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Contrattazione decentrata limitata ad una sola annualità7 min read

La contrattazione decentrata per il 2013 non può che limitarsi alla sola destinazione delle risorse del salario accessorio per l’anno in corso. Non è possibile porre in essere una contrattazione decentrata di durata triennale e, meno che meno, con contenuti normativi, differenti da quelli limitati alla disciplina degli istituti assegnati alla contrattazione di secondo livello dai contratti collettivi nazionali ancora operanti.

Molte amministrazioni stanno avviando contratti decentrati di durata triennale, nei quali attivare anche la disciplina di istituti giuridici, non solo economici.

E’ un errore operativo piuttosto grave, indotto dal travisamento delle disposizioni contenute nell’accordo del 30 aprile 2009 “Intesa per l’applicazione dell’Accordo quadro sulla riforma degli assetti contrattuali del 22 gennaio 2009 ai comparti contrattuali del settore pubblico” e dell’articolo 40, comma 3, del d.lgs 165/2001. Quest’ultimo stabilisce che “La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi. La durata viene stabilita in modo che vi sia coincidenza fra la vigenza della disciplina giuridica e di quella economica”. La durata dei contratti del settore privato, ai sensi dell’intesa del 22 gennaio 2009 e dell’articolo 2, lettera a), dell’intesa del 30 aprile 2009 è fissata in tre anni. Di conseguenza, si è ritenuto che con il primo gennaio 2013 sia partita la nuova stagione contrattuale e la conseguente nuova durata triennale, anche in conseguenza della perdita di efficacia dei contratti decentrati, dovuta all’articolo 65 del d.lgs 150/2009.

Le cose non stanno così. In realtà, l’anno 2013 è da considerare come di transizione. Non solo perché è ancora in ballo la possibilità di prolungare con decreto del Presidente della Repubblica il congelamento della contrattazione al 31.12.2014, ai sensi dell’articolo 16, comma 1, lettera b), del d.l. 98/2011, convertito in legge 111/2011. Ma, soprattutto perché manca la contrattazione nazionale collettiva.

Il via alla nuova stagione contrattuale, caratterizzata da durata e contenuti innovativi, in attuazione delle disposizioni della riforma-Brunetta non potrà che provenire proprio dalla sottoscrizione dei nuovi contratti collettivi nazionali di lavoro. La loro durata triennale, comporterà l’avvio di contrattazioni decentrate di durata a loro volta triennale.

Non si deve dimenticare che la contrattazione collettiva decentrata o di “secondo livello” è gerarchicamente subordinata a quella nazionale. Lo dimostrano molteplici punti proprio dell’accordo del 30 aprile 2009: “2.3. Il contratto collettivo nazionale di lavoro, inoltre, regola il sistema di relazioni sindacali a livello nazionale, territoriale e di amministrazione; a tal fine il contratto collettivo nazionale di lavoro definisce la disciplina dei diritti di informazione, consultazione e concertazione, in accordo con i principi della l. 15/2009, nonché modelli, regole e procedure di funzionamento di eventuali organismi parititetici”. Senza contratto collettivo nazionale di lavoro, dunque, non vi può essere disciplina delle relazioni sindacali di secondo livello: viene a mancare uno dei contenuti fondamentali della contrattazione decentrata. Prosegue l’accordo del 30 aprile 2009, specificando: “2.4. Il contratto collettivo nazionale definisce le modalità e gli ambiti di applicazione della contrattazione di secondo livello, le materie e le voci nelle quali essa si articola, nonché la relativa tempistica, secondo il principio dell’autonomia dei cicli negoziali”. Questo punto è fondamentale: solo la contrattazione nazionale collettiva potrà fissare in concreto come si svolgerà la contrattazione di secondo livello e, soprattutto, ne descriverà i contenuti, cioè l’estensione dell’autonomia negoziale delle parti:

a)      modalità;

b)      ambiti di applicazione;

c)      materie;

d)      voci oggetto della contrattazone;

e)      relativa tempistica.

Insomma, l’intera gamma dei contenuti dell’autonomia negoziale in sede decentrata dipendente, appunto nel rapporto di gerarchia fissato dall’accordo, dalle disposizioni poste dal contratto collettivo nazionale.

La dipendenza gerarchica dei due livelli di contrattazione è, ancora, espressamente confermata dal seguente ulteriore punto dell’accordo del 30 aprile 2009: “4.2. La contrattazione di secondo livello si esercita per le materie delegate, in tutto o in parte, dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria o dalla legge; e deve riguardare materie ed istituti che non siano già stati negoziati in altri livelli di contrattazione, secondo il principio del “ne bis in idem”.

Dunque, non solo il contratto collettivo nazionale di lavoro fissa i contenuti ed i limiti della negoziazione di secondo livello, ma anche le assegna, per delega, i poteri negoziali, fissando il principio che a livello decentrato non si possa tornare a trattare su istituti e materie già oggetto in via esclusiva di negoziazione al livello nazionale.

Stante, allora, le precise indicazioni dell’accordo del 30 aprile 2009, non si vede come possa reperirsi in capo alle amministrazioni l’autonomia negoziale per trattare un contratto triennale in assenza della contrattazione nazionale (in realtà, anche le organizzazioni sindacali sono prive di autonomia, ma hanno una “libertà” di azione molto più ampia; spetta all’ente pubblico per primo imporre il rispetto delle norme).

Le indicazioni espresse nell’accordo del 30 aprile 2009 hanno, poi, trovato un simmetrico rispecchiamento nella novellazione apportata all’articolo 40 del d.lgs 165/2001 da parte dell’articolo 54 del d.lgs 150/2009.

Il comma 3-bis del citato articolo 40 dispone a chiare lettere che la contrattazione collettiva “si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono”. Il comma 3-quinquies puntualizza: “Le pubbliche amministrazioni non possono in ogni caso sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con i vincoli e con i limiti risultanti dai contratti collettivi nazionali o che disciplinano materie non espressamente delegate a tale livello negoziale ovvero che comportano oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione”.

Non pare si possa dubitare, dunque, che una contrattazione decentrata triennale possa attivarsi solo ed esclusivamente quando sarà a ciò autorizzata da una contrattazione nazionale collettiva, attuativa delle modifiche apportate al sistema della contrattazione da parte della riforma-Brunetta.

Del resto, sfuggirebbe il senso di una disciplina decentrata di portata temporale di 3 anni, in assenza assoluta di materie su cui trattare, di relazioni sindacali da rispettare e modalità da seguire, secondo il nuovo corso.

In effetti, in conseguenza della totale perdita di efficacia dei contratti collettivi decentrati determinata dall’articolo 65 del d.lgs 150/2009 e dall’assenza di nuova contrattazione nazionale collettiva, la conclusione da trarre non può che essere una: in sede decentrata non si potrà far altro che stipulare l’accordo annuale sulla destinazione delle risorse, per altro ancora determinate sulla base della contrattazione nazionale collettiva ancora vigente.

Non sono possibili, in sede decentrata, considerata la vacatio contrattuale di primo livello, accordi sullo status dei dipendenti, piuttosto che sulle relazioni sindacali.

In particolare, non sarebbe in assoluto possibile stabilire in via decentrata, ad esempio, percorsi per programmare le progressioni orizzontali in un ambito temporale triennale. Ciò violerebbe il limite temporale solo annuale dei contratti che, ad oggi, stante la situazione di assenza della contrattazione di primo livello, è l’unica ammissibile.

Una programmazione pluriennale di istituti incidenti sul trattamento economico dei dipendenti, a ben vedere, non pare nemmeno molto plausibile. E’ vero che le progressioni orizzontali trovano, adesso, disciplina normativa, per effetto dell’articolo 23 del d.lgs 150/2009. Ma, è altrettanto vero che tale norma indica molto chiaramente di trasformarle in vere e proprie procedure selettive, volte a permettere l’incremento della posizione economica solo a pochi dipendenti. L’esatto contrario di quanto è avvenuto nel corso degli anni, come ha dimostrato la Corte dei conti, secondo la quale nel periodo 2001-2008 in media ogni dipendente degli enti locali ha ottenuto almeno due passaggi di progressione orizzontale.

Non è possibile immaginare, considerando il perdurare della crisi economico-finanziaria del Paese (che certamente conduce ad adottare misure sulla spesa di personale e sulla contrattazione ulteriori e diverse rispetto a quelle esistenti), quale esattamente potrà essere l’assetto giuridico ed economico del lavoro pubblico. Per un verso, ciò fa capire quanto siano avventate, oltre che erronee, le indicazioni della Corte dei conti in merito alla possibilità di prevedere progressioni orizzontali con efficacia solo “giuridica”. Avventate, perché comunque l’attivazione di progressioni orizzontali costituisce l’obbligazione di prevedere una spesa futura, che potrebbe non essere contemplata o sufficientemente finanziata dalla nuova modalità di costituire le risorse decentrate. Non condivisibili, perché la stessa contrattazione collettiva mette inequivocabilmente in luce che le progressioni orizzontali non hanno alcun effetto giuridico, ma solo economico, come dispone l’articolo 5, comma 1, del Ccnl 31.3.1999: “All’interno di ciascuna categoria è prevista una progressione economica che si realizza mediante la previsione, dopo il trattamento tabellare iniziale, di successivi incrementi economici…”.

La contrattazione decentrata, dunque, per il 2013 dovrà concentrarsi nella previsione delle indennità la cui introduzione è demandata al secondo livello (rischio, disagio, reperibilità, responsabilità varie, maneggio valori) e nella destinazione delle risorse. Non potrà estendersi ad altri oggetti. In quanto al sistema di valutazione, nella piena applicazione del d.lgs 150/2009 esso è rimesso non più alla contrattazione, bensì alla concertazione.