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Sui requisiti necessari per assumere l’incarico dirigenziale3 min read

Laddove non è assegnato il potere di firma, l’accertamento dello svolgimento di funzioni dirigenziali va svolto sulla base di elementi sostanziali, da individuarsi nella preposizione ad una ripartizione autonoma dell’ente, con responsabilità di gestione delle risorse finanziarie e umane ivi assegnate e responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi.

Consiglio di Stato, sede giurisdizionale, sez. III, sentenza 09 gennaio 2017, n. 32 [1], Presidente Balucani, Estensore Atzeni

La controversia riguarda la dimostrazione, da parte dell’interessata, dell’adeguata esperienza dirigenziale almeno settennale necessaria, ai sensi dell’art. 3 bis, c. 3°, del d. lgs. n. 502/1992 [2], nonché dell’avviso pubblico di indizione della procedura di selezione, per l’assunzione di incarichi di direttore generale in aziende ed enti del servizio sanitario di una Regione.

In particolare, a seguito del predetto avviso, la Regione coinvolta dispone la cancellazione del nominativo della ricorrente dalla lista degli idonei a ricoprire l’incarico di Direttore Generale e l’annullamento della sua nomina a Direttore Generale di un ente regionale con contestuale nuovo incarico ad altro soggetto.

La decisione consegue alla presunta inidoneità di un servizio “dirigenziale” dichiarato e svolto dalla ricorrente, per cinque anni e due mesi, presso un altro ente, per mancanza del “potere di firma” ovvero di rappresentanza all’esterno di quell’ente.

L’appellante chiede pertanto l’annullamento dei provvedimenti impugnati e la condanna della Regione ad adottare tutti gli atti e provvedimenti per reintegrarla nell’incarico e a risarcirla dei danni subiti e subendi mentre l’amministrazione si oppone.

Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ritiene che l’elemento del “potere di firma” ovvero di rappresentanza dell’ente all’esterno, non possa essere considerato decisivo, dovendo invece essere tenuto in considerazione il contenuto delle mansioni svolte dall’interessata all’interno della struttura di appartenenza.

In effetti, anche prescindendo da ogni considerazione generale sugli elementi che caratterizzano lo svolgimento di mansioni dirigenziali, nel caso di specie lo stesso avviso pubblico di indizione della procedura ritiene qualificanti, per la partecipazione, anche esperienze di contenuto consulenziale, se di particolare livello, e quindi posizioni lavorative alle quali è estranea la rappresentanza dell’ente di fronte a terzi.

In tal senso, sia la sentenza appellata del Tar Friuli Venezia Giulia n. 393/2016 [3], sia le difese dell’Amministrazione hanno evidenziato la necessità di accertare lo svolgimento di funzioni dirigenziali sulla base di elementi sostanziali.

Tali elementi, secondo il Consiglio di Stato, devono essere necessariamente individuati nella preposizione a una ripartizione autonoma dell’ente, con responsabilità di gestione delle risorse finanziarie e umane ivi assegnate e responsabilità nel raggiungimento degli obiettivi.

Per converso, il potere di firma potrebbe si assumere rilievo ma solo ove la sua mancanza fosse espressione di subordinazione ad altra figura professionale, circostanza non emersa nel caso in trattazione.

Il giudice di secondo grado arriva quindi ad affermare la contraddittorietà dell’operato dell’amministrazione che, dopo avere impostato in termini sostanzialistici l’accertamento dello svolgimento di funzioni dirigenziali, avendo ammesso che le stesse rilevano anche se svolte in difetto della relativa qualifica e che in casi particolari costituisce esercizio di funzioni dirigenziali lo svolgimento di attività consulenziale, ha considerato decisivo, per quanto riguarda la dimostrazione dello svolgimento delle funzioni dichiarate dall’appellante, la sola mancata dimostrazione dell’esercizio del potere di firma, mentre non è contestata l’ascrivibilità delle funzioni di direzione svolte al contenuto delle mansioni proprie della dirigenza.

Pertanto l’appello è accolto e, in riforma della sentenza gravata, è disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati condannando la Regione al pagamento delle retribuzioni non corrisposte a causa dell’illegittimo allontanamento dell’appellante dalle funzioni in precedenza affidate.

di Simonetta Fabris