IN POCHE PAROLE…
L’Adunanza Plenaria esamina se un’ordinanza emessa durante un giudizio riguardante l’accesso ai documenti amministrativi sia appellabile. E stabilisce che l’ordinanza ha natura decisoria e può essere appellata, poiché le parti interessate hanno il diritto di difendersi nel rispetto delle regole del contraddittorio richiesto.
Sentenza Adunanza Plenaria n. 4/2023, Pres. L. Maruotti, Est. V. Lopilato
L’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. amm., è appellabile innanzi al Consiglio di Stato”, in quanto ha valenza decisoria, stante che incide su situazioni giuridiche diverse rispetto a quelle oggetto del giudizio principale, così come avviene nel caso di ricorso proposto in via autonoma.
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Legge 31 dicembre 2012, n. 247
A margine
Il caso – Alcuni avvocati appartenenti all’Ufficio di consulenza legale della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) impugnano al Tar per il Lazio la deliberazione della Consob di approvazione del regolamento del personale, nella parte relativa al mancato adeguamento del trattamento giuridico ed economico, nonché dell’ordinamento delle carriere degli avvocati interni rispetto a quanto previsto dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247, recante la «Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense», e dall’ordinamento delle carriere degli avvocati della Banca d’Italia.
Deducendo che la suddetta documentazione fosse necessaria per la loro difesa in giudizio, i ricorrenti propongono istanza, ai sensi dell’art. 116, comma 2 c.p.a., volta ad ottenere l’annullamento della nota con cui la Consob respingeva parzialmente la loro richiesta di accesso, limitandosi ad accoglierla solo per quanto attinente alla corrispondenza con gli Ordini professionali di appartenenza. La rimanente documentazione , invece, era ritenuta afferente ad atti funzionali all’esercizio del potere regolamentare della Consob, sottratti, in quanto tali, all’accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. c), della Legge n. 241 del 1990.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, ritenendo prevalenti le esigenze difensive, accoglieva l’istanza dei ricorrenti ed ordinava alla Pubblica Amministrazione di consentire la visione della relativa documentazione.
Basandosi sul presupposto che l’ordinanza del Tar del Lazio avesse autonoma valenza decisoria, la Consob proponeva appello, chiedendo sia la sospensione degli effetti dell’ordinanza sia il rigetto della domanda di accesso.
In tale sede, controparte eccepiva, però, l’inammissibilità dell’atto di impugnazione, rilevando come l’ordinanza di specie avesse natura meramente istruttoria.
La natura giuridica dell’ordinanza
La questione giunta all’esame dell’Adunanza Plenaria attiene all’appellabilità dinanzi al Consiglio di Stato delle ordinanze con le quali il giudice di primo grado si pronuncia separatamente su di un’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a.
A questo riguardo, per ciò che attiene al contenuto dell’atto-fonte, è opportuno ricordare come l’art. 25 della Legge n. 241 del 1990, nel suo testo originario, non disciplinasse in realtà l’istanza di accesso depositata nel corso del processo amministrativo.
Solo con l’art. 17, comma 1, lett. b), della Legge 11 febbraio 2005, n. 15, è stato modificato il comma 4 del medesimo articolo 25, disponendosi che in pendenza del giudizio amministrativo “il ricorso può essere proposto con istanza presentata al Presidente e depositata presso la segreteria della Sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all’Amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio”.
Infine, il comma 2 dell’art. 116 c.p.a. – nell’abrogare tacitamente l’art. 25, comma 4, così modificato – ha previsto che “in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della Sezione cui è assegnato il ricorso principale previa notificazione all’Amministrazione e agli eventuali controinteressati”. La stessa norma ha disposto che “l’istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio”.
Le ricostruzioni ermeneutiche in contrasto
Sulla portata applicativa della disposizione poc’anzi richiamata, si sono formati nel tempo tre diversi orientamenti.
Una prima teoria, facendo leva sulla previsione che impone la notificazione dell’istanza all’Amministrazione e ai controinteressati, ritiene che si tratti di una vera e propria domanda di accesso ai documenti amministrativi e l’ordinanza avrebbe quindi natura decisoria (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2019, n. 3936 e Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2018, n. 3028).
Alla luce di questo, troverebbe dunque integrale applicazione la disciplina dell’accesso, anche per quanto attiene alla portata dell’accesso difensivo, nel senso che la documentazione potrebbe essere rilasciata “senza verificare la concreta pertinenza degli atti con l’oggetto della controversia principale” (Cons. Stato, sez. V, n. 3936 del 2019). Mentre, sul versante più strettamente processuale, l’ordinanza sarebbe autonomamente impugnabile con ricorso al Consiglio di Stato e suscettibile di esecuzione coattiva con la proposizione del ricorso per ottemperanza.
Un secondo orientamento, condiviso dalla Sezione remittente, tenderebbe, invece, a preferire la natura istruttoria dell’istanza proposta dai soggetti interessati, con conseguente analoga qualificazione anche della successiva ordinanza (da ultimo cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1878).
Tale ricostruzione valorizzerebbe maggiormente il riferimento, contenuto nell’art. 116, alla “connessione” dell’istanza con il giudizio in corso, che sembrerebbe presupporre un rapporto di strumentalità in senso stretto della documentazione richiesta per la definizione del giudizio principale. Inoltre, come evidenziato a livello giurisprudenziale, tale tesi terrebbe anche conto dell’esigenza di evitare il “rischio di impugnazioni autonome su ordinanze istruttorie che in seguito potrebbero rivelarsi comunque superflue, qualora l’esito del giudizio di primo grado fosse favorevole a prescindere” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, ord. n. 8367 del 2022).
In tal caso, non risulterebbe quindi applicabile la disciplina dell’accesso ed andrebbe seguito il regime processuale delle ordinanze istruttorie, con esclusione della loro appellabilità, la possibilità della loro modifica e revoca da parte del giudice che le ha adottate (art. 177 c.p.c. e art. 39 c.p.a.), e con la possibilità, in caso di mancata esecuzione, di trarre argomenti di prova dal comportamento dell’amministrazione ex art. 64, comma 4, c.p.a.
Da ultimo, secondo una terza ricostruzione ermeneutica, di carattere intermedio, andrebbero tenute distinte due tipologie di ordinanze: da un lato, quella che ha natura decisoria ed è appellabile, in quanto adottata applicando la normativa in materia di accesso ai documenti “senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso” (Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2020, n. 5036) e dall’altro, l’ordinanza istruttoria e non appellabile, laddove la stessa venga, invece, adottata avendo riguardo alla rilevanza della documentazione ai fini della decisione.
La risposta dell’Adunanza Plenaria
Con la sentenza annotata, l’Adunanza Plenaria statuisce come la tesi della natura decisoria, con conseguente appellabilità dell’ordinanza, vada seguita per una serie di ragioni.
In primo luogo, sulla base del criterio di interpretazione letterale, l’art. 116 c.p.a. prevede, al comma 2, che: i) “il ricorso di cui al comma 1” può essere proposto con istanza in pendenza di giudizio, il che evidenzia, per il rinvio effettuato all’accesso richiesto con ricorso autonomo, la sostanziale unitarietà del rimedio; ii) l’istanza deve essere notificata all’Amministrazione e agli eventuali controinteressati, che potrebbero anche essere diversi dalle parti già evocate in giudizio, il che evidenzia come il rispetto delle regole del contraddittorio sia coerente con la logica della natura decisoria dell’ordinanza.
In secondo luogo, sulla base del criterio di interpretazione storica, le norme vigenti, rispetto a quelle contenute nell’art. 17 della Legge n. 15 del 2005, non qualificano più l’ordinanza in esame come “ordinanza istruttoria”.
In terzo luogo, sulla base del criterio di interpretazione sistematica, il Codice del processo amministrativo ha disciplinato distintamente la fase dell’istruttoria e l’istanza di accesso in corso del giudizio, con la conseguenza che non si possono sovrapporre gli istituti in esame (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 19 del 2020).
Del resto, la domanda di accesso ai documenti, chiarisce l’Adunanza Plenaria, va rivolta all’Amministrazione e non al Giudice, con impugnazione dell’eventuale provvedimento di rigetto nel rispetto del termine perentorio di trenta giorni, il che comporterebbe che le istanze di accesso rivolte al Giudice nel corso del processo sono da considera come vere e proprie istanze istruttorie.
In quarto luogo, sulla base dei criteri di interpretazione conforme alla Costituzione, è necessario assicurare il diritto di difesa (artt. 24 e 113 Cost.; art. 1 c.p.a.) dei controinteressati e della stessa Pubblica amministrazione, qualora nel corso del processo sia emessa un’ordinanza che accolga il ricorso ex art. 116, comma 2, c.p.a. e consenta l’ostensione dei documenti richiesti.
Se non si permettesse, infatti, la sua immediata appellabilità si potrebbe determinare, a seguito dell’ordine di esibizione e del conseguente obbligo della sua esecuzione, un pregiudizio irreversibile per il diritto alla riservatezza privata dei controinteressati e per le prerogative pubbliche dell’autorità che detiene i documenti.
Si tenga conto, inoltre, che, potendo la Pubblica amministrazione e i controinteressati non coincidere con le parti del processo principale, se non si assegnasse valenza decisoria all’ordinanza le suddette parti oltre a subire il pregiudizio sopra indicato potrebbero anche non essere legittimate a proporre impugnazione autonoma avverso la sentenza che definisce la controversia.
Infine, sempre richiamandosi al criterio di interpretazione conforme a Costituzione, si evidenzia come il principio del doppio grado di giudizio (art. 125 Cost.) imponga, in presenza di provvedimenti aventi contenuto decisorio, di consentire alle parti di proporre appello (cfr. Corte cost. n. 8 del 1982; Cons. Stato, Ad. plen. n 1 del 1978).
Sulla base di quanto esposto, l’Adunanza che l’ordinanza sull’istanza di accesso proposta nel corso di giudizio abbia valenza decisoria, in quanto incide su situazioni giuridiche diverse rispetto a quelle oggetto del giudizio principale, così come avviene nel caso di ricorso proposto in via autonoma.
Le “peculiarità” rispetto al giudizio in via autonoma
Nell’ultima parte della pronuncia, l’Adunanza Plenaria, operando un raffronto con l’ipotesi di ricorso proposto in via autonoma, chiarisce ulteriormente alcune peculiarità che contraddistinguono la fattispecie oggetto di analisi in questa sede rispetto a quest’ultimo.
Il primo tratto distintivo risiede nel fatto che l’ipotesi disciplinata dall’art. 116, comma 2, c.p.a. contempla un caso di accesso difensivo qualificato dalla circostanza che la documentazione richiesta deve essere strumentale alla tutela delle situazioni giuridiche che sono state fatte valere in uno specifico processo amministrativo in corso di svolgimento. In questo senso si spiega anche il riferimento alla “connessione”, contenuto nelle disposizione normativa richiamata.
Si tratta di una “strumentalità in senso ampio”, in quanto la valutazione che deve essere effettuata dal Giudice non è soltanto volta a verificare la possibile rilevanza del documento per la definizione del giudizio, ma può servire anche per risolvere in via stragiudiziale la controversia, per proporre una nuova impugnazione ovvero, ancora, una diversa domanda di tutela innanzi ad altra Autorità giudiziaria.
La seconda peculiarità risiede nel fatto che la disposizione in esame consente al Giudice di non decidere in ordine all’istanza di accesso con ordinanza, ma di deciderla con la sentenza che definisce il giudizio. Questa previsione si spiegherebbe proprio nella logica della “connessione” della domanda con il giudizio in corso, che potrebbe indurre il giudice della causa principale a rinviare, ad esempio, la decisione incidentale sull’accesso al momento di adozione della sentenza, qualora ritenga che quella documentazione non risulti necessaria ai fini della definizione del giudizio. Tale soluzione consente maggiore celerità allo svolgimento del processo senza incidere sulla tutela della parte, in quanto la decisione è solo rinviata alla fase conclusiva del processo stesso.
Il principio di diritto
Alla luce delle ragioni evidenziate nei paragrafi che precedono, l’Adunanza Plenaria ha enunciato il seguente principio di diritto: “L’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. amm., è appellabile innanzi al Consiglio di Stato”.
dott. Alessandro Sorpresa