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Assunzione di un dipendente che già svolge incarichi extra ufficio5 min read

Nel caso di assunzione in ruolo di un soggetto che svolge incarichi di revisore presso altri enti è compito dell’amministrazione effettuare un preventivo complessivo vaglio di tutti gli incarichi esterni “già in corso di svolgimento” affinchè, nel loro insieme, non interferiscano con l’orario di lavoro e lo svolgimento della complessiva e necessaria attività del dipendente pubblico.

Corte dei conti, sez. di controllo per il Piemonte, deliberazione 26 luglio 2018 n. 91-2018-SRCPIE-PAR [1], Presidente Polito, Relatore Alì

Il fatto

Un Comune deve perfezionare un’assunzione a tempo pieno e indeterminato, a seguito di scorrimento di graduatoria di concorso pubblico, di n. 1 istruttore direttivo contabile.

L’interessato all’assunzione, destinato ad essere inserito nell’organico del Comune, svolge però incarichi di revisione economico-finanziaria presso alcuni Enti variamente distribuiti sul territorio regionale, ma non interessati e comunque ai di fuori del regime di incompatibilità ed ineleggibilità di cui all’articolo 236 del TUEL. [2]

Pertanto il Comune chiede alla Corte dei conti se sussistono i presupposti per far si che quand’anche il soggetto in questione fosse assunto, possa continuare ad espletare contemporaneamente detti incarichi di revisione legale, fatto salvo quanto prescritto dall’articolo 236 di cui sopra e previo rilascio di apposito nulla osta, ai sensi dell’articolo 53 del D.Lgs. n. 165/2001 e ss.mm.ii. [3] da parte dell’Amministrazione di appartenenza.

Il parere

La Corte ricorda che ai sensi dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 [3]: “Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative o che non siano espressamente autorizzati”.

Tale previsione è da interpretare in combinato disposto con gli altri commi dell’articolo 53 del d.lgs. n. 165 del 2001. [3]

In particolare, il comma 5 dell’art. 53 stabilisce che: “In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale di interessi, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente”.

La citata disposizione introduce una distinzione tra incarichi oggetto di “conferimento” effettuato “direttamente” dall’amministrazione ed incarichi oggetto d’autorizzazione che viene riferita, in generale, “all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche che svolgano attività d’impresa o commerciale…”.

Dalla citata disposizione deriva dunque che la valutazione da compiersi in sede di autorizzazione si effettua tenendo conto “della specifica professionalità” del dipendente e riguarda profili di incompatibilità “sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale di interessi…”.

La conferma di tale tesi si ricava dalla lettura del comma 7 dell’art. 53 che prevede: “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza”.

Come chiarito dalla giurisprudenza contabile il suddetto regime autorizzatorio presenta una ratio specifica mettendo in condizione il datore di lavoro, nel caso di dipendenti pubblici, “di valutare la compatibilità di tale attività extralavorativa con il corretto e puntuale espletamento, in modo terzo ed imparziale, della prestazione contrattualmente dovuta dal lavoratore alla P.A., in ossequio anche al principio costituzionale di tendenziale esclusività (98 cost.) e di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa (art.97 cost.)” (Corte dei conti, Sez. Giur. Lombardia n. 233/2014).

L’autorizzazione necessaria da parte del datore di lavoro ha lo scopo di garantire che lo svolgimento di un incarico esterno, da svolgere in ogni caso fuori dell’orario di lavoro, possa influire in modo non negativo sulle attività ordinarie del dipendente pubblico, in riferimento alle mansioni specifiche ad esso attribuite. Infatti il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione è caratterizzato dal regime delle incompatibilità rispetto al quale la possibilità di svolgere attività extralavorative deve essere interpretato ed applicato in modo rigoroso e restrittivo.

Come chiarito puntualmente dalla giurisprudenza contabile, l’autorizzazione prescritta dall’art. 53, co.7  del d.lgs. n. 165 del 2001 [3]è finalizzata a verificare in concreto: “a) se l’espletamento dell’incarico, già prima della L. n. 190 del 2012 [4] (e del d.P.R. n. 62 del 2013 [5], che esaltano l’antico e già preesistente problema dei conflitti di interesse) possa ingenerare, anche in via solo ipotetica o potenziale, situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all’amministrazione e, quindi, con le funzioni (ad essi strumentali) assegnate sia al singolo dipendente che alla struttura di appartenenza; b) la compatibilità del nuovo impegno con i carichi di lavoro del dipendente e della struttura di appartenenza (che dovrà comunque non solo essere svolto fuori dall’orario di lavoro, ma pure compatibilmente con le esigenze di servizio), nonché con le mansioni e posizioni di responsabilità attribuite al dipendente, interpellando eventualmente a tal fine il responsabile dell’ufficio di appartenenza, per il prescritto parere o assenso circa la concessione dell’autorizzazione richiesta; c) la occasionalità o saltuarietà, ovvero non prevalenza della prestazione sull’impegno derivante dall’orario di lavoro ovvero l’impegno complessivo previsto dallo specifico rapporto di lavoro, con riferimento ad un periodo determinato; d) la materiale compatibilità dello specifico incarico con il rapporto di impiego, tenuto conto del fatto che taluni incarichi retribuiti sono caratterizzati da una particolare intensità di impegno; e) le specificità attinenti alla posizione del dipendente stesso (incarichi già autorizzati in precedenza, assenza di procedimenti disciplinari recenti o note di demerito in relazione all’insufficiente rendimento, livello culturale e professionale del dipendente); f) la corrispondenza fra il livello di professionalità posseduto dal dipendente e la natura dell’incarico esterno a lui affidato (Corte dei conti, sez. Giur. Lombardia n. 233/2014)”.

Conclusioni

Fermo restando l’obbligatorietà e la responsabilità del Comune istante di valutare ed autorizzare ogni singolo incarico, la Corte rileva che la peculiarità del quesito posto, è che gli incarichi sussistono prima della annunciata assunzione del dipendente a tempo indeterminato.

Ad avviso del collegio sarà dunque compito dell’amministrazione effettuare un preventivo complessivo vaglio di tutti gli incarichi esterni “già in corso di svolgimento” affinchè, nel loro insieme, non interferiscano con l’orario di lavoro e lo svolgimento della complessiva e necessaria attività del dipendente pubblico.

di Simonetta Fabris