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L’ambito di operatività del divieto di cumulo degli emolumenti per gli amministratori locali4 min read

La necessità di limitare i costi della rappresentanza politica per assicurarne la compatibilità con gli equilibri di bilancio porta ad escludere la cumulabilità degli emolumenti

Corte dei conti, sezione di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 145 del 11 dicembre 2018 [1] – Presidente Polito e relatore Cucuzza

A margine

Il quesitoLa richiesta di parere verte sulla possibilità che uno stesso amministratore, rivestendo contemporaneamente la carica di consigliere comunale presso un comune e di componente della giunta presso altro comune, possa cumulare i gettoni di presenza, percepiti in relazione alla carica di consigliere comunale, con l’indennità di funzione, percepita in qualità di componente della giunta.

A parere del Comune istante, l’introduzione del divieto di cui all’art. 5 comma 11 del d.l. n. 78/2010 [2], secondo cui “chi è eletto o nominato in organi appartenenti a diversi livelli di governo non può comunque ricevere più di un emolumento, comunque denominato, a sua scelta” nell’impedire la doppia percezione ai soggetti eletti in organi appartenenti a diversi livelli di governo, consentirebbe invece il cumulo nel caso di enti rientranti nel medesimo livello di governo, come ad esempio in due comuni.

La deliberazione – La Corte ricorda che il TUEL [3] prevede che i componenti degli organi esecutivi dei comuni possono percepire un’indennità di funzione (art. 82 co. 1) e che i consiglieri comunali hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni (art. 82 co. 2).

In ordine alla possibilità di cumulo dei due emolumenti, i giudici osservano che il comma 6 del medesimo articolo, che consentiva il cumulo dell’indennità di funzione e dei gettoni di presenza, quando fossero dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, risulta oggi espressamente abrogato dall’art. 2, comma 25, della legge n. 244/2007 [4].

Malgrado qualche posizione contraria della giurisprudenza amministrativa, le Sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti hanno costantemente ribadito che l’abrogazione della norma comporta che il cumulo, prima consentito, non possa più considerarsi legittimo (Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazioni n. 12/2008, n. 25/2008 e n. 166/2011 [5]; Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 11/2008; Sezione regionale di controllo per la Sardegna n. 116/2010 [6]; Sezione regionale di controllo per la Calabria n. 664/2011 [7]; Sezione regionale di controllo per il Piemonte n. 361/2013 [8]).

Questo orientamento ha trovato conferma nella deliberazione n. 4/2010/QMIG [9] della Sezione delle autonomie, secondo cui l’abrogazione del comma 6 dell’art. 82 ha comportato “la riespansione del generale principio di omnicomprensività anche per le ipotesi prima derogate, sia in un’ottica di interpretazione letterale dell’articolo 82 T.U.E.L. [3], che con riferimento ad una interpretazione sistematica della legge n. 244/2007 [4], di cui i commi da 22 a 30 dell’articolo 2 … rappresentano una delle tante misure di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica ivi contenute”.

Questa impostazione non può ritenersi superata a seguito dell’introduzione del divieto di cui all’art. 5, comma 11, del d.l. n. 78/2010 [2], in quanto:

  • un’interpretazione meramente letterale della norma, alla luce della connessione delle parole e soprattutto dell’intenzione del legislatore, non conduce alla ricostruzione proposta dall’ente istante;

  • non si rinvengono ragioni per differenziare la disciplina del cumulo dei trattamenti economici degli amministratori locali in ragione del rapporto che intercorre fra i due enti, né per riservare un trattamento di maggior favore nel caso di enti del medesimo tipo (per esempio due comuni) piuttosto che nel caso di enti di tipo diverso (per esempio comune e provincia).

In sostanza, utilizzando l’espressione di “organi appartenenti a diversi livelli di governo” il legislatore ha voluto inserire una norma di chiusura all’interno dell’art. 5 del L. n. 122/2010 [2], riferendosi indistintamente ai diversi livelli di governo anche propri di Enti diversi, mentre il termine generico di “emolumento” ricomprende qualsiasi compenso sia a titolo di indennità di funzione che di gettone di presenza” (Cfr Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Sardegna n. 116/2010 [6] e Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 166/2011/PAR [5]).

Questa interpretazione appare coerente con le numerose modifiche che si sono succedute nel tempo, con l’intento di limitare i costi della rappresentanza politica per assicurarne la compatibilità con gli equilibri di bilancio, mirando ad escludere che possano ritenersi esistenti spazi per la cumulabilità degli emolumenti.

A questo si aggiunga che:

  • non esiste un generale principio di cumulabilità dei trattamenti economici in quantoanche dal punto di vista logico-sistematico si può osservare che se l’art. 82 del Tuel [3] aveva previsto una espressa norma di ammissibilità del cumulo di cui trattasi, ciò vuol dire che tale beneficio non era ricavabile da alcun asserito principio generale insito nell’ordinamento giuridico, altrimenti sarebbe stato superfluo adottare una norma ad hoc” (Sezione regionale di controllo per la Calabria n. 664/2011 [7]).

  • l’interpretazione della giurisprudenza contabile appare lineare rispetto alla natura indennitaria e non retributiva degli emolumenti erogati ai funzionari onorari, i quali sono titolari di diritto ad un semplice rimborso spese (Cfr. Sezioni Unite, Cass. Sez. Un., 20 marzo 1985, n. 2033; Cass. Sez. Un. 10 aprile 1997, n. 3129).

In ultima analisi, va escluso che uno stesso soggetto, pur ricoprendo cariche diverse in enti diversi, possa cumulare gli emolumenti, sia nel caso in cui gli enti abbiano natura diversa, sia nel caso in cui gli enti siano del medesimo tipo.

Stefania Fabris