Con l’entrata in vigore del nuovo CCNL Funzioni Locali 21 maggio 2018, nel caso della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a 6 mesi, per le infrazioni commesse successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice disciplinare non viene corrisposto al lavoratore alcun assegno alimentare, come si evince dalla lettura dell’art. 59 comma 8 del medesimo CCNL.

In precedenza tale disciplina era contenuta nell’art. 3 comma 6 del CCNL del Comparto Regioni-Autonomie Locali dell’11.04.2008 secondo cui, nel caso di sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a 6 mesi, era prevista, per il periodo della sospensione, la corresponsione al lavoratore di un’indennità pari al 50% della retribuzione, indicata all’art. 52, comma 2, lettera b) del CCNL 14.9.2000 (in seguito art. 10 comma 2 del CCNL del 9.5.2006). In base alla nuova disciplina riportata nell’art. 59 comma 8 al dipendente sospeso disciplinarmente non spetterà alcuna indennità alimentare, a prescindere dalla durata della sospensione stessa.

Cosa ne pensa l’ARAN – L’Aran è stata chiamata a pronunciarsi su un’infrazione commessa nell’anno 2009, quindi con il procedimento disciplinare avviato in vigenza del CCNL del 11.04.2008; sul quesito proposto se vada o meno corrisposta l’indennità rispondeva con parere del 03/04/2019 -CFL 43– precisando che la nuova disciplina può trovare applicazione solo per le infrazioni commesse successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice disciplinare. Come riporta l’Aran, tale principio è condivisibile poichè all’art. 59 comma 12 medesimo CCNL del 21.05.2018 è riportato che: “il codice disciplinare deve essere obbligatoriamente reso pubblico nelle forme di cui al comma 11 entro 15 giorni dalla data di stipulazione del CCNL e si applica dal 15° giorno successivo della sua applicazione”.

La natura dell’indennità alimentare – Vi è comunque da precisare che l’indennità alimentare di cui trattassi, in precedenza concessa al dipendente, veniva inquadrata come misura assistenziale per far fronte alle esigenze di vita del dipendente. (Consiglio di Stato sez. IV 29 gennaio 1996 n. 65) similmente all’assegno alimentare già previsto dall’art. 82 del TU impiegati civili dello Stato, richiamato dallo stesso art. 92 del T.U. Detto assegno non aveva una funzione retributiva in quanto concesso non a fronte di una prestazione lavorativa.

E’ utile precisare che in questo periodo di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, per la pendenza di un procedimento disciplinare, il rapporto con l’ente rimane in essere e permangono i vincoli di cui all’art. 53 del D. Lgs. n. 165 del 2001.  Consegue che se il dipendente, sospeso, è impossibilitato per legge a svolgere altra attività lavorativa (preso soggetti terzi, sia pubblici che privati) tale da consentire il sostentamento a sé e ai propri famigliari, si potrebbe ravvisare un contrasto con il dettato della Costituzione, che all’art. 36 nella parte in cui precisa che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un esistenza libera e dignitosa, con tutte le conseguenze legali che potrebbero derivarne.

In tali casi, invece, qualora l’ente erogasse un’indennità che non è più prevista dalle norme contrattuali, si avrebbe un esborso di denaro pubblico non giustificato, quindi suscettibile di responsabilità amministrativa/contabile e passibile del giudizio della Corte dei Conti.

Per tali ragioni la normativa contrattuale in precedenza, analogamente a quanto contenuto nel precedente assetto pubblicistico all’art. 82 del DPR n. 3 del 1957, prevedeva la corresponsione al dipendente di un assegno alimentare. Va inoltre precisato che il dipendente, durante il periodo di sospensione, non matura le ferie per la mancanza del necessario presupposto della prestazione lavorativa effettivamente resa (così Corte di Cass. civile n. 6872 del 1988 e n. 504 del 1985 in materia di sospensione cautelare; sull’impossibilità di maturare le ferie in caso di assenza non retribuita vedasi Cass. n 1315 del 1985). In questo ambito vanno valutate anche le modalità di applicazione della sanzione disciplinare de quo nel caso di rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale: qui emerge la necessità di effettuare un riproporzionamento del periodo di sanzione, ovvero la sospensione della prestazione lavorativa e della relativa retribuzione deve trovare applicazione soltanto nei giorni effettivamente “lavorati”, non potendo invece trovare fondamento quando manca la prestazione lavorativa.

La disciplina per i dirigenti –Ai fini di un inquadramento complessivo dell’istituto, va precisato che la non corresponsione dell’indennità alimentare era già prevista, per l’area della dirigenza, dall’ 7 comma 8 del CCNL comparto Regioni-Autonomie Locali 22.02.2010. Dalla lettura del testo emerge infatti che, per tutta la durata della sanzione disciplinare – sospensione dal servizio da tre giorni fino a sei mesi – non è prevista la corresponsione di alcun emolumento a favore del dirigente a cui la sanzione viene irrogata.

Sospensione in caso di pendenza di procedimento penale – Posto che, per la prima volta per il comparto, nel nuovo CCNL, è previsto, che in caso di sospensione dal servizio e dalla retribuzione da 11 giorni fino a sei mesi al dipendente non spetti alcuna indennità alimentare a prescindere dalla durata della sospensione, va ricordato invece che nelle ipotesi di sospensione cautelare in caso di pendenza di procedimento penale (art. 61 comma 7) l’indennità alimentare può essere perfettamente corrisposta: ciò in quanto, in quest’ultimo caso, non si ha l’operatività di una sanzione disciplinare strictu sensu ma di una “misura cautelare” che l’ente può applicare in pendenza dei due procedimenti (penale e disciplinare). Vedi sul punto il parere dell’ARAN 2018 (RAL_1654_Orientamenti Applicativi )

dottoressa Maria Iaria


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