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Consiglio di amministrazione nelle società controllate3 min read

Le prime verifiche del giudice contabile sull’ottemperanza ai nuovi obblighi posti dall’art. 11 del TUSP

Corte dei conti, sezione controllo per la regione Marche, deliberazione n. 39 del 24 ottobre 2018 [1]Presidente Contu, relatore Di Marco


A margine

Il nuovo Testo unico sulle società a partecipazione pubblica ha previsto una specifica disciplina sulla composizione dell’organo amministrativo delle società in controllo pubblico.

Con finalità di semplificazione e di contenimento dei costi “di apparato”, l’articolo 11 del decreto legislativo n. 175/2016 [2] e s.m.i. ha infatti disposto, quale regola generale, che l’organo amministrativo di queste società sia, di norma, costituito da un amministratore unico.

Al ricorrere, tuttavia, di ragioni di adeguatezza organizzativa e sempre tenendo conto della necessità di contenere i costi, l’Assemblea di tali società può decidere di derogare alla regola dell’amministratore unico prevedendo, con deliberazione motivata, il ricorso ad un consiglio di amministrazione, composto da tre o cinque membri, ovvero a forme di governance alternative (sistema dualistico o monistico).

In queste circostanze, la deliberazione assembleare andrà trasmessa alla sezione regionale della Corte dei conti  territorialmente competente e alla struttura di monitoraggio della riforma del sistema delle partecipazioni pubbliche del Mef.

Con riguardo al caso specifico di una società risultante da una recente operazione di fusione per incorporazione, della quale uno dei Comuni partecipanti sostiene la natura di mera “società a partecipazione pubblica”, e non di “società a controllo pubblico”, nei cui confronti, quindi, non sussisterebbero gli obblighi di cui all’art. 11, co. 2 del TUSP [2], la Sezione regionale per le Marche sottolinea quanto segue:

  • in base al combinato disposto dell’art. 2, comma 1 lett. b) ed m) del d.lgs. n. 175/2016 [2] le “società a controllo pubblico” sono le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile;
  • lo statuto della società in questione stabilisce che la maggioranza del capitale sociale può essere detenuta da soci di natura pubblica; situazione questa confermata anche dai dati ricavati dalle banche dati della CCIAA;
  • sempre lo statuto opta per un Consiglio di amministrazione composto da nove membri, di cui cinque nominati da soci pubblici;
  • i soci pubblici possiedono la maggioranza dei voti sia in Assemblea che nel Consiglio di amministrazione potendo così condizionare l’andamento complessivo della gestione della società, con la precisazione che non potrebbe essere altrimenti in considerazione del fatto che, a seguito della fusione, la società in parola è divenuta proprietaria delle dotazioni patrimoniali relative ai servizi pubblici locali di rilevanza industriale già appartenenti alla società incorporata (servizio idrico integrato; servizio igiene integrato; servizio distribuzione gas naturale).

Da quanto sopra deriva che la società oggetto di esame della Corte ha natura di “società a controllo pubblico”, col corollario che nei suoi confronti trovano applicazione tutte le disposizioni del TUSP [2], ivi incluse quelle che disciplinano la composizione dell’organo di amministrazione

La Sezione accerta quindi che la società ha omesso di dare attuazione agli obblighi di cui all’art. 11, co. 2 e 3 del d.lgs. n. 175/2016 [2] e s.m.i. non avendo l’Assemblea adottato alcuna deliberazione che motivasse il ricorso ad un organo collegiale in relazione a specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa e all’esigenza del contenimento dei costi.

La società ed il Comune vengono, quindi, rispettivamente, invitati ad uniformarsi alla nuova disciplina prevista dall’art. 11 del TUSP [2], e a pubblicare il rilievo evidenziato dalla Corte sul proprio sito internet ai sensi del d.lgs. n. 33/2013 [3].

Stefania Fabris