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Sull’obbligo o meno di assunzione delle categorie riservatarie nei concorsi pubblici6 min read

IN POCHE PAROLE….

Le regole sull’assunzione obbligatoria costituiscono principi generali riconducibili all’art. 117, comma 2, lettere l) ed m), Cost., che devono pertanto trovare applicazione diretta da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, a nulla rilevando la loro mancata inclusione nei bandi di concorso.


Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 25 gennaio 2022, n. 524 [1] – Pres. Cirillo, Est. Manzione


Solo laddove la quota obbligatoria di assunzioni risulti già esaurita, ovvero ne sia previsto il completamento nella programmazione in corso di validità, l’Amministrazione non ha più alcun obbligo di provvedere né mediante la riserva di posti nei concorsi, né utilizzando comunque le relative graduatorie, né con chiamata diretta, né tramite convenzione.

Diversamente, in caso di mancata previsione nella programmazione, come tipicamente può accadere con riferimento a categorie di soggetti le cui richieste si palesano estemporanee per la peculiarità del relativo status, ove il candidato lo palesi preventivamente, l’Amministrazione inadempiente è obbligata all’assunzione.

A margine

Un candidato idoneo nell’ambito di un concorso pubblico per un posto di “istruttore turistico” a cui è negata l’applicazione della riserva all’assunzione in quanto orfano di “vittima del dovere”, propone appello avverso la sentenza del T.A.R. che respinge il suo ricorso volto all’annullamento della graduatoria e dell’atto che rigetta la sua istanza di assunzione.

In particolare, ad avviso del giudice di primo grado, la riserva di posti non opera mai quando ne sia messo a concorso uno solo, perché in tale ipotesi prevale l’interesse pubblico alla scelta dei candidati più capaci e meritevoli. «E ciò in quanto, diversamente opinando, il concorso resterebbe snaturato e l’interesse pubblico sotteso alla scelta sostanzialmente vanificato». Inoltre, la prova della esistenza di altri posti in organico con riferimento ai quali rendere applicabile la riserva avrebbe dovuto essere data dalla parte.

Pertanto l’interessato si appella al Consiglio di Stato ricordando come l’Adunanza plenaria, con decisione n. 12 del 24 dicembre 1998 [2], ha, al contrario, riconosciuto espressamente l’operatività della riserva anche in caso di concorso indetto per la copertura di un solo posto, purché ve ne siano altri di analogo profilo nella dotazione organica dell’amministrazione procedente. Circostanza questa sussistente nel caso di specie, ove la percentuale venga calcolata avuto riguardo al numero di dipendenti in fascia “C” e non a quello degli “istruttori turistici”, categoria non prevista nella vigente contrattazione nazionale di comparto.

Il Comune che ha bandito il concorso eccepisce la inammissibilità del ricorso per la mancata previa impugnativa del bando, che non conteneva alcuna quota di riserva affermando inoltre che non era tenuto ad alcuna assunzione obbligatoria vantando già in organico nell’anno di riferimento un numero di dipendenti appartenenti a categorie protette (62) superiore a quello che gli sarebbe stato percentualmente imposto (58).

La sentenza

Il collegio accoglie  il ricorso ricordando che il sistema del collocamento obbligatorio per tali categorie di soggetti, via via esteso dal legislatore quale forma di risarcimento morale ai familiari superstiti di altre situazioni connotate da sicura drammaticità, tali da determinare un obiettivo contesto di difficoltà relazionale e familiare (quali ad esempio gli orfani per crimini domestici, gli orfani di Rigopiano o i testimoni di giustizia), non è incompatibile con l’utilizzo del concorso pubblico, salvo l’Amministrazione abbia già soddisfatto o pianificato di soddisfare la quota obbligatoria con modalità diverse. Le regole sull’assunzione obbligatoria peraltro costituiscono principi generali riconducibili alla materia di cui all’art. 117, comma 2, lettere l) ed m), Cost. [3], che devono pertanto trovare applicazione diretta da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, a nulla rilevando la loro mancata inclusione nei bandi di concorso, utile soltanto allo scopo di pubblicizzare in via preventiva l’utilizzo della relativa procedura a fini di rispetto degli obblighi di collocamento.

La presenza di soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, tuttavia, è una specificazione non essenziale a fini di validità della graduatoria in quanto attiene non alla correttezza della stesura, ma al suo utilizzo per la copertura del posto messo a concorso o (anche) degli altri disponibili in dotazione organica. Pertanto, a fronte della richiesta di un candidato risultato idoneo che rivendichi il proprio peculiare status soggettivo, l’Amministrazione è tenuta ad assumerlo, ove si verifichi la triplice condizione:

  • dell’essere la stessa deficitaria delle specifiche quote obbligatorie ex lege, calcolate con riferimento ai dipendenti a tempo indeterminato presenti in dotazione organica,
  • della disponibilità di altri posti di analogo profilo (id est, della non unicità di quello messo a concorso),
  • della assenza di limiti all’assunzione nell’anno di riferimento.

A tali condizioni, l’obbligo di collocamento che non si sia tradotto in riserva di posti nella procedura concorsuale, potrà essere ottemperato pure negli anni successivi, purché nei termini di validità della graduatoria stessa.

Se è vero, infatti, che l’Amministrazione è obbligata a provvedere alle assunzioni, lo è altrettanto che il legislatore non ha inteso specificarne né le modalità, né, soprattutto, l’obiettivo, lasciandola completamente arbitra di individuare il quando e il quomodo, una volta stabilito l’an.

Affinché tale libertà, tuttavia, non si trasformi in arbitrio, o, quel che è peggio, in sostanziale elusione degli obblighi di legge, si è altresì preoccupato di individuare un luogo di incontro nel quale far convergere, in posizione di bilanciato equilibrio, la libertà di autodeterminazione -più specificamente, di auto organizzazione- del datore di lavoro pubblico, con il diritto del candidato ad avvalersi dei benefici rivenienti dal proprio status. Tale luogo è costituito dagli atti di programmazione che devono connotare anche le scelte di politica del personale delle singole amministrazioni, quale strumento di razionalizzazione e conseguente ottimizzazione delle risorse umane, in funzione dei loro specifici obiettivi.

A fronte, dunque, del diritto al collocamento obbligatorio del candidato, si pone la scelta dell’amministrazione, e segnatamente di quelle locali, di allocare in altri ambiti le eventuali risorse rivenienti dal collocamento obbligatorio. Ma di ciò deve essere data esplicitazione nei richiamati atti di programmazione che, introdotti a far data dalla l. n. 449 del 1997 [4], sono stati via trasformati nei più duttili piani dei fabbisogni, incentrati sui programmi, piuttosto che sui numeri della vecchia dotazione organica, senza tuttavia eliderne la portata pianificatoria, sviluppata sull’arco temporale del triennio, in parallelismo con quanto ritenuto congruo in materia di opere pubbliche.

Pertanto, solo laddove la quota obbligatoria risulti già esaurita, ovvero ne sia previsto il completamento nella programmazione in corso di validità, l’Amministrazione non ha più alcun obbligo di provvedere né mediante la riserva di posti nei concorsi, né utilizzando comunque le relative graduatorie, né con chiamata diretta, né tramite convenzione. Diversamente, in caso di mancata previsione nella programmazione, come tipicamente può accadere con riferimento a categorie di soggetti le cui richieste si palesano estemporanee per la peculiarità del relativo status, ove il candidato lo palesi preventivamente, l’Amministrazione inadempiente è obbligata all’assunzione.

Nel caso in esame, di tale programmazione alternativa non è traccia in atti, né, soprattutto, è fatta menzione nella nota di riscontro all’interessato, ove l’ufficio si limita a riferire dell’avvenuta conclusione del concorso e del conseguente rigetto dell’istanza di parte «suo malgrado».

Da quanto sopra discende che, nel caso in esame, la graduatoria approvata risulta legittima in quanto cristallizza l’ordine dei risultati della valutazione concorsuale.

Per contro, va invece annullata, per difetto di motivazione, la nota di diniego all’assunzione dell’interessato, in quanto non chiarisce l’avvenuta o programmata ottemperanza al collocamento obbligatorio di cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 407 del 1998 [5], applicabile anche agli orfani di vittima del dovere di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999 [6], nella quota ivi complessivamente indicata.

Quanto detto non fa venire meno la possibilità del Comune di rieditare il provvedimento di diniego dell’assunzione, laddove la quota di assunzioni obbligatorie delle categorie di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68/1999 [6], in misura dell’1% della base computabile del personale in servizio, fosse già stata soddisfatta prima della procedura concorsuale di cui è causa, ovvero ne fosse programmato il soddisfacimento nell’ambito del piano assunzionale all’epoca vigente.