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Sì ai compensi per i revisori che siano anche amministratori locali6 min read

La Sezione autonomie risolve la questione di massima relativa all’erogabilità dei compensi ai revisori degli enti locali che siano anche amministratori locali

Corte dei conti, Sezione per le autonomie, deliberazione n. 11/SEZAUT/2016/QMIG del 18 marzo 2016 [1]– presidente Falcucci, relatore Provvidera

A margine

La regionale controllo per il Veneto rimette alla Sezione delle autonomie la questione concernente la corretta applicazione della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 5, del dl n. 78/2010 [2], secondo cui “Ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 [3], inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute; eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta”.

La vicenda si riferisce al caso di un revisore dei conti, selezionato mediante il nuovo sistema di estrazione a sorte, che ricopre anche la carica di consigliere comunale in altra provincia.

L’orientamento consolidato delle Sezioni regionali di controllo preme per l’applicazione del divieto a prescindere da qualsiasi “collegamento” tra l’Amministrazione conferente l’incarico e quella ove il destinatario del medesimo è titolare di carica elettiva.

In guisa di siffatta interpretazione, al revisore, titolare di carica elettiva presso un altro ente, non può spettare alcun compenso se non il rimborso delle spese sostenute, anche nel caso in cui il revisore dei conti rinunci al compenso di consigliere comunale (ex multis: Sez. Lombardia n. 257/2012/PAR).

La Sezione veneta sottolinea, tuttavia, che, se la locuzione “svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni” fosse applicata letteralmente, anche il consigliere comunale che, in quanto avvocato, fosse destinatario di un incarico legale da parte di un’altra pubblica amministrazione, non potrebbe percepire alcun compenso.

In questo quadro, quindi, la norma rischierebbe di non superare uno scrutinio di legittimità costituzionale, potendosi rinvenire un’ulteriore lesione di diritti costituzionali anche nella limitazione del diritto di accedere ad una carica pubblica elettiva.

I professionisti, infatti, potrebbero essere indotti a rinunciare a ricoprire una carica elettiva ove dovessero abdicare al proprio diritto di ricevere il compenso per l’attività resa a favore delle amministrazioni pubbliche.

In materia non vanno sottaciute, tra l’altro, le soluzioni interpretative difformi, tra cui quella offerta dal Ministero dell’Interno secondo cui andrebbero esclusi dalla “portata” applicativa del divieto quegli incarichi, eventualmente conferiti all’amministratore nell’ambito della sua attività libero professionale, da enti diversi da quello di appartenenza.

Rispetto all’incarico di revisore dell’ente locale, il Ministero dell’economia ha invece osservato che “… il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche possa non trovare applicazione nei confronti dei collegi dei revisori dei conti e sindacali”.

La Sezione Autonomie risolve le tre questioni sollevate dalla Corte veneta come segue:

1) se in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata la disciplina vincolistica contenuta nell’art. 5, comma 5, dl n. 78/2010 [2]si riferisca a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominato, oppure se essa sia applicabile solo ad alcune tipologie di incarico.

Al riguardo, la suprema Sezione ritiene di non doversi discostare dall’orientamento consolidato delle Sezioni regionali così confermando che lo svolgimento di qualsiasi incarico di natura elettiva (a prescindere dalla percezione di un emolumento per lo stesso) determini l’applicazione del vincolo di finanza pubblica introdotto dall’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010.

Sulla base della ratio legis, la norma in parola non preclude ex se lo svolgimento di “qualsiasi incarico” in favore di pubbliche amministrazioni da parte di titolare di carica elettiva, ma esclude solo che lo stesso possa percepire ulteriori emolumenti, anche a prescindere dalla natura squisitamente tecnica dell’incarico.

In via generale, pertanto, la locuzione “qualsiasi incarico conferito” va interpretata evitando di operare distinzioni non espressamente volute dal legislatore circa la natura dell’incarico medesimo.

2) se nella disciplina vincolistica vadano ricompresi solo gli incarichi libero professionali oppure anche quelli determinati ed obbligatori ex lege, come quelli per la carica di organo di revisione.

Sul punto, la Corte evidenzia che il dispositivo normativo persegue la duplice finalità del contenimento dei costi per le pubbliche amministrazioni e del contenimento delle retribuzioni corrisposte ai titolari di cariche elettive.

Corollario di questa duplice ratio è il disincentivo sia per i rappresentanti dei cittadini ad assumere altri incarichi oltre a quelli attribuiti elettivamente, sia per le pubbliche amministrazioni ad indirizzare la propria scelta verso titolari di cariche elettive piuttosto che verso altri professionisti, anche nel caso in cui l’amministrazione richiedente la prestazione sia diversa dall’ente presso il quale la persona in questione sia stata eletta.

In questo quadro, i titolari di cariche elettive e le pubbliche amministrazioni non possono non essere consapevoli della tendenziale gratuità degli incarichi conferiti a tali soggetti dalle amministrazioni stesse.

Tra l’altro, fino ad oggi, il legislatore non ha mai sancito, nell’ambito della norma in discussione, una distinzione tra incarichi per funzioni istituzionali ed incarichi costituenti prestazioni professionali, ovvero, tra incarichi determinati ed obbligatori ex lege ed incarichi libero-professionali.

La locuzione normativa “qualsiasi incarico conferito” preclude quindi all’interprete di operare distinzioni circa la natura dell’incarico medesimo.

3) se un revisore dei conti di un Comune, nominato successivamente sia all’entrata in vigore dell’art. 5, comma 5, dl n. 78/2010 [2]sia al nuovo sistema di nomina dell’organo di revisione degli Enti locali, abbia diritto a percepire il compenso professionale ai sensi dell’art. 241 del TUEL [4] nel caso in cui sia consigliere comunale in altra provincia ed abbia rinunciato al gettone di presenza come consigliere comunale.

Rispetto all’erogabilità dei compensi all’organismo di revisione, la Corte sottolinea le sostanziali modifiche apportate al relativo sistema di reclutamento dal d.lgs n. 138/2011 [5].

Com’è noto, i revisori devono oggi essere estratti a sorte dalle Prefetture da un elenco formato a livello regionale, composto da tutti i soggetti in possesso dei requisiti previsti dai principi contabili internazionali, della qualifica di revisori legali e di specifica qualificazione professionale in materia, sulla base di criteri di professionalità e non meramente fiduciari.

Per la risoluzione del quesito, la Corte si rifà ai contenuti della novità normativa introdotta dall’art. 35, co. 2-bis del dl  9 febbraio 2012, n. 5 [6] , secondo cui: “La disposizione di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, si interpreta nel senso che il carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali e della titolarità di organi degli enti che comunque ricevono contributi a carico della finanza pubblica è previsto per gli organi diversi dai collegi dei revisori dei conti e sindacali e dai revisori dei conti”.

Per la sezione tale deroga al criterio generale di gratuità conserva la sua specificità anche nell’ipotesi considerata nell’art. 5, co. 5 del dl n. 78/2010 [2], con il quale deve essere sistematicamente interpretata.

A queste considerazioni consegue il seguente principio di diritto:

“La disciplina vincolistica contenuta nell’art. 5, comma 5, decreto – legge n. 78/2010 [2]si riferisce a tutte le ipotesi di incarico, comunque denominato.

Tuttavia, in forza di un’interpretazione sistematica che tenga conto della norma di interpretazione autentica di cui all’ art. 35, co. 2-bis del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 [6] (convertito dalla legge 4 aprile 2012, n. 35) è possibile configurare una eccezione al principio di tendenziale gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive. Tale eccezione è da intendersi riferibile alla sola tipologia di incarichi obbligatori ex lege espressamente indicati dalla predetta norma (collegi dei revisori dei conti e sindacali e revisori dei conti).

Il revisore dei conti di un Comune, nominato successivamente sia all’entrata in vigore dell’art. 5, comma 5, del d.l. n. 78/2010 sia al nuovo sistema di nomina dell’organo di revisione degli Enti locali, ha diritto a percepire il compenso professionale ai sensi dell’art. 241 del TUEL [4] nel caso in cui sia Consigliere comunale in altra Provincia”.

Stefania Fabris