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Richiesta di green pass e diritto alla riservatezza sanitaria3 min read

IN POCHE PAROLE….

La richiesta di green pass non viola il diritto alla riservatezza sanitaria.


Consiglio di Stato, sez. III, ordinanza 17 settembre 2021, n. 5130 [1], Pres. Lipari, Est. Fedullo

I soggetti contrari alla somministrazione del vaccino non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione.


A margine

I ricorrenti impugnano il d.P.C.M. 17 giugno 2021 [2], contenente le disposizioni attuative dell’articolo 9, comma 10, del d.l. 22 aprile 2021 n. 52 [3], relative al sistema di prevenzione, contenimento e controllo sanitario dell’infezione SARS-CoV-2, mediante l’impiego della certificazione verde COVID-19 (cd. “Green pass”), chiedendone l’integrale sospensione dell’efficacia lamentando la lesione del loro diritto alla riservatezza sanitaria, il rischio di discriminazioni nello svolgimento di attività condizionate al possesso della certificazione verde, nonché il pregiudizio economico derivante dalla necessità di sottoporsi a frequenti tamponi.

Sostengono inoltre il contrasto del d.P.C.M. [2], nonché della normativa primaria su cui esso si basa, con la disciplina dell’Unione europea e con la Costituzione italiana, con particolare riferimento alla protezione dei dati personali sanitari.

Il Tar Lazio, con ordinanza n. 04281/2021, rigetta la domanda cautelare a fronte della carenza di adeguata rappresentazione del periculum in mora circa il prospettato rischio di compromissione della sicurezza nel trattamento dei dati sensibili connessi alla implementazione del cd. Greenpass il quale ha carattere meramente potenziale non potendo essere qualificato come attività pericolosa ex artt. 15 d.lvo n. 196/2003 [4] e 2050 c.c. [5]

Pertanto i ricorrenti si appellano al Consiglio di Stato.

La sentenza – Il collegio respinge l’appello cautelare chiarendo che gli appellanti, dichiarandosi contrari alla somministrazione del vaccino, nel pieno esercizio dei loro diritti di libera autodeterminazione, non subiscono lesioni del diritto alla riservatezza sanitaria in ordine alla scelta compiuta, dal momento che l’attuale sistema di verifica del possesso della certificazione verde non sembra rendere conoscibili ai terzi il concreto presupposto dell’ottenuta certificazione (vaccinazione o attestazione della negatività al virus).

Peraltro, l’impugnato d.P.C.M. 17 giugno 2021 [2], contenente disposizioni attuative dell’art. 9, comma 10, d.l. 22 aprile 2021 n. 52 [3], ha ad oggetto la definizione di aspetti di regolamentazione tecnica dell’istituto del cd. Green pass, in attuazione della disposizione normativa delegante (art. 9, comma 10, d.l. n. 52 del 2021 [3]), essendo ad esso estranei, invece, i contenuti regolatori, inerenti alle attività sociali, economiche e lavorative realizzabili dai soggetti vaccinati, o in possesso di un’attestazione di “negatività” al virus, cui gli appellanti riconducono i lamentati effetti discriminatori.

Tali contenuti sono infatti propri di atti aventi forza di legge (in particolare, dd.ll. nn. 105 del 2021 [6] e 111 del 2021 [7]), la cognizione della cui compatibilità, costituzionale ed unionale, non potrebbe essere devoluta, recta via ed in mancanza di eventuali specifici atti applicativi di cui siano destinatari gli appellanti, al giudice amministrativo adito in sede cautelare, nemmeno al fine di investire delle relative questioni i Giudici (costituzionale ed europeo) competenti, fermi restando gli ulteriori approfondimenti che il giudice di primo grado svolgerà in fase di merito.