L’art. 11-ter del d.lgs. n. 118 del 2011 include nel «gruppo amministrazione pubblica» anche le fondazioni, mentre il comma 2 dello stesso articolo definisce “ente strumentale partecipato” l’azienda o l’ente, pubblico o privato, nel quale la regione o l’ente locale abbia una mera partecipazione.
Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n 64-2017-PAR del 15 marzo 2017, Presidente Rosa, Relatore Centrone
A margine
Il quesito rivolto da un comune alla Corte dei conti riguarda la definizione del “gruppo amministrazione pubblica” ai fini della redazione del bilancio consolidato.
Il Comune, in particolare, nutre delle perplessità circa le definizioni di “enti strumentali controllati e partecipati”, per cui non esiste un rapporto di partecipazione al capitale e, pertanto, chiede:
- se sia necessario considerare come “ente strumentale controllato”, come tale incluso nel “gruppo amministrazione pubblica”, una fondazione nella quale il Comune nomina la maggioranza dei membri dell’organo decisionale, che, secondo lo Statuto, “predispone ed approva i programmi fondamentali dell’attività della Fondazione e ne verifica l’attuazione”. Il dubbio è sorto in quanto la definizione contenuta nella lettera b) del comma 1 dell’articolo 11-ter del d.lgs. n. 118 del 2011 richiama il potere assegnato, dalla legge o dallo statuto, di “nominare o rimuovere la maggioranza dei componenti degli organi decisionali competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore”. L’istante precisa che, qualora nella esposta ipotesi si ravvisi la fattispecie del controllo, ricorrendo anche l’ulteriore requisito della “rilevanza”, l’ente strumentale in parola sarebbe incluso nel gruppo amministrazione pubblica, e, come tale, nell’area di consolidamento;
- se debbano considerarsi “enti strumentali partecipati”, quindi inclusi nel gruppo amministrazione pubblica, tutti gli enti, diversi dalle società e dagli organismi partecipati, che svolgono una delle attività contemplate dal comma 3 dell’art. 11-ter del d.lgs. n. 118 del 2011 (corrispondenti alle missioni dell’ente locale), per i quali vi è la nomina di rappresentanti nell’organo decisionale, ma non la maggioranza, con la conseguenza che il Comune non influenza in alcun modo l’attività di queste entità, che rimangono ad esso totalmente estranee. La conseguenza di tale eventuale inclusione è che gli enti in questione, se “rilevanti”, dovranno essere consolidati, pur restando di fatto soggetti totalmente indipendenti.
In relazione al primo quesito, la Corte evidenzia i dubbi interpretativi circa l’effettiva inclusione delle fondazioni costituite da enti locali nell’area del consolidamento, che sorgono alla luce delle disposizioni del codice civile, più volte oggetto di esame da parte delle Sezioni regionali di controllo.
La Sezione ricorda di essersi più volte pronunciata sul punto, anche soffermandosi sul modulo atipico delle c.d. “fondazioni di partecipazione” rilevando come, nel modello del codice civile, gli amministratori della fondazione non siano espressione di un’assemblea (organo non previsto), ed i criteri di nomina e composizione (oltre che i poteri) sono rimessi allo statuto (art. 16 cod. civ.), che deve stabilire anche il soggetto deputato ad esprimerne esternamente la volontà. La fondazione, infatti, è una persona giuridica alla quale il soggetto costitutore conferisce un patrimonio per il perseguimento di uno scopo, con la contestuale perdita della proprietà e del controllo sui beni attribuiti. L’art. 18 del codice civile, nel disciplinare il controllo delle fondazioni, prevede che sia l’autorità governativa, e non il fondatore, ad esercitare il controllo e la vigilanza sull’amministrazione, a nominare o sostituire gli amministratori quando le disposizioni contenute nell’atto di fondazione non possono attuarsi, ad annullare le deliberazioni contrarie a norme imperative, all’atto di fondazione, all’ordine pubblico o al buon costume, ed a nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto, dello scopo della fondazione o della legge.
La particolare natura giuridica della fondazione, incentrata su patrimonio e scopo, ha un’incidenza anche su altri aspetti della disciplina. A differenza delle società, per le fondazioni l’art. 28 del codice civile prevede, in caso di esaurimento o sopravvenuta scarsa utilità dello scopo, la trasformazione, ad opera dell’autorità governativa, in altra aderente alla volontà del fondatore. In alternativa, alla ricorrenza di determinati presupposti, prevede la devoluzione dei beni a terzi (artt. 30, 31 e 32 cod. civ.).
Un secondo elemento di riflessione riguarda, come evidenziato dalla Sezione nel parere n. 350/2012, la natura giuridica del rapporto fra ente locale e fondazione, in particolare sotto il profilo dell’effettiva possibilità di affidamento a quest’ultima dell’espletamento di attività per conto dell’ente locale. Nell’occasione erano stati prospettati dubbi circa la possibilità che una fondazione, alla luce della normativa civilistica, possa essere configurata come un soggetto in house all’ente locale. Nella struttura della fondazione, connotata dal carattere prettamente patrimoniale, risulta, infatti, di difficile individuazione il presupposto della partecipazione pubblica totalitaria, in quanto, a seguito dell’atto di fondazione, l’ente locale perde il diretto controllo sul patrimonio conferito. Analogamente, non sembrano integrabili, anche alla luce di quanto disposto dall’esaminato art. 25 del codice civile, i requisiti attinenti al c.d. controllo analogo,
Il richiamo alle disposizioni del codice civile, nonché alle precedenti deliberazioni della Sezione, evidenzia come, nel rapporto fra ente locale e fondazione, sia labile, a monte, quel rapporto di strumentalità che costituisce il presupposto principe per l’inclusione nel gruppo amministrazione pubblica. A riprova della ratio normativa, la Corte rinvia, oltre che agli artt. 11, comma 5, lett. h), 11, comma 6, lett. h) e 11-bis del d.lgs. n. 118 del 2011, a quanto precisato in apertura del Principio contabile applicato (Allegato 4/4), il cui paragrafo 1 precisa che lo scopo del bilancio consolidato è costituito dalla rappresentazione della complessiva attività svolta dall’ente attraverso le proprie articolazioni organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e partecipate. In particolare, prosegue, il bilancio consolidato deve consentire di sopperire alle carenze informative e valutative dei bilanci degli enti che perseguono le proprie funzioni anche attraverso enti strumentali.
Ad avviso della Corte si tratta di presupposti che, in base alle regole civilistiche, non ricorrono nel rapporto fra il fondatore-ente locale e fondazione, salvo, al limite, i casi in cui lo strumento sia utilizzato per scopi diversi da quelli previsti, ma tale ultima ipotesi presuppone la prova, in concreto, di un “abuso dello strumento della fondazione”, che, invece, la norma ed i principi sul consolidamento non richiedono.
Tuttavia, la lettera dell’art. 11-ter del d.lgs. n. 118 del 2011, alla luce di quanto precisato dal pertinente paragrafo del Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, sembra includere nel gruppo amministrazione pubblica, anche le fondazioni [1].
In relazione al secondo quesito, la Corte evidenzia l’effetto distorsivo che nasce, in questo caso, dall’introduzione, da parte del Principio contabile applicato concernente il bilancio consolidato di parametri di irrilevanza che tendono a ridurre l’area effettiva del consolidamento per gli enti di medio-grandi dimensioni, mentre la ampliano, in modo potenzialmente sproporzionato, per quelli di piccole dimensioni. Infatti, posto che il rapporto per valutare la presenza dei tre indici di irrilevanza vada effettuato fra il bilancio dell’ente strumentale/società partecipata e quello dell’ente socio, la percentuale risultante si eleva in caso di ente di minori dimensioni (o di ente/società pluri partecipata).
Secondo la Corte, tuttavia, l’art. 11-ter, comma 2, del d.lgs. n. 118 del 2011 appare abbastanza chiaro, posto che, definisce “ente strumentale partecipato” l’azienda o l’ente, pubblico o privato, nel quale la regione o l’ente locale ha una partecipazione, in assenza delle condizioni di cui al precedente comma 1 (che definiscono i presupposti per qualificare un ente come controllato). Pertanto, pur prendendo atto delle potenziali distorsioni applicative evidenziate nell’istanza di parere, la definizione legislativa non richiede, in questo caso, né la concorrente presenza della nomina di amministratori (e, tantomeno, della loro maggioranza), né la capacità, da parte dell’ente locale partecipante, di influenzare le scelte amministrativo-gestionali del soggetto partecipato.
[1] La possibilità di affidamento alle fondazioni di attività per conto dell’ente locale potrebbe trarsi, indirettamente, anche dalla nuova disposizione di cui all’art. 2 bis, c. 3, del d.lgs. n. 33/2013 che estende l’ambito applicativo delle disposizioni in tema di trasparenza, seppure limitatamente alle attività di pubblico interesse “… alle associazioni, alle fondazioni e agli enti di diritto privato, anche privi di personalita’ giuridica, con bilancio superiore a cinquecentomila euro, che esercitano funzioni amministrative, attivita’ di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.