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La corretta qualificazione degli incarichi di docenza affidati a soggetti esterni, fra incarichi di consulenza e appalti di servizi6 min read

IN POCHE PAROLE …

L’incarico di docenza è una mera prestazione di servizi assoggettata alla disciplina dei contratti pubblici.


Corte dei conti, sez. giurisdiz. per il Piemonte, sentenza 26 aprile 2022, n. 120 [1] Pres. Pinotti; Est.  Mezzapesa


La qualificazione di un incarico quale consulenza esterna all’ente locale, con conseguente applicazione della disciplina prevista dall’art 107 e ss. del TUEL e dall’art. 7 del TUPI, nonché di eventuali regolamenti interni dell’Ente, deve essere svolta in concreto, avendo a riguardo il contenuto delle prestazioni affidate al professionista, sulla base di riscontri oggettivi e non sulla base di mere classificazioni astratte.

Le consulenze esterne ex art. 7 del TUPI sono volte ad ottenere prestazioni rientranti nel novero delle competenze dell’Amministrazione affidataria, la quale dovrebbe in linea teorica farvi fronte con le proprie risorse interne; per tale ragione viene prevista la rigida disciplina sopra richiamata.

Al contrario,  laddove le prestazioni affidate al professionista risultino volte a sopperire ad esigenze proprie dell’Amministrazione, queste potranno essere qualificate come appalto di servizi.

L’incarico di docenza è una mera prestazione di servizi assoggettata alla disciplina dei contratti pubblici


A margine

A seguito di una segnalazione relativa a presunti illegittimi conferimenti di incarichi a professionista esterno da parte di un Ente Locale, la Procura contabile competente avviava un’istruttoria finalizzata all’accertamento dell’eventuale danno cagionato alla finanza pubblica, all’esito della quale citava in giudizio il Dirigente pubblico che aveva affidato, con due distinte Determine, gli incarichi in questione.

Per la precisione il Dirigente aveva provveduto ad affidare, in prima battuta, un incarico per lo svolgimento di 10 giornate formative in tema di “Agenda Digitale”, per una spesa complessiva di 4.900 euro.

A distanza di più di 2 mesi, con successiva e distinta determinazione, veniva affidato al medesimo professionista un secondo incarico per lo svolgimento di ulteriori 10 incontri formativi sempre in tema di formazione digitale, per una ulteriore spesa di 4.900 euro.

A fronte di siffatto quadro la Procura ha ritenuto che il Dirigente avrebbe così illegittimamente conferito, con affidamento diretto, due incarichi, a breve distanza l’uno dall’altro, ad un medesimo professionista esterno, aventi entrambi il medesimo oggetto, senza la preventiva verifica dell’esistenza di professionalità interna all’Amministrazione, e con un frazionamento artificioso, per eludere le disposizioni normative che imponevano lo svolgimento di procedure pubbliche di selezione, nonché per impedire il controllo che la legge intesta alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sugli atti di spesa degli enti locali conseguenti ad incarichi di importo superiore ad € 5.000.

In particolare, la Procura ha contestato la violazione della disciplina in tema di incarichi, come contenuta all’art 107 e ss. del TUEL, all’art. 7 del TUPI, all’art. 1, comma 173 della legge finanziaria 2006 (l. n. 266/2005), nonché agli artt. 1, 3, 4, 8 e 13 del “Regolamento per il conferimento degli incarichi ai soggetti esterni all’amministrazione” del Comune.

Il danno corrisponderebbe all’intero importo conferito all’incaricato ovvero 9.800 euro, somma che si sarebbe indebitamente andata a sommare alle retribuzioni dei dipendenti dell’Ente i quali, secondo la Procura, avrebbero potuto svolgere l’oggetto dell’incarico.

Quanto all’elemento soggettivo, nell’atto di citazione viene contestata la colpa grave che sarebbe riconducibile a una evidente violazione del dettato normativo.

La sentenza

Contrariamente a quanto prospettato dalla Procura contabile, il Collegio giudicante, condividendo le tesi difensive prospettate dal convenuto, ritiene che non sussistano tanto gli elementi oggettivi quanto l’elemento soggettivo della responsabilità erariale.

Come accennato, la Procura contabile ha mosso la propria azione sul presupposto di poter qualificare gli incarichi quali consulenze esterne all’ente, così contestandone l’antigiuridicità in ragione della supposta violazione della complessa disciplina contenuta all’art 107 e ss. del TUEL, all’art. 7 del TUPI, all’art. 1, comma 173 della legge finanziaria 2006 (l. n. 266/2005), nonché agli artt. 1, 3, 4, 8 e 13 del “Regolamento per il conferimento degli incarichi ai soggetti esterni all’amministrazione”.

Il Giudice ritiene, invece, di poter qualificare detti incarichi quali mere prestazioni di servizi assoggettate alla disciplina dei contratti pubblici, come sostenuto dalla difesa del convenuto.

D’altronde, rileva il Collegio, la stessa Procura ha sostenuto nell’atto di citazione che la valutazione circa la corretta qualificazione di un affidamento debba essere svolta “in concreto”, ovvero sulla base di riscontri oggettivi e non sulla base di mere classificazioni astratte;  dunque, non in relazione al mero oggetto della prestazione richiesta, bensì esaminando in concreto le modalità con cui la prestazione venga erogata (profilo organizzatorio, elemento personalistico, ecc.), anche al fine di impedire facili elusioni delle più rigide e vincolanti disposizioni dettate dal legislatore in materia di conferimento di consulenze esterne.

Nonostante ciò la Procura si è limitata, tuttavia, a fornire elementi non ritenuti significativi, in quanto non attinenti alla prestazione fornita ma, esclusivamente, alla figura del soggetto incaricato (quali la mancata iscrizione nel registro delle imprese; i dati delle dichiarazioni 770 e delle CU; il codice ATECO associato a sua partita IVA).

Di converso, sono state ritenute convincenti le deduzioni della difesa volte a evidenziare come le prestazioni affidate al professionista risultassero volte a sopperire ad esigenze proprie dell’Amministrazione, in quanto riguardanti attività formative, peraltro in materia informatica ed in ragione di un percorso nazionale di digitalizzazione della P.A., di tutto il personale dell’Ente: non dunque, attività rientranti nel novero delle competenze proprie dell’Amministrazione affidataria, per il cui eventuale conferimento all’esterno, il legislatore ha previsto la rigida disciplina sopra richiamata.

Nel caso di specie si tratta, quindi, di una mera prestazione di servizi come tale pacificamente soggetta alla disciplina del Codice dei Contratti Pubblici che, nel testo in allora vigente, annoverava le prestazioni in parola nei servizi di cui agli allegati IIA e IIB del D. Lgs. 163/2006 (servizi speciali per cui operano soglie di rilevanza comunitaria particolari), come “servizi di istruzione”, ovvero quali servizi “informatici ed affini”.

Viene parimenti ritenuta infondata l’argomentazione, sostenuta in via subordinata dalla Procura, secondo cui, anche nel caso in cui gli affidamenti di cui si discute fossero inquadrabili quali prestazioni di servizi, il dirigente non avrebbe potuto legittimamente conferirli senza l’esperimento di una procedura pubblica comparativa: come eccepito dalla difesa del convenuto, la disciplina legislativa all’epoca vigente, dettata dall’art. 125 del D. Lgs. n. 163/2006, consentiva di procedere con affidamenti diretti per servizi e forniture sotto la soglia di 40.000 euro, non superata neanche sommando gli importi dei due incarichi (disciplina poi ripresa dall’art. 36 del nuovo Codice dei Contratti).

Fermo restando ciò, il Collegio ritiene di poter affermare che, anche nell’ipotesi in cui gli stessi incarichi fossero qualificati alla stregua di consulenze, non risulterebbe dimostrata la condotta antigiuridica del convenuto, ai fini della contestazione della responsabilità erariale del medesimo.

I singoli incarichi, infatti, non superavano l’importo di 5.000 €, oltre il quale era predicabile lo svolgimento di una procedura selettiva e l’inoltro della comunicazione alla Sezione regionale di controllo; inoltre il Dirigente non avrebbe operato un artificioso frazionamento, essendo le prestazioni ben distinte ed autonome.

Non solo ma, stante la specificità della formazione di cui agli incarichi in esame, resa necessaria per “tutto” il personale, nonché ai contenuti dell’attività programmatoria, il Collegio ritiene superata ed assorbita la prescritta verifica dell’assenza di professionalità interne per sopperire ai fabbisogni formativi.

Così stando le cose il Collegio ha respinto la domanda della Procura contabile e ha dichiarato il convenuto assolto da ogni addebito.