IN POCHE PAROLE…

Per la  Corte dei conti, Sezioni Autonomie  i maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali e dall’indennità di vacanza contrattuale devono essere inclusi nel calcolo della spesa per il personale, parametro essenziale per definire le capacità assunzionali degli enti locali.  La violazione dei limiti comporta l’obbligo di recuperare contabilmente l’eccedenza nei bilanci futuri, richiedendo agli enti un’attenta pianificazione finanziaria.

Per la Corte dei conti dell’Abruzzo, se la  società in house comunale fallisce, l’ente deve attendere almeno cinque anni prima di poter affidare gli stessi servizi a un’altra società partecipata, nuova o già esistente, al fine di evitare il ripetersi di gestioni inefficaci attraverso il medesimo modello organizzativo.


Deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 19/2024

Deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Abruzzo n. 219/2024-PAR


Nella spesa del personale utile per il calcolo delle capacità assunzionali vanno inclusi i maggiori oneri derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro e la indennità di vacanza contrattuale. Gli enti locali non possono affidare ad una società in house la gestione di servizi gestiti da un’altra società dello stesso ente che è stata dichiarata fallita. Sono queste le più recenti indicazioni fornite, rispettivamente, dalle Sezioni Autonomie e dalla sezione  abruzzese della Corte dei conti, con  un impatto assai rilevante sulle scelte degli enti locali.

La spesa del personale

I maggiori oneri derivanti dai rinnovi dei CCNL e dalla indennità di vacanza contrattuale vanno inclusi nella spesa del personale che serve a determinare le capacità assunzionali dell’ente. E’ quanto ha chiarito la deliberazione della sezione autonomie della Corte dei conti n. 19/2024. Viene affermato il seguente principio di diritto: “Per gli enti che rispettano il valore soglia di cui all’articolo 4 del D.M. del 17 marzo 2020, nella determinazione della percentuale incrementale di cui all’articolo 5 non possono essere esclusi gli aumenti di spesa derivanti da sopravvenute disposizioni normative relative all’indennità di vacanza contrattuale, erogata al personale dipendente. Per gli enti che, pur non superando il valore soglia previsto dall’articolo 4, non realizzano le condizioni del successivo articolo 5 per dar luogo alle assunzioni nel 2024, resta comunque salva la facoltà assunzionale prevista dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014 da esercitare nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente”.

La prima indicazione è la seguente: “l’articolo 33 ha stabilito un vincolo speciale che ha priorità applicativa rispetto all’articolo 3, comma 5 del d.l. n. 90/2014, in quanto ciascun ente è tenuto a porre in essere i seguenti adempimenti: 1) verifica preliminare degli equilibri complessivi, documentata dalla asseverazione dei revisori contabili; 2) riscontro dei fabbisogni di personale nell’ambito dell’apposita pianificazione di legge; infine, 3) effettuazione di un test per misurare l’incidenza della spesa di personale complessiva sulle entrate correnti (calcolo del coefficiente di sostenibilità). Si possono perciò determinare due casi: in presenza di tutti i presupposti di legge e di allocazione nelle prime due fasce di virtuosità previste dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, è possibile emanciparsi dalla regola dell’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014, ed effettuare assunzioni in base ai nuovi parametri; per contro, in caso di coefficiente di sostenibilità negativo (al di sopra della soglia massima di virtuosità si torna alla regola del turn-over, ma nella misura più restrittiva prevista dallo stesso articolo 33). Qualora poi il coefficiente di sostenibilità dell’ente si collochi nelle prime due fasce, ma manchino gli altri presupposti previsti dall’articolo 33 per il trattamento più favorevole, torna ad applicarsi la regola generale dell’articolo 3, c. 5, del d.l. n. 90/2014”.

Ed ancora, “la violazione del limite determina soltanto il dovere di recuperare contabilmente la maggiore spesa nei bilanci successivi, come risulta da numerose disposizioni normative”.

Ed ancora, “l’ente territoriale è tenuto: a) in primo luogo, a riscontrare il rispetto del tetto di cui all’articolo 1, co. 557, l. n. 296/2006; b) in secondo luogo, ad effettuare gli adempimenti e le verifiche dell’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, per accedere alla disciplina contabile di maggior favore delle assunzioni in base alla sostenibilità finanziaria, pena l’applicazione della regola del turn-over, nella percentuale del 100% della spesa (se applicabile l’articolo 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014) ovvero, di quella più restrittiva prevista dallo stesso art. 33, in caso di allocazione del coefficiente al di sopra del valore soglia massimo”.

Leggiamo inoltre che “sia la norma primaria che il decreto attuativo, pertanto, non consentono di escludere gli oneri da rinnovo contrattuale dal calcolo dell’articolo 5 del decreto attuativo, essendo la spesa di personale rilevante onnicomprensiva. Non può essere infatti ignorato che l’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, a differenza dell’articolo 1, commi 557 e seguenti della legge n. 296/2006, si riferisce espressamente alla spesa complessiva, laddove il primo limite, invece, prende in considerazione una definizione netta dell’aggregato (diminuito appunto degli oneri da rinnovo contrattuale)”.

Infine, “l’onnicomprensività della definizione della spesa di personale rilevante è indirettamente confermata anche da norme primarie successive, che permettono di escludere alcune componenti dal calcolo della spesa complessiva di cui all’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, introducendo però eccezioni espresse .. gli oneri da rinnovo contrattuale vengono esclusi dal calcolo della spesa rilevante per l’articolo 1, comma 557 e ss., l. n. 296/2006 (e non quello dell’articolo 33 del d.l. n. 34/2019) perché le due norme hanno scopi ed effetti differenti”.

Conseguenze del fallimento della società in house 

Le amministrazioni devono attendere almeno 5 anni per potere affidare ad una società in house la gestione di servizi svolti da una controllata del comune dichiarata fallita. Possono essere così riassunte le indicazioni contenute nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Abruzzo n. 219/2024.

Viene data risposta al seguente quesito, per come formulato in termini generali ed astratti, dalla stessa sezione: “se l’affidamento ad una società in house di un comune di alcune attività relative alla gestione di specifici servizi alla collettività, una volta che detta società affidataria sia successivamente fallita, comporti l’applicazione della norma di cui all’articolo 14, comma 6, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175, con conseguente impossibilità giuridica, per il periodo di cinque anni dal fallimento, di affidare ad altra società in house del comune già costituita la totalità di detti servizi, eventualmente nella forma della concessione ex artt. 176 e segg. del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36”. Leggiamo che “la norma nel disporre il divieto di costituzione di nuova società, di acquisizione o, addirittura, di mantenimento di partecipazione in società che gestiscano i medesimi servizi di quella dichiarata fallita, implicitamente vieta l’affidamento di detti servizi ad altra società in house. Infatti, la ratio del divieto è quella di impedire che per lo svolgimento di servizi precedentemente assegnati tramite affidamento diretto alla società fallita (dando quindi prova di pessima gestione) si faccia nuovamente ricorso allo stesso modulo gestionale mediante affidamento ad (altra) società controllata sia laddove questa sia già partecipata dall’ente, ovvero sia da costituirsi ex novo o nella quale acquisire una partecipazione”. Ed inoltre, “non può ritenersi che l’utilizzo dello schema della concessione, con rischio economico–contrattuale a carico della società in house, possa superare il divieto di cui all’articolo 14 citato in quanto esso non pone l’Ente partecipante al riparo da possibili conseguenze sfavorevoli atteso che, comunque, l’operatore economico sarebbe una società partecipata dal Comune”.

In conclusione, ci viene detto che “il ricorso all’affidamento in house di servizi generali sia comunque fattispecie eccezionale che, in quanto derogatorio del regime dell’evidenza pubblica, va sottoposto a specifica previa istruttoria e a specifica motivazione che non può limitarsi alla generica locuzione, peraltro non supportata da elementi probatori, secondo cui il ricorso al mercato possa avere esiti incerti”.

Dott. Arturo Bianco


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