IN POCHE PAROLE…

Le amministrazioni comunali possono farsi rappresentare nei giudizi tributari da dirigente e, negli enti che ne sono sprovvisti, dal dipendente con elevata qualificazione preposta, nonché da altro dipendente individuato sulla base delle previsioni statutarie in modo non occasionale. A questi dipendenti e dirigenti spetta, in coerenza con le previsioni dettate le cd propine degli avvocati dipendenti e dirigenti – anche se in una misura più ridotta-, l’incentivazione in caso di successi.

Mentre tale incentivazione non può essere erogata ai dirigenti e ai dipendenti che assistono in primo grado gli enti nei processi del lavoro; tale diversità si spiega con l’assenza nella disposizione che consente tale forma di rappresentanza di una possibile incentivazione per tali dipendenti. 


L’assistenza nei giudizi tributari e gli incentivi 

A rappresentare in giudizio gli enti nei giudizi tributari possono essere i dirigenti e le elevate qualificazioni, nonché funzionari autorizzati dall’ente, fermo restando che non deve trattarsi di nomine occasionali. Sono queste le indicazioni contenute nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia n. 37/2025. Il Giudice contabile fornisce  la seguente indicazione: “Nell’ambito dei giudizi tributari di cui è parte un ente locale, lo ius postulandi può spettare al titolare della posizione organizzativa, potendosi -secondo la giurisprudenza della Corte Suprema citata in parte motiva- valutare se a stare, altresì, in giudizio, possa essere un funzionario autorizzato in base alle previsioni dello statuto comunale”.

Ci viene ricordato che, sulla base degli articoli 11, comma 3, e 16, comma 6 sexies, del d.lgs. n. 546/1992 si prevede la possibilità di erogare un emolumento aggiuntivo parametrato al compenso professionale degli avvocati ed ai funzionari incaricati di posizione organizzativa dell’ente a cui sia assegnato un incarico di assistenza in giudizio. Essi, ci viene chiarito, non necessitano di procura. “La Cassazione ha precisato, al riguardo, che l’ente locale, nei cui confronti è proposto il ricorso, può stare in giudizio, dinanzi alle commissioni tributarie, mediante il Dirigente dell’Ufficio Tributi, da intendersi come il Dirigente responsabile dell’Ufficio dello specifico tributo oggetto di lite, o, in mancanza, mediante il titolare della posizione organizzativa comprendente l’Ufficio Tributi, dovendo verificarsi la necessità, o meno, di una specifica autorizzazione da parte di altri organi in base alle previsioni dello statuto comunale”.

Ed ancora, “lo ius postulandi può spettare al titolare della posizione organizzativa, potendosi -secondo la giurisprudenza della Corte Suprema innanzi riportata- valutare se a stare, altresì, in giudizio, possa essere un funzionario autorizzato in base alle previsioni dello statuto comunale.  Sia le norme che la giurisprudenza tendono quindi a soluzioni di rappresentanza in giudizio riconducibili ad una organizzazione preventiva e consolidata e non rimessa ad incarichi conferiti con carattere di estemporaneità”.

Questa attività “è remunerata con incentivi specifici in aggiunta alla retribuzione, che sono alimentati con le risorse previamente acquisite e riscosse dall’ente locale e, per tale motivo, da ritenersi sottratte al limite previsto dall’art. 23, comma 2 del d.lgs. n. 75/2017”. In questa direzione la deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 18/2024. Infine, “tali risorse devono essere gestite sulla base di una specifica norma regolamentare interna, intesa a disciplinare, nell’ambito delle indicazioni dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, le modalità applicative dell’incentivo, il quale si differenzia dai compensi professionali dei legali interni, che costituiscono, invece, quota parte della retribuzione ordinaria”.

L’assistenza nei giudizi del lavoro e gli incentivi

Ai dirigenti e funzionari che rappresentano l’ente nei contenziosi di lavoro pubblico non spettano compensi derivanti dalle somme pagata dalla controparte soccombente. E’ quanto ci dice la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sicilia n. 105/2025. Mentre, ci ricorda la deliberazione in modo espresso, tali compensi spettano ai dirigenti e funzionari che rappresentano l’ente nei contenziosi tributari, ovviamente a condizione che l’esito del processo sia favorevole per l’amministrazione. Da sottolineare che questa esclusione matura tanto nel caso di vittoria con condanna dell’altra parte al pagamento delle spese legali quanto nel caso di successo nel merito, ma con compensazione degli oneri di difesa.

Leggiamo che: “poiché, a differenza del contenzioso tributario, il legislatore non ha impresso uno specifico vincolo di destinazione alle somme riscosse dalla pubblica amministrazione a seguito della condanna alle spese dei privati nei giudizi del lavoro di primo grado ex art. 152-bis disp. att. cod. proc. civ., le relative entrate non sono destinate ad incentivare l’attività dei difensori di cui all’art. 417-bis, comma 1, cod. proc. civ. Tale ricostruzione normativa trova un’esplicita conferma nei C.C.N.L. successivi all’1 gennaio 2013, data di entrata in vigore dell’art. 152-bis disp. att. cod. proc. civ. A titolo esemplificativo, si richiama il C.C.N.L. 21 maggio 2018, relativo al personale del Comparto Funzioni Enti Locali Triennio 2016 – 2018, art. 18, comma 1 (nda compensi per gli incaricati di posizione organizzativa) .. il C.C.N.L. 16 novembre 2022, relativo al personale del Comparto Funzioni Locali per il triennio 2019 – 2021, art. 20 .. In entrambi i casi, i contratti collettivi non menzionano le somme derivanti dall’applicazione dell’art. 152-bis disp. att. cod. proc. civ.   Tale omissione non è casuale, ma discende dalla mancanza di una espressa previsione legislativa, che contempli, in modo diretto e puntuale, che tali risorse – che costituiscono entrate eventuali della P.A. – possano essere impiegate per scopi premiali a favore di specifici dipendenti pubblici”. Ed ancora, “per quanto riguarda i dirigenti, il trattamento economico è informato al principio di onnicomprensività .. in base a tale principio non è possibile erogare in favore dei dipendenti pubblici qualsiasi indennità e/o compenso ulteriore rispetto al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi atteso che la spesa per il personale deve essere evidente, certa e prevedibile nella evoluzione .. con conseguente illegittimità di una eventuale erogazione di indennità accessorie di qualsiasi tipo al di fuori di una specifica previsione di legge o della contrattazione di settore”.

Ed infine, i pareri Aran hanno chiarito che “il trattamento economico dei dirigenti ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito agli stessi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell’Ente” e che, “alla luce della nuova disposizione contrattuale, a differenza del quadro regolativo previgente, possano essere corrisposti soltanto i compensi aggiuntivi derivanti da disposizioni di legge espressamente recepite dalle disposizioni della contrattazione collettiva nazionale”. Va riportato, infine, come disposizione di chiusura, quanto prescritto dall’art. 40, comma 3-quinquies, D.Lgs. n. 165/2001 sulla nullità delle clausole contrattuali che disapplicano disposizioni di legge e/o dei CCNL.

dott. Arturo Bianco


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