elenco da cui sono estratti i revisori dei conti sarà articolato su base provinciale e non più regionale;
  2. il presidente nei casi in cui è prevista la composizione collegiale dell’organo.

In particolare, in deroga al meccanismo dell’estrazione a sorte,  i consigli di comuni con popolazione pari o superiore a 15mila ab.; province; città metropolitane e unioni di comuni che esercitano in forma associata tutte le funzioni fondamentali, eleggeranno, a maggioranza assoluta dei membri, il presidente tra i soggetti validamente inseriti nella fascia 3. Si ricorda che  possono far parte della fascia  più alta i soggetti in regola con i crediti formativi, iscritti da almeno dieci anni nel registro dei revisori legali o all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e che hanno svolto almeno due incarichi di revisore dei conti presso enti locali, ciascuno per la durata di tre anni.

L’art. 57 -ter in esame prevede, infine, la modifica del decreto del Ministro dell’interno n. 23 del 2012 [5], sulla formazione ed aggiornamento dell’elenco dei revisori al fine di recepire la riforma.

A margine

L’art. 57 ter del decreto fiscale introduce un’ improvvisa controriforma del sistema di scelta dei revisori degli enti locali, tanto più inopportuna dopo l’armonizzazione contabile del 2011 che ha aggravato le responsabilità dell’organismo di controllo arricchendola di funzioni sempre più complesse di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle entrate e delle spese, sulla attività contrattuale, sull’amministrazione dei beni, sugli adempimenti fiscali e contabili (art. 240 TUEL).

Si tratta di una controriforma di cui non si sentiva alcuna necessità e che finirà inevitabilmente per ridurre l’indipendenza di questo importante organo di controllo.

Gli effetti della (contro)riforma- Ambedue le modifiche introdotte sono riprese dall’articolo 13 della proposta di legge all’esame della Camera dei deputati (progetto di legge A.C. 1356 [6]Modifiche al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e altre disposizioni in materia di status e funzioni degli amministratori locali, di semplificazione dell’attività amministrativa e di finanza locale”).

Nella relazione illustrativa del  progetto di legge si tenta di giustificare l’articolazione provinciale non più regionale dell’elenco con la necessità di ridurre i costi per le spese di trasferta nei casi di regioni molto estese, senza rendere noto però l’ammontare dei risparmi previsti. E, soprattutto, senza tenere conto che delle criticità che si verificheranno. Causerà, infatti,  nelle province con un numero basso di soggetti abilitati a svolgere la funzione un’ inevitabile concentrazione in pochi professionisti di incarichi in più comuni dello stesso territorio. Mentre nelle province con un elevato numero di iscritti, scoraggerà il mantenimento dell’iscrizione nel Registro dei revisori.

La stessa relazione al progetto di legge AC 1356 motiva l’altra scelta di rendere eleggibile il presidente del collegio con le seguenti strabilianti argomentazioni da sole sufficienti a preferire il mantenimento del sorteggio anche per questa figura: “..- Non è invece inconsueto, nell’ordinamento vigente, che nella composizione di collegi o di altri organismi lato sensu di controllo (ndr quali oltre quello riportato nell’esempio a seguire?) vi siano designazioni provenienti da più ambiti, proprio per assicurare una dialettica all’interno del collegio, unico elemento in grado di far raggiungere appropriate sintesi. Per tutti, valga l’esempio della composizione delle sezioni centrali o regionali di controllo della Corte dei conti, in cui è previsto, quanto alle prime, la minoritaria presenza di magistrati designati dal Governo (prevista già a partire dall’articolo 7 del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214) e, quanto alle seconde, la presenza di un magistrato designato dalle regioni e dai Consigli delle autonomie locali (legge 5 giugno 2003, n. 131).

Al relatore della proposta sfugge che una cosa, discutibile quanto si vuole, è prevedere la “minoritaria presenza di magistrati designati dal Governo e nelle sezioni regionali, di un componente designato dal Consiglio delle Autonomie; un altro riservare all’organo politico la nomina del Presidente di un collegio a ristretto numero di componenti. La differenza fra l’esempio riportato e la scelta di rendere elettivo il Presidente del collegio dei revisori è talmente palese da non richiedere altre spiegazioni.

Nel nuovo organismo di revisione, in pratica, il presidente dei controllori sarà espressione della maggioranza in quel momento al governo, con un evidente sacrificio dell’autonomia di questo organismo garantita dal sorteggio  di tutti i componenti a livello regionale.

Sono cadute, invece, nel dimenticatoio le proposte dell’Osservatorio per la Finanza locale di modifica del Regolamento n. 23/2018, finalizzate ad elevare la qualità delle attività dei revisori specie nei comuni di maggiore dimensione demografica e che suggeriscono:

1. La creazione di una IV fascia per gli aspiranti revisori in comuni con una popolazione pari o superiore ai 50.000 abitanti, per la cui iscrizione sono richiesti: a) l’anzianità di almeno dieci anni di iscrizione nel registro dei revisori o nell’albo dei commercialisti; b) lo svolgimento di almeno due incarichi di revisione dei conti di durata non inferiore ai tre anni ciascuno negli enti di fascia; c) il conseguimento nel periodo 1° gennaio – 30 novembre dell’anno precedente di almeno 10 crediti formativi in materia di contabilità pubblica e gestione finanziaria degli enti territoriali.

2. La modifica dei requisiti per l’iscrizione in I fascia (comuni con popolazione fino a 4.999 abitanti) con l’inserimento dell’obbligo del conseguimento di 20 (anziché 10) crediti negli undici mesi dell’anno precedente (art. 3, comma 2). e l’obbligo di aver prestato incarico di collaborazione ex art. 239, comma 4, del Tuel negli enti delle fasce 2, 3 e 4 per almeno 18 mesi.

3.Per la formazione obbligatoria, l’introduzione – per tutte e quattro le fasce –  dell’ulteriore requisito consistente nel superamento di un test di verifica delle competenze con cadenza annuale da effettuarsi a livello nazionale a cura del Ministero dell’Interno, con modalità telematica ed in almeno due sessioni per facilitare l’adempimento, il cui accesso è condizionato al conseguimento dei già previsti crediti formativi.

4. La modifica dell’algoritmo di estrazione per collegare le probabilità di estrazione in relazione agli esiti dei sorteggi già effettuati ed agli incarichi già posseduti dagli iscritti.

Giuseppe Panassidi, avvocato e giudice tributario