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Legittimo l’obbligo vaccinale per il personale docente e non docente della scuola3 min read

IN POCHE PAROLE….

L’obbligo vaccinale per il personale docente e non docente della scuola e le conseguenze in caso di inadempimento si inseriscono nel quadro di una strategia generale di contrasto alla pandemia e non risultano essere misure sproporzionate né discriminatorie, né lesive dei diritti fondamentali dei destinatari, atteso che il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quali sono la salute pubblica e il diritto allo studio in condizioni di uguaglianza.


Consiglio di Stato, III sez., decreto 28 gennaio 2022, n. 416 [1]– Pres. Corradino


Il diritto alla salute del singolo è garantito dalle previsioni legislative che consentono l’esenzione ovvero il differimento dell’obbligo vaccinale in presenza di situazioni cliniche incompatibili.

A margine

Alcuni docenti propongono appello contro l’ordinanza cautelare del Tar per il Lazio n. 131/2022 [2] che respinge la richiesta di misure cautelari in relazione ad una serie di note del MIUR che, in applicazione dell’art. 2 del DL. n. 172/21 [3], indicano che:

  • la vaccinazione costituisce requisito essenziale ed obbligatorio per lo svolgimento dell’attività lavorativa di dirigenti scolastici, docenti e personale ATA delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione;
  • all’inosservanza dell’obbligo consegue l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa e che per il periodo di sospensione, non sono dovuti retribuzione né altro compenso o emolumento comunque denominati. La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato, al datore di lavoro, dell’avvio o del successivo completamento Ministero dell’Istruzione Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del ciclo vaccinale;
  • l’inadempimento dell’obbligo vaccinale determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria già prevista per l’inosservanza dell’obbligo del possesso e del dovere di esibizione della certificazione verde COVID-19 di cui al DL. n. 19/20 [4], rideterminata nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 1.500.

Il decreto

Il giudice respinge l’appello ritenendo legittimo l’obbligo vaccinale, introdotto a decorrere dal 15 dicembre 2021, per il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e la previsione che, all’inosservanza dell’obbligo, consegue l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa.

Sul punto chiarisce che le misure contestate dalla parte appellante si inseriscono nel quadro di una strategia generale di contrasto alla pandemia. Tali misure non risultano essere sproporzionate né discriminatorie, né lesive dei diritti fondamentali dei destinatari, atteso che il diritto all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi è da ritenersi recessivo rispetto alla tutela di beni supremi quali sono la salute pubblica e il diritto allo studio in condizioni di uguaglianza.

Ciò tanto più in considerazione del fatto che il diritto alla salute del singolo è garantito dalle previsioni legislative che consentono l’esenzione ovvero il differimento dell’obbligo vaccinale in presenza di situazioni cliniche incompatibili.

Pertanto, ad avviso del giudice, nel bilanciamento tra gli interessi coinvolti dall’appello – tutti costituzionalmente rilevanti e legati a diritti fondamentali – deve ritenersi assolutamente prevalente la tutela della salute pubblica e, in particolare, quella degli studenti e del personale scolastico.

Sul punto si richiamano le argomentazioni già espresse dalla Sezione con la sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045 [5] in ordine alla legittimità di un intervento normativo dello Stato volto alla previsione di un obbligo vaccinale per determinate categorie di soggetti (sanitari), le quali risultano tanto più rilevanti in ambito scolastico, settore in cui, all’esigenza di protezione della salute pubblica – di per sé già determinante – deve aggiungersi la necessità di garantire la continuità della didattica in presenza che costituisce strumento di sviluppo della persona umana da improntarsi a criteri di efficienza, solidarietà ed eguaglianza non sempre sufficientemente protetti dalla modalità a distanza.

Per tali ragioni, e salva la più approfondita valutazione che sarà effettuata in sede collegiale, la normativa non sembra violare le norme costituzionali e sovranazionali richiamate da parte appellante.

Inoltre, il prospettato danno patrimoniale potrà eventualmente trovare adeguato ristoro in sede risarcitoria.