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Valutazione dei dirigenti e violazione degli obblighi dirigenziali9 min read

Gli enti locali sono chiamati, in questa fase dell’anno, a procedere alla valutazione della performance individuale dei loro dirigenti in base a quanto stabilito dai propri sistemi di misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale. A tal proposito, la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT) ha rammentato, nella seduta dell’8 novembre 2012, la necessità che, in detta valutazione del personale dirigente ed in sede di attribuzione della retribuzione di risultato, si tenga conto anche dell’eventuale violazione degli obblighi dirigenziali.

Coerentemente con tale avviso, la CiVIT ha contestualmente invitato le amministrazioni pubbliche, qualora non vi avessero già provveduto o l’avessero fatto solo in parte, ad aggiornare ed integrare i sistemi di misurazione e valutazione con il richiamo alle previsioni sugli obblighi dirigenziali contenute nei relativi provvedimenti legislativi ed, in primo luogo, nella recente legge per la prevenzione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione. Il richiamo della CiVIT, ribadito con la delibera n. 6/2013, deve essere stato probabilmente dettato sia dalla constatazione, a seguito dell’esame dei sistemi di misurazione e valutazione delle amministrazioni statali, della ancora insufficiente correlazione tra valutazione, retribuzione di risultato e violazione degli obblighi dirigenziali, sia dall’evidente paradosso che si verrebbe a creare qualora un dirigente venisse valutato positivamente per il raggiungimento degli obiettivi individuali ed organizzativi a fronte, però, della compresenza di gravi inadempienze ai propri obblighi dirigenziali.

Come noto, il legislatore, con l’art. 9, comma 1, del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (successivamente sostanzialmente confermato nel suo impianto dall’art. 5, comma 11, del Decreto Legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 135), ha stabilito che la misurazione e la valutazione della performance individuale dei dirigenti debba essere collegata ai seguenti macrofattori: agli indicatori di performance relativi all’ambito organizzativo di diretta responsabilità; al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate; alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi. Rispetto a tali fattori di misurazione e valutazione della performance individuale dirigenziale, poi, le amministrazioni (ed, in particolare, gli enti locali, per i quali le disposizioni dell’art. 9, comma 1, del Decreto Legislativo n. 150 del 2009 costituiscono, ai sensi dell’art. 16 del medesimo decreto, solamente norma di principio) hanno stabilito, all’interno dei propri sistemi di misurazione della performance organizzativa ed individuale, la disciplina di dettaglio per dare concreta applicazione alla norma. Frequentemente, però, è il legislatore stesso che, al fine di coinvolgere ed incentivare la dirigenza pubblica al corretto e tempestivo adempimento di alcune prescrizioni normative, ha tipizzato, in aggiunta ai fattori di misurazione e valutazione della performance individuale dirigenziale più generali di cui al predetto art. 9, comma 1, delle singole e specifiche casistiche nelle quali l’eventuale inadempimento o violazione degli obblighi dirigenziali comporta effetti negativi sulla valutazione della performance individuale del dirigente e, conseguentemente, sulla retribuzione di risultato dello stesso. La CiVIT, quindi, al fine di supportare tutte le amministrazioni pubbliche per la puntuale applicazione anche di queste ultime fattispecie di valutazione della performance individuale dirigenziale, ha pubblicato nel suo sito internet due documenti [1] che riassumono gli obblighi dalla cui violazione discendono forme di responsabilità dirigenziale: nel primo documento sono riassunti gli obblighi riferiti alle norme anteriori al 31 dicembre 2011 (con i relativi aggiornamenti); nel secondo documento sono indicati, invece, gli obblighi derivanti dalle più recenti normative. In particolare, si sottolinea come proprio in due provvedimenti normativi di recente adozione, ossia nel Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221, e nella Legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, il legislatore abbia fatto particolare ricorso a formule con le quali si prospettano conseguenze negative sulla valutazione e sulla retribuzione di risultato dei dirigenti a fronte della violazione degli obblighi dirigenziali.

Ad un’attenta lettura dei due documenti pubblicati dalla CiVIT, si può notare che le norme in essi elencate appartengono a tre distinte tipologie, in relazione alle diverse modalità di trattamento in sede di adeguamento dei sistemi di misurazione e valutazione.

Il primo caso (A) è rappresentato dalle norme che già stabiliscono la modalità in cui deve essere decurtata la retribuzione di risultato a fronte di una violazione o di un inadempimento del dirigente: si tratta, ad esempio, dell’art. 36, comma 3, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in base al quale al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato, e dell’art. 55 sexies, comma 3, del medesimo decreto, che stabilisce che il mancato esercizio o la decadenza dell’azione disciplinare, nei casi indicati in detto comma, comporta anche la mancata attribuzione della retribuzione di risultato per un importo pari a quello spettante per il doppio del periodo della durata della sospensione disciplinare correlata. In tale casistica, l’adeguamento al sistema di misurazione e valutazione rispetto alle fattispecie valutative e all’entità della sanzione costituisce un mero richiamo, non aggiungendo nulla rispetto a quanto già previsto dalla norma precettiva che è applicabile a prescindere. La parte innovativa che potrebbe essere inserita nel sistema di misurazione e valutazione, invece, consiste nella modalità di collegamento tra la decurtazione automatica della retribuzione di risultato imposta dalla norma e la valutazione della performance individuale. È, effettivamente, difficile pensare, infatti, che la riduzione della retribuzione di risultato avvenga a prescindere da analoghe considerazioni in tema di valutazione e che non trovi, in qualche modo, un corrispettivo ed una base giustificativa in quest’ultima (anche perché è necessario salvaguardare il nesso causale e cronologico tra valutazione e corresponsione della retribuzione di risultato).

Un secondo caso (B) è quello delle norme (più numerose) che stabiliscono il legame tra violazione degli obblighi dirigenziali e valutazione e retribuzione di risultato, senza, però, indicare concretamente la misura nella quale la prima influenza le seconde. Si tratta di norme quali, per limitarsi ad alcuni esempi recenti, quelle contenute nel Decreto Legge n. 179/2012 (in casi come quello dell’art. 9, comma 7, relativamente alla pubblicazione degli obiettivi di accessibilità e dello stato di attuazione del piano per l’utilizzo del telelavoro, e, più in generale, all’applicazione dell’intero articolo 9 “Documenti informatici, dati di tipo aperto e inclusione digitale”) e nella Legge n. 190/2012 (nel caso di alcuni specifici inadempimenti e violazioni rispetto al piano triennale di prevenzione della corruzione). Anche in questo caso, ma solo rispetto all’individuazione della fattispecie (che è già stabilita nelle relative disposizioni normative), l’adeguamento del Sistema costituisce un richiamo agli articoli di legge esistenti. Diverso, invece, è il problema della correlazione tra l’entità della violazione eventualmente commessa dal dirigente e la misura della sanzione in termini di valutazione inferiore e minor retribuzione di risultato. È in questo ambito, infatti, che appare opportuno inserire nel sistema di misurazione degli appositi criteri da applicarsi a seconda delle fattispecie (in relazione anche alla gravità della violazione riscontrata). Può essere utile, poi, anche chiarire nel predetto sistema non solo l’incidenza della violazione su valutazione e retribuzione di risultato, ma anche il collocamento sistematico di tale voce valutativa rispetto agli altri fattori di valutazione previsti nel sistema (sostanzialmente riconducibili – come già detto – ai quattro prospettati nell’art. 9, comma 1, del Decreto Legislativo n. 150/2009). Una soluzione può essere l’inserimento di una nuova ed apposita voce valutativa in aggiunta alle esistenti; un’altra ipotesi è quella di utilizzare fattori valutativi già esistenti (ad esempio, la qualità del contributo individuale) opportunamente adattati; infine, un’altra alternativa potrebbe essere l’applicazione di percentuali di riduzione della valutazione (applicate sul totale e, quindi, proporzionalmente su tutti i fattori che concorrono alla valutazione), graduate, a seconda della gravità della violazione, da un minimo fino alla perdita tout court della retribuzione di risultato. Quest’ultima soluzione sembra più adeguata per risolvere le situazioni più gravi ed è, forse, preferibile in termini di coerenza logica in quanto più simile a quanto accade nel primo caso (A).

Il terzo caso (C), infine, è quello di norme che, pur non citando esplicitamente l’impatto con la valutazione o la retribuzione di risultato, prefigurano situazioni di responsabilità in capo ai dirigenti (in caso di inadempimenti o violazioni) che sarebbe paradossale non comportassero anche una qualche ripercussione sulla valutazione della performance individuale e, di conseguenza, sulla retribuzione di risultato. Si tratta di norme quali, ad esempio, l’art. 7, comma 6, del Decreto Legislativo n. 165/2001, in base al quale il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Nella fattispecie che si sta descrivendo, rispetto alle precedenti due assume maggiore significato l’indicazione, nel sistema di misurazione e valutazione, delle fattispecie singole di violazione degli obblighi dirigenziali con conseguenze sulla performance individuale, dato che non sono esplicitamente indicate dal legislatore; per quanto riguarda, invece, le tre opzioni di collocazione all’interno del sistema di misurazione e valutazione della fattispecie valutativa e l’inserimento (nello stesso sistema) dei criteri per la graduazione della riduzione della valutazione e retribuzione, valga il ragionamento appena esposto per il secondo caso esaminato (B).

Per tutte e tre le casistiche appena elencate, poi, può essere utile che nel sistema di misurazione e valutazione siano indicate anche le modalità con le quali il valutatore viene edotto relativamente all’esistenza di casi di violazioni degli obblighi dirigenziali; una soluzione potrebbe essere quella di individuare, quali soggetti deputati a trasmettere le relative informazioni, quelli che partecipano al sistema dei controlli interni (in base all’art. 147, comma 4, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, così come modificato da ultimo dall’art. 3, comma 1, lettera d), del Decreto Legge 10 ottobre 2012, n. 174).

Sebbene l’adeguamento del sistema di misurazione e valutazione debba ritenersi opportuno, sia per un miglior adempimento della normativa sia per garantire maggiore trasparenza e sistematicità nell’insieme dei fattori che concorrono alla valutazione dirigenziale, è bene che, già in sede di valutazione del personale dirigenziale per il 2012, gli enti locali provvedano ad adeguarsi al richiamo della CiVIT (qualora non avessero già provveduto in merito o lo avessero fatto solo parzialmente) anche se non intravedono i tempi tecnici per una modifica o integrazione al sistema di misurazione e valutazione. Questo, perlomeno, nei casi (A) e (B), in cui sono le norme medesime a disporre esplicitamente il collegamento tra la violazione degli obblighi dirigenziali e la valutazione e la retribuzione di risultato (e non sussiste, quindi, alcuna discrezionalità in merito). Il Nucleo di valutazione (o, se costituito, l’Organismo indipendente di valutazione), in tali casi, potrebbe preventivamente stabilire in apposito verbale i criteri e le modalità di intervento (portandoli a conoscenza del personale dirigenziale) che verranno poi utilizzati in sede di valutazione della performance individuale dei dirigenti.