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Sulla nomina di soggetti in quiescenza negli organi di governo delle Fondazioni – ex Ipab5 min read

Ai fini dell’eventuale applicazione del divieto di conferire incarichi a soggetti in quiescenza nelle Fondazioni di diritto privato – ex Ipab, occorre valutare se le stesse siano o meno qualificabili come “soggetti in controllo pubblico”

Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 23 del 4 marzo 2020 [1]Presidente Riolo, relatore Degni

Il quesito La Corte dei conti è richiesta di chiarire se il divieto di conferire incarichi a soggetti già collocati in quiescenza, previsto dall’art. 5, co. 9, del d.l. n. 95/2012 e s.m.i. [2], operi anche in fase di nomina del CdA di un’Ipab costituita nella forma giuridica della “Fondazione”.

Come noto, in base a questa norma, “E’ fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 [3], nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 [4] nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 [5], convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell’ambito della propria autonomia”.

Il parere – La Sezione Lombarda, nel richiamare le argomentazioni contenute nella precedente deliberazione n. 405 del 24 ottobre 2019 [6], ribadisce che la possibilità di nominare soggetti in quiescenza è connessa alla sussistenza o meno del controllo sull’entità in esame da parte dell’Ente.

Con la predetta deliberazione, relativa al caso di una Fondazione costituita da soci pubblici e da soci sostenitori privati, la Corte aveva già precisato che:

a) per gli incarichi di studio e consulenza, il divieto va esteso alle fondazioni solo ove incluse nell’elenco Istat, nel quale figurano anche enti aventi forma societaria, enti a struttura associativa e, per l’appunto, fondazioni;

b) rispetto al conferimento di incarichi dirigenziali e direttivi, il divieto opera, oltreché presso le “amministrazioni” indicate nella norma, che siano legittimate a conferire l’incarico, anche negli “enti e società da esse controllati”: pertanto, nel caso di una fondazione costituita (anche) da soggetti pubblici, resterà possibile attribuire incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza soltanto ove la stessa non sia inclusa nell’elenco Istat e non sia controllata da amministrazioni pubbliche.

Di contro, il divieto troverà applicazione nell’ipotesi in cui la Fondazione sia qualificabile come soggetto “controllato” dalle amministrazioni individuate dall’art. 5, co. 9, del d.l. n. 95/2012 [2], anche se non inclusa nell’elenco Istat (Cfr. Presidenza del Consiglio, Circolare n. 4/2015).

Le medesime conclusioni valgono anche per le nomine degli organi amministrativi delle (sole) società a controllo pubblico stante la previsione contenuta all’art. 11, co. 1, del d.lgs. n. 175/2016 e s.m.i. [7] che richiama espressamente la disciplina recata dall’art. 5, co. 9, del d.l. n. 95/2012 [2].

Ricordato ciò, nel caso sottoposto all’esame della Corte, il giudice contabile sottolinea che, dalla richiesta di parere non si evincono elementi sufficienti a consentirgli di stabilire la sussistenza o meno del requisito del “controllo” che, indipendentemente dalla mancata inclusione della Fondazione nell’elenco Istat o dall’assenza di finanziamenti pubblici o garanzie a suo favore, impedirebbe il “conferimento di incarichi e di cariche di organi di governo” a soggetti in quiescenza.

Pur prendendo atto che al Comune spetta la nomina dei componenti del CdA, ivi compreso il Presidente, e che il sindaco, nella nomina, deve “garantire la rappresentatività delle minoranze consiliari attraverso l’espressione di due membri”, la Sezione fa presente che tali previsioni non appaiono dirimenti per l’espressione del parere di competenza.

Tali circostanze, infatti, non rilevano ai fini dell’affermazione della sussistenza del controllo, così come espressamente stabilito all’articolo 11 sexies del d.l. n. 135/2018 [8], convertito dalla L. n. 12/2019, secondo cui per le ex Ipab “la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza, sicché è sempre esclusa qualsiasi norma di controllo da parte di quest’ultima”.

La Sezione mette comunque in evidenza che le funzioni svolte dalla Fondazione (quelle di una casa di riposo), si configurano come un servizio sociale tipico del Comune, cui questo sarebbe tenuto in ogni caso a fare fronte, con potenziali ricadute sul bilancio dell’ente.

Peraltro, il Regolamento UE n. 549/2013 [9] relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione Europea, al paragrafo 2.38, lettera d), definisce il controllo di una amministrazione pubblica come “controllo da parte dell’amministrazione pubblica dei comitati chiave dell’organismo” (nel caso di specie, il Consiglio della Fondazione, “investito di tutti i poteri per la gestione ordinaria e straordinaria”).

Ad avviso della Corte, spetterà al Comune valutare, nel caso concreto, se la Fondazione possa o meno essere qualificata quale soggetto in controllo pubblico ai fini dell’operatività del divieto, tenendo conto, tra l’altro, della specifica normativa vigente in materia (art. 11 sexies, d.l. n. 135/2018 [8]).

Stefania Fabris