L’avviso del Tar Lombardia sull’accesso agli atti adottati dall’Assemblea comunale in seduta segreta

Tar Lombardia, Milano, sezione III, sentenza n. 1409 del 20 giugno 2017presidente Di Benedetto estensore Di Mario

A margine

Un ex dipendente comunale si vede negare l’accesso agli atti della commissione d’indagine istituita dal consiglio comunale sulla propria nomina a dirigente dell’ente.

Il rigetto opposto muove dalle disposizioni dello statuto e del regolamento del consiglio comunale che prevedono la segretezza delle deliberazioni assunte in seduta segreta.

Il ricorrente impugna il diniego sulla scorta di quanto previsto dell’art. 24, comma 7, l. 241/1990 secondo cui “… deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

Il Tar sottolinea le indicazioni della costante giurisprudenza in base alle quali, qualora l’accesso ai documenti amministrativi sia motivato dalla cura o la difesa di propri interessi giuridici, esso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza dei terzi (Consiglio di Stato, VI, 5 marzo 2015, n. 1113; IV, 10 marzo 2014, n. 1134).

Nel caso di specie, le norme regolamentari adottate ai sensi dell’art. 38, co. 7, del Tuel, non dispongono espressamente che gli atti delle sedute segrete del Consiglio comunale debbano essere automaticamente sottratti all’ostensione. Inoltre, la disciplina dell’accesso va rinvenuta nell’art. 22, co. 3, della legge n. 241/90, secondo cui tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6.

In particolare, secondo l’art. 24 l’accesso è escluso nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge e dal regolamento governativo di cui al comma 6, mentre all’amministrazione compete individuare gli atti coperti da segreto, secondo le norme di legge che lo prevedono.

Il Tar osserva quindi che, tra i casi di segreto espressamente previsti dall’ordinamento, non rientrano le opinioni espresse ed i voti dati dai consiglieri comunali nell’esercizio delle loro funzioni;

Non ostano all’accesso nemmeno dei motivi di riservatezza sulla condotta della persona oggetto dell’attività di indagine posta in essere dalla commissione consiliare, in quanto, nel caso di specie, è la persona stessa a richiedere l’accesso.

A questo si aggiunga che l’attività d’inchiesta posta in essere del consiglio comunale per far valere eventuali responsabilità politiche non ha le stesse garanzie delle indagini penali della polizia e della magistratura.

In conclusione, il segreto d’ufficio, cioè l’obbligo di non comunicare all’esterno dell’amministrazione notizie o informazioni di cui si venga a conoscenza nell’esercizio delle proprie funzioni, o che riguardino l’attività amministrativa in corso di svolgimento o già conclusa, non può prevalere sul diritto d’accesso ai sensi dell’art. 28 della L. 241/90.

L’accesso va dunque consentito in quanto, da un lato, non possono essere prese a giustificazione del diniego le norme dello statuto e del regolamento consiliare riguardanti la pubblicità delle sedute e non l’accesso agli atti, dall’altro la legge n. 241 del 1990 garantisce comunque l’accesso a quegli atti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici.

Stefania Fabris


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