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Soggetti legittimati ad impugnare le decisioni del giudice contabile sulla gestione finanziaria degli enti locali11 min read

IN POCHE PAROLE…

Le pronunce delle sezioni regionali di controllo in esito al controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali possono essere oggetto di impugnazione dinanzi alle Sezioni Riunite in speciale composizione, da parte dei consiglieri comunali e anche da parte di chiunque sia titolare di posizioni giuridiche proprie che si assumono lese dalle pronunce.


«Controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali e impugnazione delle relative pronunce»

Il controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria degli enti locali – Sin dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, co. 166, la Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, sono state investite del controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali “ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica”, esaminando, per il tramite delle relazioni trasmesse dagli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali, i bilanci di previsione ed i rendiconti.

Tale funzione di controllo sulla gestione è stato ulteriormente rafforzata dall’art 3, co. 1 lett. e) del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, che ha introdotto nel TUEL [1] l’art. 148 bis, il quale prevede che “Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai sensi dell’articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell’osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell’indebitamento, dell’assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti”.

Ai fini della verifica in questione, prosegue la disposizione normativa, la magistratura contabile deve accertare, altresì, che “i rendiconti degli enti locali tengano conto anche delle partecipazioni in società controllate e alle quali è affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all’ente”.

Si tratta di controlli di natura preventiva finalizzati ad evitare danni irreparabili all’equilibrio di bilancio, i quali si collocano, pertanto, su un piano nettamente distinto rispetto al controllo sulla gestione amministrativa di natura collaborativa, per quel che riguarda gli esiti del controllo sulla gestione finanziaria.

Queste verifiche sui bilanci degli enti territoriali sono compatibili con l’autonomia di Regioni, Province e Comuni, in forza del supremo interesse alla legalità costituzionale – finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost [2].), che attribuiscono alla Corte dei conti la competenza sulla verifica dell’equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell’unità economica della Repubblica,

Tale competenza assume ancora maggior rilievo alla luce dell’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale operato dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 che ha modificato l’art. 97 Cost [2].

Le Sezioni Riunite in speciale composizione della Corte dei conti hanno avuto, di recente, modo di evidenziare che “l’accertamento di illegittimità/irregolarità della Sezione non riguarda un atto, ma lo stato del bilancio (recte dei suoi equilibri) ad una determinata data e poiché il bilancio è un ciclo, che si articola nella continuità delle scritture, dei rendiconti e dei loro effetti sulla programmazione, si può affermare che … nel procedimento di controllo di legittimità-regolarità delle Sezioni regionali, oggetto del giudizio è sempre il “bene pubblico” bilancio (cfr. Corte Cost., sentenze n. 184/2016, n. 228/2017 e n. 274/2017, nonché Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze 2200 e 2201/2018) e la sua conformità al diritto ed in particolare alla clausola generale di equilibrio (cfr. Corte cost. sent. n. 192/2012)”. Con la conseguenza che “analogamente a quanto avviene quando si esamina un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, quando si richiede l’adozione di provvedimenti correttivi in base all’art. 148-bis Tuel, le valutazioni delle Sezioni regionali debbono essere fatte con riferimento all’attuale situazione finanziaria, patrimoniale ed economica dell’ente locale. Solo dopo aver valutato, sulla base della reale situazione finanziaria dell’ente, che le criticità riscontrate sono ancora attuali e devono essere rimosse, ha senso la richiesta di provvedimenti volti a ripristinare gli equilibri di bilancio ed eventualmente disporre il blocco della spesa in caso di loro omessa adozione o di valutazione negativa” (sentenza n. 4/2020/EL [3]).

Esiti del controllo della Corte sulla gestione finanziaria degli enti locali – In base all’art. 148 bis, comma 3, del TUEL [1], la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, all’esito del controllo sulla gestione finanziaria di un ente locale, qualora accerti la sussistenza  “di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno”, emana apposita pronuncia di accertamento da cui scaturisce per l’ente interessato di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione della delibera di accertamento, “i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio” e a trasmettere alla Corte i provvedimenti adottati in modo che la magistratura contabile possa verificare, nei successivi trenta giorni, se gli stessi sono idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio.

In caso di mancata trasmissione dei provvedimenti correttivi o di esito negativo della valutazione, “è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria”, con le conseguenti ipotesi di responsabilità erariale che saranno sottoposte al vaglio delle competenti procure regionali della Corte dei conti.

Qualora le irregolarità esaminate dalla Sezione regionale non rendono necessaria l’adozione della pronuncia di accertamento prevista dall’art. 148 bis, co. 3 del TUEL [1], le sezioni regionali di controllo possono comunque segnalare agli Enti anche irregolarità contabili non gravi o meri sintomi di precarietà, al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di deficitarietà o di squilibrio, idonee a pregiudicare la sana gestione finanziaria che deve caratterizzare l’amministrazione di ciascun Ente. In ogni caso, l’Ente interessato è tenuto a valutare le segnalazioni che ha ricevuto e a porre in essere interventi idonei per addivenire al loro superamento.

Impugnazione delle pronunce delle sezioni regionali di controllo – Le pronunce delle sezioni regionali di controllo in esito al controllo sulla gestione finanziaria degli enti locali, analogamente a quelle che esaminano i piani di riequilibrio finanziario pluriennale, possono essere oggetto di impugnazione dinanzi alle Sezioni Riunite in speciale composizione ai sensi dell’art. 11 comma 6 lett. e) del codice di giustizia contabile, approvato con D.lgs. 174/2016, il quale prevede la giurisdizione esclusiva delle Sezioni Riunite della Corte dei conti “in materia di contabilità pubblica, nel caso di impugnazioni conseguenti alle deliberazioni delle sezioni regionali della Corte dei conti”.

Questa ipotesi rappresenta il punto di caduta dell’integrazione tra la funzione giurisdizionale e quella di controllo della Corte dei conti, “geneticamente riconducibile al dettato costituzionale (artt. 100 e 103 Cost. [2]) in materia di contabilità pubblica, ove sono custoditi interessi costituzionalmente rilevanti, sia adespoti (e quindi di difficile giustiziabilità), sia inerenti alle specifiche situazioni soggettive la cui tutela è affidata, ratione materiae, alla giurisdizione a istanza di parte della magistratura contabile” (Corte Cost. n. 18/2019).

A norma del coma 6 dell’art. 11 del codice della giustizia contabile [4]Le sezioni riunite in speciale composizione, nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, decidono in un unico grado sui giudizi”. Pertanto, come affermato dalla costante giurisprudenza delle Sezioni riunite, il “giudizio innanzi alle Sezioni riunite in speciale composizione integra, non già un giudizio di appello bensì un giudizio in unico grado di merito caratterizzato da un sindacato pieno ed esclusivo, di chiara natura giurisdizionale, sulle valutazioni delle Sezioni territoriali: lo stesso è, dunque, finalizzato ad un novum iudicium e non ad una revisio prioris instantiae, talché al relativo atto introduttivo non appaiono riferibili i consolidati principi giurisprudenziali circa la specificità dei motivi di appello” (ex multis sent. SS.RR. C.d.C. n. 6/2020 [5]).

Ancor più chiaramente è stato affermato che “trattandosi di un giudizio ad istanza di parte, l’oggetto del giudizio non è limitato ai vizi della deliberazione impugnata, denunciati dal ricorrente, ma investe l’intero rapporto, in maniera da consentire a questo giudice la possibilità di poter pervenire ad una propria ed autonoma valutazione, confermativa o modificativa, rispetto a quella fatta dalla Sezione regionale di controllo. L’ambito della cognizione alla quale sono chiamate le Sezioni riunite attiene, quindi, «non soltanto alla verifica della correttezza, della razionalità, della logicità, della coerenza e, naturalmente, della legittimità del percorso argomentativo e del corredo motivazionale posto a base della pronuncia […] ma deve tenere conto anche – in una visione dinamica dell’equilibrio di bilancio – di fatti attestanti una diversa situazione finanziaria e contabile dell’ente” (sentenza 3/2014).

Legittimazione ad impugnare le sentenze delle sezioni regionali da parte di soggetti diversi dall’ente controllato –  L’impugnazione delle pronunce delle sezioni regionali di controllo dinanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti si configura come un giudizio ad istanza di parte. Si è posto, quindi, il problema interpretativo circa la legittimazione ad agire e l’interesse a ricorrere di soggetti diversi dall’ente controllato, il quale secondo un orientamento dovrebbe essere l’unico legittimato ad agire essendo l’unica parte del procedimento di controllo.

Le SS.RR. della Corte dei Conti nella nota sentenza n. 32/2020 [6] hanno affermato un diverso e fondamentale indirizzo interpretativo. Richiamando la pronuncia della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 39 del 2014 [7], ha riconosciuto la facoltà di ricorrere agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale previsti all’ordinamento, a garanzia dei principi degli art. 24 e 113 Cost [2]., laddove le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti abbiano effetti non meramente “collaborativi” bensì “imperativi” o “inibitori”, osservano le SS.RR. che negare aprioristicamente la legittimazione ad agire ai soggetti che non sono state parte del procedimento di controllo, in una materia attribuita alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti si tradurrebbe in un diniego di giustizia, realizzando una violazione del diritto di tutela giurisdizionale sancito all’art. 24 Cost [2].

Pertanto, chiunque sia titolare di posizioni giuridiche proprie che si assumono lese dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo posseggono la legittimazione ad agire dinanzi alle SS.RR. dell’organo di giustizia contabile ex art. 11 comma 6 lett. e) c.g.c.

Tale legittimazione sembrerebbe, inoltre, potersi configurare anche in capo a qualsiasi cittadino nell’ipotesi di azione popolare prevista dall’art. 9 TUEL secondo cui  “Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia”, prevedendo quindi un’azione uti civis basata – secondo la sua chiara formulazione letterale – su un duplice presupposto: che sussista una legittimazione ad agire dell’Ente locale in relazione ad un interesse/diritto proprio e che lo stesso Ente sia rimasto inerte.

Ricorre quindi un’ipotesi di sostituzione processuale, che consente, eccezionalmente, a qualunque cittadino appartenente alla comunità locale, che sia altresì titolare del diritto di voto, di agire in giudizio per la tutela di un interesse pubblico, laddove l’Ente che ne è titolare abbia omesso di farlo.

Per poter agire in giudizio, occorre, tuttavia oltre alla legittimazione ad agire, anche l’interesse a ricorrere in virtù dell’espresso richiamo fatto dall’art.7 codice della giustizia contabile, all’art. 100 c.p.c. in base al quale : “per proporre domanda o per contraddire alla stessa occorre avervi interesse”.

L’interesse a ricorrere, secondo orientamento pacifico, deve essere concreto ed attuale e richiede non solo la titolarità di una situazione giuridica ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (Cass. 24 gennaio 2019 n. 2057).

Specificamente, l’interesse a ricorrere dinanzi alle Sezioni Riunite della Corte dei Conti per l’impugnazione delle pronunce delle sezioni regionali, da parte di soggetti diversi dall’ente controllato, è stato riconosciuto in capo a soggetti che sarebbero stati incisi dall’applicazione delle pronunce stesse quando queste costituiscono il presupposto di successivi provvedimenti amministrativi necessari, obbligatori e vincolanti (SS.RR. Corte dei conti n. 32/2020 [6] ).

In particolare, è stato riconosciuto in capo ai consiglieri comunali ai fini dell’impugnazione delle pronunce delle Sezioni regionali di controllo di accertamento di una situazione di dissesto dell’ente poiché queste, come sopra specificato, costituiscono il presupposto di successivi provvedimenti amministrativi vincolati ovvero l’obbligo per l’ente locale di dichiarare il dissesto. Inoltre, l’interesse a ricorrere dei singoli consiglieri comunali è stato individuato anche ai fini dell’impugnazione delle pronunce delle sezioni regionali che accertano una situazione di squilibrio finanziario ovvero una ipotesi di irregolarità di cui al comma 3 dell’art. 148-bis TUEL, alle quali consegue l’obbligo di adottare il blocco degli impegni e dei pagamenti.

Viceversa, in queste fattispecie non è stato riconosciuto interesse attuale e concreto alla pronuncia delle SS.RR. per un ex amministratore nonché creditore dell’ente perché il blocco dei pagamenti fa salvi gli impegni giù assunti negli anni precedenti e quindi non ne deriva un pregiudizio diretto dalla deliberazione dell’organo di giustizia contabile. Né per i semplici cittadini residenti che non abbiano esperito azione popolare ex art. 9 TUEL poiché “l’interesse ad agire jure proprio dei privati cittadini richiede qualcosa di diverso rispetto alla semplice residenza nel comune, costituito dalla titolarità di un interesse giuridico qualificato, quale essere contribuente del comune o fruitore di un servizio pubblico il cui costo verrà innalzato o che non sarà più erogato” (SS.RR. Corte dei conti n. 32/2020 [6] ).

dott.ssa Mara Romano