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Non ammissione alla prova orale per calligrafia di difficile comprensione3 min read

Le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici sulle prove concorsuali costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità attitudinale dei candidati, con la conseguenza che essi sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sussistano macroscopici elementi idonei ad evidenziare uno sviamento logico o un errore di fatto.

E’ del tutto plausibile che una non chiara calligrafia renda non solo difficoltosa la lettura dell’elaborato, ma possa impedirne la effettiva comprensibilità e rendere impossibile trarre un giudizio compiuto sui suoi contenuti.

Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 20 agosto 2019 n. 5749 [1]Presidente Saltelli, Estensore Prosperi

A margine

In seguito allo svolgimento delle prove scritte di un concorso pubblico per un posto di agronomo un candidato non viene ammesso alla prova orale avendo ottenuto un voto insufficiente rispetto al punteggio minimo stabilito dal bando (52,66/90) motivato dalla commissione giudicatrice a fronte della “calligrafia di difficile comprensione con conseguente scarsa individuazione dei concetti che si intendevano esprimere”.

Il candidato si rivolge quindi al Tar Molise denunciando il difetto di motivazione e l’irragionevolezza nella valutazione delle prove scritte nonché la violazione dei criteri per la valutazione dei titoli.

Con sentenza n. 155/2009, [2] il Tar rigetta il ricorso ritenendolo tardivo. Il soggetto si appella dunque al Consiglio di Stato riaffermando l’irragionevolezza del giudizio negativo espresso sul proprio elaborato per il fatto che non è comprensibile l’assegnazione di un voto, addirittura espresso in frazioni di punto, benché fosse stata impossibile la stessa lettura dell’elaborato.

La sentenza – Il Giudici di Palazzo Spada ritengono fondato il primo motivo di gravame, con cui è stata dedotta l’erroneità della sentenza impugnata quanto alla declaratoria di tardività del ricorso di primo grado per violazione dell’art. 155 c.p.c. [3].

Infatti, il 4 febbraio 2007, termine ultimo dei 60 gg per l’impugnazione, cadeva di domenica e dunque la notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, avvenuta il 5 febbraio 2017, è da ritenersi tempestiva.

Nel merito il Collegio richiama il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici sulle prove concorsuali costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità finalizzata a stabilire in concreto l’idoneità attitudinale dei candidati, con la conseguenza che essi sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sussistano macroscopici elementi idonei ad evidenziare uno sviamento logico o un errore di fatto (Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2019, n. 1796 [4]; sez. V, 17 dicembre 2018, n. 7115 [5]).

Nel caso in esame si osserva quindi che la commissione non si è limitata ad esprimere un giudizio meramente numerico sugli elaborati, ma, in ossequio all’indirizzo giurisprudenziale anzidetto, ha accompagnato questi ultimi con sintetici, ma comunque completi, giudizi motivazionali.

Quanto al giudizio formulato con motivazione alla “Calligrafia di difficile comprensione con conseguente scarsa individuazione dei concetti che si intendevano esprimere”, non risulta offerto dall’appellante alcun elemento, anche solo indiziario, idoneo supportarne la pretesa irragionevolezza o irrazionalità o illogicità o arbitrarietà, dal momento che è del tutto plausibile che una non chiara calligrafia renda non solo difficoltosa la lettura dell’elaborato, ma possa impedirne l’effettiva comprensibilità e rendere impossibile trarre un giudizio compiuto sui suoi contenuti.

Le delineate conseguenze della non chiara calligrafia non possono quindi essere imputate alla commissione di concorso e, per altro verso, non possono determinare di per sé l’illegittimità di un giudizio negativo sugli elaborati concorsuali, incombendo sui candidati un onere di diligenza anche quanto alla formale redazione dell’elaborato con calligrafia chiara ed intellegibile onde consentire alla commissione di svolgere compiutamente e correttamente la propria funzione.

Quanto poi all’in sé della valutazione negativa (per entrambe per prove), asseritamente irragionevole secondo la prospettazione dell’appellante, il Tar richiama quanto già evidenziato in ordine alla natura ampiamente discrezionale dei giudizi formulati dalle commissioni di concorso, che come tali sfuggono al sindacato di legittimità salve le ipotesi di irragionevolezza, irrazionalità, arbitrio, illogicità, travisamento o errore di fatto, di cui nel caso di specie non è stata fornita alcuna prova, neppure a livello indiziario, essendo le contrarie opinioni dell’appellante un mero inammissibile dissenso, di per sé inidoneo a supportare una ammissione di consulenza tecnica d’ufficio.

Pertanto il ricorso è respinto nel merito.

di Simonetta Fabris