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Per l’incarico di patrocinio legale non è sufficiente la deliberazione ma occorre il contratto scritto5 min read

Il conferimento del patrocinio legale a professionista esterno deve essere perfezionato  con il contratto scritto, da concludere anche mediante il solo  scambio contestuale di proposta ed accettazione scritte.

Non è sufficiente, invece, la sola deliberazione d’incarico,  atto meramente interno dell’amministrazione comunale e non surrogatorio del contratto.

Non assume alcun rilievo la circostanza che la deliberazione di incarico sia dichiarata immediatamente esecutiva, né che si stata portata a conoscenza del professionista, non potendo tali evenienze soddisfare i requisiti formali imposti per legge .

Spetta al Comune, e non al professionista incaricato, il dovere di sollecitare la formalizzazione della convenzione con lo stesso importo previsto nella deliberazione d’incarico.

Corte di Cassazione, sez II – ord. 19 -10-2020 n. 22652 [1] – Pres. Manna, Rel. Fortunato

A margine

Il fatto – Un avvocato propone ricorso per ottenere la liquidazione dei compensi per l’attività di difesa svolta in favore di un Comune, affermando di aver ricevuto l’incarico con deliberazione della Giunta  e successivamente di avere ricevuto la procura.

Il Comune non accetta la proposta dell’avvocato di impugnare la sentenza sfavorevole e  respinge la richiesta del legale di pagamento della parcella calcolata nei minimi tabellari, deducendo di aver stanziato una minor somma in bilancio. Il Comune, in via riconvenzionale, chiede l’accertamento del solo importo definito nella deliberazione di incarico e  la condanna del professionista per responsabilità professionale, avendo, a suo dire, svolto negligentemente il patrocinio, determinando l’esito sfavorevole della lite.

In primo grado, il Tribunale accoglie la domanda del difensore e respinge le riconvenzionali, ritenendo che il rapporto professionale era stato costituto – nel rispetto della forma scritta ad substantiam- solo con la sottoscrizione degli atti difensivi ed il rilascio della procura, non essendo stata precedentemente perfezionata alcuna convenzione con cui le parti avessero limitato il compenso all’importo indicato nella delibera di incarico.

La sentenza-  La Sezione II della Suprema Corte respinge il ricorso del Comune e lo condanna al pagamento delle spese processuali.

La Corte conferma, innanzitutto, che l’incarico professionale da parte della P.A. può considerarsi validamente concluso, in conformità alla giurisprudenza consolidata della stessa Corte, solo a seguito di contratto, stante il vincolo di forma scritta ad substantiam che caratterizza i negozi con la pubblica amministrazione. Il contratto può essere concluso anche con lo scambio contestuale di proposta ed accettazione scritte,

Il contratto, invece, non può considerarsi concluso con l’adozione della delibera della giunta municipale. La deliberazione, infatti,  ha solo valore di provvedimento ad efficacia interna, avente quale unico destinatario l’organo comunale legittimato a manifestare all’esterno la volontà dell’ente.  A nulla rileva  la dichiarazione di immediatamente esecutività della deliberazione, che consente al Comune di procedere, tramite i propri organi rappresentativi, all’anticipata stipula del contratto, ma non produce, però,  l’effetto di costituire il vincolo negoziale.

Quanto ai requisiti di regolarità contabile del rapporto, per la Corte “la delibera dell’ente territoriale che autorizzi il proprio rappresentante a stare in giudizio, non necessita dell’indicazione della spesa e dei mezzi per farvi fronte. Tali requisiti non operano rispetto ai provvedimenti riguardanti la partecipazione alle controversie giudiziarie, sia per l’incerta incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, sia per il preventivo inserimento nel bilancio dell’ente di una voce generale inerente alle spese di lite”.

La Corte, inoltre, esclude che sussistesse a carico del professionista  un dovere di sollecitare o esigere la formalizzazione dell’accordo sul compenso in forma scritta, essendo il Comune tenuto, di propria iniziativa, a conformarsi alle regole di buon andamento, sollecitando la formalizzazione di una convenzione avente i medesimi contenuti economici della delibera di incarico, in modo da pervenire ad un risparmio di spesa.

Annotazioni –  La sentenza conferma un consolidato e granitico orientamento della Corte di cassazione in materia di obbligo della forma scritta ad substantiam, a pena di nullità, nei rapporti negoziali con la pubblica amministrazione, quale strumento di garanzia dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica Amministrazione, al fine di prevenire eventuali arbitrii e per consentire l’esercizio della funzione di controllo. Conferma, inoltre, che il contratto non è surrogabile con il provvedimento a sola valenza interna dell’organo competente che conferisce l’incarico professionale o che, si aggiunge, provvede all’acquisitone di beni, lavori o servizi. (Cass. 10354/2019; Cass. n. 20690 /2016; Cass. n. 20033/2016; Cass. 3844/2017; Cass.80/2017;  Cass. 6555/2014; Cass. 12316/2015; Cass. 24679/2013; Cass. 13656/2013; Cass. 1167/2013; Cass. 1167/2013; Cass. 8000/2010; Cass. S.U., 6827/10; Cass. 15296/2007; Cass. 1752/2007).

Tuttavia, la decisone non sembra altrettanto precisa, anche se riprende altri precedenti della stessa Corte (Cass. 21007/2019; Cass. s.u. 10098/2002), nella parte in cui esclude la necessità che la deliberazione indichi la spesa e i mezzi per starvi fronte. in quanto “…tali requisiti non operano rispetto ai provvedimenti riguardanti la partecipazione alle controversie giudiziarie, sia per l’incerta incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, sia per il preventivo inserimento nel bilancio dell’ente di una voce generale inerente alle spese di lite“.

A tale conclusione osterebbe, infatti, il chiaro disposto dell’art. 191 del TUEL, [2] secondo il quale nessuna spesa, con la sola eccezione dei lavori di somma urgenza, può essere effettuata dall’ente locale in mancanza del relativo impegno assunto ai sensi dell’art. 183 dello stesso TUEL [2] e, più puntualmente,  il principio contabile 4.2.  Tale principio, infatti, prescrive, in sintesi, che l’assunzione dell’impegno di spesa deve avvenire nell’esercizio in cui l’obbligazione è giuridicamente perfezionata e la sua imputazione contabile nell’esercizio in cui il contratto è firmato (in deroga al principio della competenza finanziaria). Non solo. Prescrive anche , in sede di rendiconto (in occasione della verifica dei residui), se l’obbligazione non è esigibile, la cancellazione dell’impegno e la sua immediata re-imputazione all’esercizio in cui si prevede sarà esigibile. Lo stesso principio contabile, per scongiurare che si formino debiti fuori bilancio, obbliga a fine esercizio l’Ente ad effettuare una verifica del preventivo della spesa con il legale al fine di un eventuale adeguamento dell’impegno.

Si ritiene, invece, che,  nel procedimento di conferimento del patrocino legale, non debba mancare l’atto con cui l’Ente impegna la spesa ed indica i mezzi per farvi fronte. All’incertezza dell’onere economico nelle controversie giudiziarie, supplisce la previsione secondo cui tale impegno deve essere monitorato alla fine di ciascun anno per un suo eventuale adeguamento.

Conclusioni –  In sintesi, sotto l’aspetto operativo, il procedimento di conferimento dell’incarico di patrocinio legale ad un professionista esterno richiede, oltre alla deliberazione dell’organo esecutivo che autorizza la proposizione della lite o la la resistenza nel giudizio,  anche la determinazione di impegno di spesa con le condizioni essenziali del contatto da stipulare con il professionista. Tale procedimento deve  necessariamente concludersi con la stipulazione in forma scritta del contratto, anche mediante lo scambio contestuale di proposta ed accettazione scritte, e la procura alla lite.