Gli enti pubblici soci di una società che presenti perdite reiterate, per la quale venga approvato un Piano di risanamento che non preveda l’intervento dei soci, devono comunque procedere con i prescritti accantonamenti del fondo perdite, posto che, fintanto che non siano noti gli effetti del piano, non si possono escludere eventuali esborsi da parte degli enti partecipanti

Corte dei conti, sezione di controllo per la Liguria, deliberazione n. 127 del 11 ottobre 2018, Presidente Viola, relatore Belsanti

A margine

I quesiti – Un comune chiede chiarimenti sulla corretta interpretazione degli artt. 14 e 21, co. 1, del d.lgs. n. 175 del 2016, relativi alle crisi d’impresa di società a partecipazione pubblica e all’obbligo di accantonamento in bilancio del cd “fondo perdite società partecipate”.

I quesiti vertono sul caso peculiare di una società a totale partecipazione pubblica, affidataria in house del servizio idrico integrato, per la quale, a fronte di ingenti perdite, è attesa l’adozione, ai sensi dell’art. 14 del TUSP, di un piano di risanamento, finalizzato al ripristino dell’equilibrio economico finanziario, da realizzare attraverso il conferimento di un ramo aziendale di un’altra società partecipata, senza alcun esborso da parte degli enti pubblici soci.

Sei i quesiti formulati dal Comune al magistrato contabile

1. Sulla possibile applicazione dell’art. 21 esclusivamente alle perdite registrate da società partecipate da enti locali iscritte nellelenco ISTAT di cui all’art. 1, c. 3, del D.Lgs n. 196/2009

La Corte rammenta che l’articolo 21 del TUSP, prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo.

Con questa norma si è voluto creare una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione delle proprie partecipate.

L’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone nell’ottica della salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi. Non comporta, tuttavia, l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un obbligo di ripiano delle perdite o di assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato.

Questo perché, secondo la giurisprudenza contabile, allorché una società presenti delle perdite di esercizio reiterate, nei termini di cui all’art. 14, co. 5, del TUSP, il “soccorso finanziario” da parte dell’ente locale resta del tutto precluso anche in coerenza con le disposizioni dell’Unione Europea che vietano la possibilità per le imprese operanti nel mercato comune di beneficiare di diritti speciali ed esclusivi o, comunque, di privilegi di qualsiasi natura in grado di alterare la normale esplicazione dei meccanismi della concorrenza.

Ove un Ente locale assorbisse a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21, lo stesso Ente sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, da fondare sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile

Così chiariti l’interpretazione la conseguente finalità dell’art. 21 del TUSP, la Corte ribadisce che l’obbligo di accantonamento non può essere limitato alle sole società ricomprese nell’allegato di cui all’art. 1, co. 3, del D.Lgs. n. 196/2009, dovendosi estendere a tutte le società partecipate delle amministrazioni pubbliche inserite nell’elenco ISTAT.

2. Sulla possibilità di effettuare l’accantonamento della quota del risultato negativo d’esercizio, in proporzione alla quota di partecipazione, esclusivamente nei limiti del valore della quota parte detenuta da ogni ente locale del patrimonio netto della società partecipata

Per la Corte l’accantonamento va effettuato nell’anno successivo alla perdita d’esercizio, per un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, ossia per l’intera perdita di esercizio.

In altri termini, l’obbligo di accantonamento non può trovare un limite nel valore della quota parte detenuta da ogni ente locale del patrimonio netto della società partecipata: se così fosse, l’ammontare della perdita non troverebbe “copertura” nel fondo, trattandosi di un valore diverso e non coincidente con quello della quota di patrimonio netto detenuta da ciascun ente socio.

L’ammontare dell’accantonamento dovrà essere ripartito in misura proporzionale alla quota percentuale di partecipazione.

3. Sulla possibilità, per le società che svolgono servizi pubblici a rete di rilevanza economica, per le quali il risultato di esercizio va calcolato come la differenza tra valore e costi della produzione ai sensi dell’articolo 2425 del codice civile, di escludere dall’operazione le voci relative alla gestione straordinaria in quanto non rientranti nella loro gestione caratteristica fino alla riforma operata col D.Lgs. n. 139/2015

Pur prendendo atto che il D.Lgs. n. 139/2015 ha disposto modifiche agli schemi di bilanci delle società di capitali, che si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari approvati dal 2016, la Corte mette in evidenza il D.lgs. n. 175 del 2016 ha confermato la norma, inserita per la prima volta nell’ordinamento dall’art. 1, commi 551 e seguenti, della L. n. 147 del 2013, senza modificarne la formulazione originaria.

Da qui la necessità di rifarsi al tenore letterale dell’attuale art. 21, co. 1 del TUSP senza poter escludere dal calcolo del risultato di esercizio delle società che si occupano di servizi pubblici a rete di rilevanza economica le componenti straordinarie di bilancio.

4. Sulla possibilità, per gli enti locali soci, di non procedere all’accantonamento nell’ipotesi in cui sia approvato un piano di risanamento a norma dell’art. 14 del D.Lgs. n. 175/2016 nel quale, tra le misure di ripristino dell’equilibrio economico-finanziario della società, non sia previsto l’esborso finanziario da parte dei soci a copertura delle perdite

Alla luce del dato letterale della norma e del principio di prudenza la Corte nega questa facoltà; Fintanto che non siano noti gli effetti del piano di risanamento, non appare infatti possibile escludere che l’Ente debba intervenire, in caso di dimostrata utilità, a ripianare le perdite.

5. Se l’obbligo di accantonamento debba essere assolto con riferimento ai risultati dell’esercizio immediatamente precedente (ad esempio nel corso del 2017 a fronte del risultato economico della società maturata nell’esercizio 2016), ovvero ai risultati emergenti dall’ultimo bilancio di esercizio chiuso (ad esempio nel corso del 2018 a fronte del risultato della società derivante dal bilancio relativo all’esercizio di competenza 2016 approvato nel corso del 2017)

Come prescritto dalla norma, l’obbligo accantonamento va assolto prendendo a riferimento il risultato (negativo) di esercizio, risultante dal bilancio di esercizio approvato formalmente dalla società partecipata.

E dovrà essere effettuato nel primo bilancio dell’Ente partecipante successivo alla “certificazione” del risultato negativo, ferma restando la possibilità, nell’ambito della verifica sull’andamento della gestione societaria, di valutare prudenzialmente di procedere ad accantonamenti anche prima dell’approvazione del bilancio d’esercizio.

6. Sulla possibilità di non procedere con l’accantonamento in relazione all’ultimo bilancio chiuso della società, laddove, nel mentre, il risultato economico negativo sia stato comunque riassorbito

Anche questa possibilità viene negata dalla Corte sulla considerazione che, al fine di valutare il riassorbimento delle perdite, l’Ente dovrà attendere la certificazione dei risultati della società partecipata mediante l’approvazione del bilancio d’esercizio, i cui risultati positivi incideranno sul primo bilancio di previsione, successivo a tale certificazione.

Stefania Fabris


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