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La regola dell’anonimato nei concorsi pubblici4 min read

IN POCHE PAROLE


Nei concorsi pubblici la regola dell’anonimato deve essere rispettata anche per la prova a quiz.


Tar Lazio, sez. II quater, sentenza 18 febbraio 2021, n. 2023 [1], Pres.  Scala, Est. Mazzulla


Il Legislatore, nel prevedere all’art. 14 del D.P.R. n. 487/1994, un analitico e dettagliato obbligo di imbustamento delle prove concorsuali, ha evidentemente operato ex ante una valutazione di idoneità di siffatte procedure a garantire l’anonimato dei concorrenti.

Il mancato inserimento delle prove concorsuali in una busta sigillata e l’inserimento delle stesse “libere” all’interno di un unico plico laddove sono confluiti i moduli dei quiz di tutti i partecipanti alla procedura, costituisce uno scostamento non ragionevole e non proporzionale dal criterio dell’anonimato.


A margine

Alcuni candidati impugnano la graduatoria della prova preselettiva di un concorso pubblico per il reclutamento di n. 1.052 unità di personale presso il Ministero per i beni e le attività culturali affermando la violazione della regola dell’anonimato.

In particolare, la scheda anagrafica, sulla quale è stato fatto incollare il codice a barre, sarebbe rimasta visibile sul banco, unitamente al foglio delle risposte contenente il medesimo codice a barre “segreto”, sino a quando è stata ritirata, ma senza essere inserita in busta chiusa, rimanendo facilmente rintracciabile e abbinabile al foglio risposte in possesso dei concorrenti, e ciò nel corso dello svolgimento della prova, sottraendo detto svolgimento alla garanzia di anonimato.

Inoltre, i fogli delle riposte ai quesiti somministrati sarebbero stati ritirati senza che fossero stati collocati dal candidato in un’apposita busta chiusa e sigillata, tanto che i fogli risposta dei candidati, ciascuno munito di codice a barre, sarebbero raccolti e posizionati uno sopra l’altro senza essere imbustati.

La sentenza

Il Tar accoglie il ricorso in quanto è pacifico che l’amministrazione, in occasione dello svolgimento delle prove preselettive, non ha provveduto ad inserire in buste chiuse e sigillate né la scheda anagrafica né il modulo contenente i quiz a risposta multipla oggetto di prova concorsuale, essendo stati inseriti liberi in due distinti contenitori in violazione dell’art. 14 del D.P.R. n. 487/1994 [2],

Tale modus operandi risulta illegittimo in quanto potenzialmente idoneo a consentire di risalire all’identità di ciascun candidato, con conseguente seria e concreta esposizione a pericolo delle regole dell’anonimato che presidiano lo svolgimento delle prove concorsuali, poste a tutela dei principi generali di imparzialità e trasparenza dell’agere pubblico oltre che di par condicio competitorum.

Sul punto l’amministrazione, lungi dal contestare in fatto le circostanze summenzionate, si è limitata ad affermare che l’obbligo di custodire singolarmente le prove in buste sigillate sarebbe stato legittimamente surrogato dall’intervenuto inserimento dei documenti concorsuali in due distinti plichi che sarebbero stati sigillati e siglati dal comitato di sorveglianza di ciascun padiglione. Le esigenze di anonimato sottese alle previsioni normative summenzionate sarebbero state, pertanto, egualmente soddisfatte.

Tale obiezione non risulta condivisibile in quanto il Legislatore, nel prevedere all’art. 14 del D.P.R. n. 487/1994 [2], un analitico e dettagliato obbligo di imbustamento delle prove concorsuali, ha evidentemente operato ex ante una valutazione di idoneità di siffatte procedure a garantire l’anonimato dei concorrenti. Siffatta valutazione non può essere disattesa ex post, ossia in sede esecuzione del concorso, dall’amministrazione procedente la quale non è legittimata ad esprimere giudizi di equivalenza di siffatte vincolanti modalità di svolgimento delle prove rispetto ad altre, quali quelle illegittimamente messe in campo dall’amministrazione.

Del resto, in sede di predisposizione della lex specialis del concorso in questione, l’amministrazione si è conformata alla previsione legislativa di cui all’art. 14 citato D.P.R. [2], prevedendo nel bando, che “gli elaborati relativi alla prova, consegnati dai candidati in forma anonima, saranno custoditi in busta sigillata”, con ciò auto-vincolandosi al rispetto di siffatte modalità procedimentali, reputate a monte idonee ad evitare ogni possibile riconoscimento dei candidati.

Nel caso in esame, il mancato inserimento delle prove concorsuali in busta sigillata e l’inserimento delle stesse “libere” all’interno di un unico plico, laddove sono confluiti i moduli dei quiz di tutti i partecipanti alla procedura, costituisce, ad avviso del Collegio, uno scostamento, contra legem, non ragionevole e non proporzionale dal criterio dell’anonimato, con conseguente superamento della soglia di criticità rispetto al rischio di svelare l’identità dei concorrenti (T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 29/11/2019, n. 13721 [3]; Consiglio di Stato sez. VI, 05/01/2015, n. 15 [4]).

Dall’accoglimento della censura relativa all’illegittimità della graduatoria dei soggetti ammessi a sostenere la prova scritta, in quanto adottata a valle di un segmento procedimentale nel corso del quale sono state violate le regole dell’anonimato, e dalle conseguenti statuizioni annullatorie di siffatta graduatoria discende l’obbligo per la p.a. di ammettere i ricorrenti alla successiva prova concorsuale in luogo della rinnovazione dell’intera procedura viziata.

di Simonetta Fabris