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Le finalità turistiche non giustificano la deroga al limite delle spese di pubblicità3 min read

Il limite del 20% fissato dall’art. 6, comma 8, del decreto – legge n. 78 del 2010 è inderogabile, in quanto, se fosse riconosciuta legittima un’applicazione flessibile della norma, verrebbe precluso il raggiungimento degli obiettivi che si è posto il legislatore. 

Il comune può tuttavia operare compensazioni con le altre spese contingentate dallo stesso decreto 78.


Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna, deliberazione n. 81/PAR/2013, del 14 maggio 2015 [1], Pres. A. De Salvo, Rel. R. Patumi


Il quesito

Il Comune chiede alla Corte dei conti se la stampa di materiale pubblicitario soggiace al limite di spesa del 20% disposto dal decreto – legge n. 78/2010, in considerazione del fatto che, ricondurre tale spesa nella limitazione di legge, priverebbe il territorio della possibilità di far conoscere e sfruttare appieno le potenzialità turistiche dell’Ente.

Il parere

La Corte, con il parere che si annota, ribadisce le note regole sul regime vincolistico di cui al citato art. 6, comma 8, del decreto legge 1 maggio 2010, n. 78 [2], convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, secondo cui “A decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (…) non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le medesime finalità”, come interpretate dalla Corte costituzionale con sentenza n. 139 del 2012 e dalla Sezione delle autonomie della stessa Corte dei conti con deliberazione n. 26 del 2013. E ricorda che tali limiti sono inderogabili in quanto, se fosse riconosciuta legittima un’applicazione flessibile della norma, verrebbe precluso il raggiungimento degli obiettivi che si è posto il legislatore. All’ente, come riconosciuto dal giudice delle leggi, rimane tuttavia un’ampia facoltà di operare compensazioni tra voci di spesa, anche al di là di quelle indicate nella stesso art.6, nonché la possibilità di escludere le spese oggetto di finanziamenti aggiuntivi e specifici trasferiti da altri soggetti pubblici o privati, nonché i relativi proventi.

Nota a margine

Con la deliberazione annotata, la Sezione non si limita ad esprimere il parere richiesto, peraltro scontato, ma fornisce utili precisazioni e suggerimenti, che evidenziano l’importanza nelle decisioni amministrative di utilizzare una corretta e puntuale indicazione dei motivi a base della scelta discrezionale dell’ente (art. 3, L. 241 del 1990 [3]).

La precisazione, molto utile, riguarda la distinzione fra spese di rappresentanze e quelle di pubblicità. Quest’ultime perseguono il fine di incrementare la domanda di beni o di servizi, mentre quelle di rappresentanza hanno lo scopo di promuovere all’esterno l’immagine di un ente. Per questi motivi, le spese oggetto del parere sarebbe più correttamente da includere fra quelle di pubblicità e non di rappresentanza, anche se ciò è irrilevante ai fini del regime vincolistico di cui trattasi essendo ambedue le tipologie di spesa soggette allo spesso regìme.

Il consiglio riguarda la motivazione da utilizzare nell’assumere la spesa. Afferma, infatti, testualmente la Corte che qualora il Comune decidesse di stampare opuscoli finalizzati non tanto ad incrementare il turismo, quanto a valorizzare beni culturali , cioè, ai sensi dell’art. 6 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 [4] ,…, “aventi lo scopo di promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, … le relative spese sarebbero sottratte al regime vincolistico introdotto con il d.l. n.. 78/2010.

Sintetizzando, per ogni regola, anche la più severa, è sempre disponibile un’eccezione, basta conoscerla.

Giuseppe Panassidi