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Incarichi dirigenziali esterni2 min read

CdC Lazio 864.12 [1]

Commento – La sentenza riafferma il principio secondo cui l’affidamento degli incarichi di dirigente esterno nelle Amministrazioni statali (ma il principio è applicabile anche alle autonomie territoriali, v. infra), sia di II sia di I fascia, presuppone necessariamente il possesso del titolo di laurea. Mentre per la II fascia tale titolo è espressamente richiesto dalla legge (art. 28 del D.Lgs. n. 165 del 2001), per la dirigenza di I fascia la necessità del titolo di laurea, oltre che essere affermata dalla giurisprudenza di controllo e di responsabilità della Corte, è logica conseguenza del fatto che tali funzioni richiedono maggiore responsabilità (e comportano, infatti, correlata maggiore retribuzione) rispetto alle mansioni di dirigente di seconda fascia.

In questa prospettiva l’incarico dirigenziale conferito a soggetto esterno privo di laurea (che ne abbia peraltro attestato falsamente il possesso), cagiona un danno pari all’intero ammontare delle retribuzioni. Infatti, deve ritenersi da un lato che il danno sia commisurato non al corrispettivo netto conseguito dal soggetto illegittimamente incaricato ma all’intero pagamento delle retribuzioni, comprensivo delle indennità e dei contributi versati dall’Amministrazioneper un rapporto illecitamente conferito; dall’altro che non può darsi luogo a compensazione per l’utile che si pretende correlato alle prestazioni eseguite dal dirigente esterno, atteso che il contratto sottostante deve essere considerato nullo per illiceità della causa, poiché stipulato in violazione dell’art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, che costituisce norma di ordine pubblico sociale. Ne consegue l’inapplicabilità del principio di tutela del lavoratore di cui all’art. 2126 del Cod. Civ. (cfr. anche Corte dei Conti, Sez. Appello Sicilia, n. 154/2006; Sez. Campania, n. 447/2006).

Il principio può applicarsi, mutatis mutandis anche alle autonomie territoriali, cui pure si estende la disciplina degli incarichi esterni di cui al citato art. 19, comma 6 del D.Lgs. n. 165 del 2001, giusto il successivo comma 6 ter del medesimo art. 19.Ne consegue che anche negli enti locali non potrà mai prescindersi dal titolo di laurea per l’affidamento di incarichi dirigenziali conferiti a soggetti esterni ai sensi dell’art. 110 del D.Lgs. 18.8.2000 n. 267 (TUEL), e che il titolo di studio non potrà essere considerato superato dalla comprovata esperienza nello stesso campo di attività, qualora tale esperienza sia stata acquisita in assenza del titolo di studio legittimante.

Lo stesso principio è ovviamente valido in caso di assunzioni di dirigenti mediante concorso, così come in caso di progressioni di carriera (già “verticali”), dove l’articolo 52 del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165, come modificato dall’art. 62. del D.Lgs. 27.10.2009 n. 150 (attuativo della c.d. legge Brunetta), ha stabilito che tali progressioni (ove consentite) comunque presuppongono il previo possesso, anche da parte del personale interno, del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno.

In conclusione, dalla citata pronuncia emerge il principio secondo cui non può prescindersi, per lo svolgimento di incarichi o funzioni dirigenziali all’interno della pubblica amministrazione, del titolo di laurea che, si aggiunge, deve essere corrispondente e pertinente al profilo professionale o dirigenziale richiesto.

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A cura di Marcello Iacubino*

* Magistrato della Corte dei conti

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